Skip to main content
Vangelo e riflessione

Siamo tutti amministratori | Vangelo del giorno, 21 settembre

By 17 Settembre, 2025No Comments

Vangelo secondo San Luca 16,1-13
In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne. Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra? Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Siamo tutti amministratori

Luis CASASUS Presidente delle Missionarie e dei Missionari Identes

Roma, 21 settembre 2025 | XXV Domenica del Tempo Ordinario

Amos 8, 4-7; 1Timoteo 2, 1-8; Luca 16, 1-13

Nel 1973 uscì un film eccellente intitolato Papillon, basato sull’omonimo romanzo di successo di Henri Charrière, marinaio francese prigioniero, accusato di un crimine che non aveva commesso e condannato all’ergastolo nelle colonie francesi.

È la storia degli ingegnosi, rischiosi e continui tentativi di fuga di Charrière, il cui soprannome era appunto Papillon (Farfalla, in francese) per via di un tatuaggio che si era fatto sul petto. Il protagonista conquista certamente tutti gli spettatori, non per la sua continua violazione delle regole carcerarie, ma per la sua astuzia, che trascende le regole e le rigidissime norme penali del sistema carcerario dell’epoca.

Questo può aiutarci a capire cosa intende Cristo quando racconta oggi l’episodio dell’amministratore disonesto.

Lodare l’astuzia di una persona non significa essere d’accordo con tutto ciò che ha fatto. Cristo non loda il fatto che abbia ingannato, ma piuttosto come quell’amministratore abbia usato TUTTE le risorse che aveva, la sua esperienza, le sue amicizie, la sua simpatia… Se, d’altra parte, avesse deciso di imporre più di quanto dovuto ai debitori, avrebbe guadagnato qualcosa, ma non si sarebbe assicurato il futuro. Infatti, chiede: Quando sarò rimosso dall’ufficio, chi mi accoglierà in casa sua? I pubblicani non sembravano così intelligenti e lungimiranti, perché imponevano più di quanto dovuto e si guadagnavano l’odio e l’inimicizia di tutti.

L’uomo che aveva assunto quell’amministratore finì per lodarlo (ma Gesù non dice che gli rinnovò il contratto…), il che la dice lunga sulla sensibilità e l’intelligenza di quell’uomo ricco.

In realtà, l’astuzia dell’amministratore non si limita a trovare una fonte di denaro, ma a ricercare altri beni più duraturi, come una casa in cui essere accolto. Questo gli richiede di rinunciare ai benefici immediati, a ciò che potrebbe guadagnare nelle ultime settimane del suo lavoro. Quindi, paradossalmente, questo amministratore è anche un esempio di rinnegamento. La conclusione del Maestro è chiara: sebbene il denaro possa renderci suoi schiavi, può anche servire a ottenere il bene più grande, una “dimora eterna”.

Questo insegnamento è veramente profondo e va oltre l’essere un’istruzione su come gestire il denaro. Infatti, non si limita a raccomandarci di “evitare il male” o di essere pazienti con le avversità, ma di chiedere la grazia di trasformare quella che è una nostra debolezza o una difficoltà esterna in un’opportunità per fare del bene e dare gloria a Dio.

—ooOoo—

Naturalmente, non dobbiamo limitarci a pensare di dover usare l’astuzia che Dio ci dona, in misura maggiore o minore. Ancora una volta, dobbiamo ricordare ciò che Gesù disse ai discepoli:

Come il  tralcio non può dar frutto da sé stesso se non rimane attaccato alla vite, così neanche voi potete dar frutto se non rimanete in me (Gv 15, 4).

Consideriamo un affascinante esempio tratto dall’Antico Testamento che combina astuzia umana e grazia divina. È la storia di Ester, raccontata nel libro che porta il suo nome.

Ester, una giovane ebrea, vive in esilio in Persia e viene scelta come regina senza che il re conosca le sue origini. Un alto funzionario di nome Haman trama un genocidio contro il popolo ebraico, spingendo il re a firmare un decreto per sterminarlo.

Ester, guidata dal cugino Mardocheo, decide di agire con estrema astuzia e prudenza. Invece di uno scontro diretto, organizza due banchetti per il re e Aman, ottenendo il loro favore e creando l’ambiente perfetto per rivelare la verità. Al secondo banchetto, Ester rivela la sua identità ebraica e smaschera il complotto di Aman, portando alla sua caduta.

Sebbene il ruolo di Dio non sia esplicitamente menzionato nel racconto, la sua provvidenza è evidente: una notte il re non riesce a dormire e consulta gli archivi, scoprendo che Mardocheo gli aveva salvato la vita. Questo porta Mardocheo a essere onorato, poco prima che Aman tenti di distruggerlo. Il decreto di sterminio viene annullato e gli ebrei vengono salvati. In questo modo, Ester non solo salva il suo popolo, ma diventa anche un simbolo di coraggio, saggezza e fede.

La sua storia viene celebrata ogni anno durante la festività ebraica di Purim, per ricordare come Dio possa operare attraverso persone astute e coraggiose.

Pertanto, sarebbe molto sbagliato considerare le Letture di oggi come una semplice critica sociale ai ricchi. Certo, la maggior parte delle persone che raggiungono un elevato livello economico, o una posizione politica di grande potere, diventano sempre più ambiziose e meno sensibili al dolore di coloro che sono molto svantaggiati. Purtroppo è sempre stato così, ma oggi il Vangelo sfida tutti noi. Oggi dobbiamo riconoscere che SIAMO TUTTI AMMINISTRATORI, che a tutti noi è stata affidata una parte del regno, alcune anime che a volte non ci siamo nemmeno presi la briga di scoprire.

Riflettendo sui tragici eventi della Seconda Guerra Mondiale, la filosofa Hannah Arendt coniò il termine “la banalità del male”, riferendosi a come persone comuni possano commettere atti atroci, semplicemente non riflettendo sulle proprie azioni o sulla propria capacità di fare il bene. Non fare il male non basta. Ignorare il bene che si può fare – per convenienza, paura o indifferenza – ha anche conseguenze disastrose per chi lo fa e per il prossimo. Concluse che il male non deriva sempre da una malvagità radicale o da cattive intenzioni, ma può nascere da una mancanza di riflessione, dall’indifferenza o da un’obbedienza cieca.

Forse è per questo che Martin Luther King Jr. affermò che la tragedia più grande non è la malvagità dei cattivi, ma il silenzio dei buoni. Così, questa stessa impressione porta San Paolo a insistere con i cristiani di Roma: se viviamo, viviamo per il Signore; e se moriamo, moriamo per il Signore. Dunque, sia che viviamo sia che moriamo, apparteniamo al Signore. Perciò ciascuno di noi renderà conto di sé stesso a Dio (Rm 14, 8.12).

In realtà, tutto inizia con la domanda dell’amministratore infedele: cosa posso fare ora? Non è che sia stato solo intraprendente, ma anche riflessivo, considerando tutte le opzioni, tutte le possibilità di usare i mezzi a sua disposizione per un fine utile.

Riconoscere i propri limiti senza pessimismo o dissimulazione non è solo un segno di maturità emotiva, ma un atteggiamento che ci dispone a vivere un vero Raccoglimento, una vita ascetica incentrata sulla separazione dei pesci buoni dai cattivi, da ciò che è inutile, come descrive Cristo nella parabola della rete. Lungi dall’essere un compito semplice, è uno dei primi sforzi che dobbiamo compiere nell’orazione ascetica, per rendere possibile il dialogo con le Persone Divine.

San Paolo è un modello e un esempio profondamente spirituale di qualcuno che riconosce chiaramente sia i propri limiti che i talenti e le grazie che ha ricevuto. Lo fa senza cadere in falsa modestia o arroganza.

Nella Seconda Lettera ai Corinzi (12,7-10), Paolo parla di una “spina nella carne” che gli fu data per impedirgli di insuperbirsi. Sebbene avesse chiesto di esserne liberato, ricordiamo tutti la risposta di Dio: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza“. Paolo non nasconde la sua debolezza, ma piuttosto la trasforma in un luogo d’incontro con Dio. Riconosce di non poter gestire tutto, ma questo non lo invalida.

D’altra parte, in 1Corinzi (15,10), riconosce: “È per grazia di Dio che sono quello che sono“. Pertanto, non si attribuisce meriti personali, ma non si disprezza nemmeno. Riconosce di aver ricevuto doni, una missione, forza… e che tutto questo viene da Dio. Non si minimizza, ma si pone nella gratitudine.

L’esempio più sublime di questa maturità, di chi sa guardare insieme la propria piccolezza e la grazia ricevuta, è Maria, che nel Magnificat dichiara: Ha guardato l’umiltà della sua serva… d’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.

Anche nella vita professionale o accademica, ci sono esempi ammirevoli di riconoscimento dei propri limiti senza cadere nel pessimismo o nella dissimulazione, come nel caso di Marie Curie (1867-1934), la celebre scienziata pioniera nello studio della radioattività. Nonostante i suoi straordinari risultati, Curie non pretese mai di sapere tutto, né di minimizzare i rischi del suo lavoro. Quando iniziò a notare gli effetti nocivi delle radiazioni sulla sua salute, non li ignorò, né li nascose. Riconobbe che esistevano limiti alla conoscenza scientifica del suo tempo e alla protezione disponibile, ma invece di arrendersi o drammatizzare, continuò la sua ricerca con la prudenza e il rigore che le erano possibili.

In effetti, per molti di noi, il profondo interesse e il notevole impegno nello svolgere i compiti che il mondo ci impone (come per tutti) CONTRASTANO con una superficiale attenzione ai suggerimenti dello Spirito. Tuttavia, il Vangelo rivela l’onestà di molte persone, che senza dubbio avevano i loro difetti, ma si chiedono sinceramente come utilizzare tutte le loro risorse, anche se pensano che siano poche.

Così, la gente si rivolge a Giovanni Battista chiedendo: Cosa dobbiamo fare? Coloro che ascoltano il discorso di Pietro a Pentecoste si chiedono: Fratelli, cosa dobbiamo fare? È la domanda di chiunque sia consapevole di trovarsi di fronte a una scelta decisiva nella propria vita. L’amministratore disonesto sa di avere poco tempo a disposizione e comincia a riflettere: Non so zappare, mi vergogno di mendicare…

Quando Gesù raccomanda oggi: “Fatevi amici con il denaro ingiusto“, non ci sta semplicemente invitando ad avere un rapporto buono e armonioso con le persone, ma a imitare il suo concetto di amicizia. Con un amico, condividiamo il nostro io più profondo, non solo le nostre opinioni o preferenze, ma ciò che riceviamo dalle Persone Divine. Per questo poté dire ai suoi discepoli: “Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi” (Gv15, 15).

Che questa storia dell’amministratore infedele ci spinga a riconoscere e a vivere con gratitudine ciò che siamo veramente: fragili vasi di creta a cui è stata affidata la protezione di un tesoro, destinato a raggiungere il nostro prossimo.

______________________________

Nei Sacri Cuori di Gesù, Maria e Giuseppe,

Luis CASASUS

Presidente