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Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, e saranno saziati

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Che cosa ha a che fare l’avere fame e sete con i beati? Come si può essere beati e felici, avendo fame e sete? Due necessità primarie per la sopravvivenza umana. Sembra non avere senso. Come essere umani, abbiamo bisogno di tante cose, ma prima di tutto, di mangiare e di bere, ma anche di vivere nel mondo della grazia, di scrutare ogni volta di più l’ampiezza, la grandezza, la magnanimità, la misericordia del regno del nostro Padre celeste.

Normalmente al termine giustizia diamo un’accezione un po’ egoistica, quasi infantile. Quante volte diciamo: questo non è giusto, solo per il fatto che le cose non sono andate secondo le nostre aspettative. Quanti umanisti, giuristi, hanno cercato di rispondere al quesito che cosa sia la giustizia, ma in fondo nessuno ha mai dato una risposta soddisfacente. L’essere umano, resta con una fame e una sete insopprimibile di giustizia, perché il mondo nel quale viviamo non ci soddisfa, non placa un anelito profondissimo e recondito nel nostro cuore.

Andiamo alla ricerca di tante cose, cerchiamo soddisfazione nel mondo, cercando di ricevere consenso dagli altri, successo, soldi, gratificazioni di ogni genere. Ma nulla, risponde a quella chiamata intima di chi sono io, che cosa faccio nel mondo, perché sono venuto al mondo, sento di non avere veramente tutto ciò che desidero; forse appartengo a quella categoria di persone che hanno avuto tutto o molto di più di altri essere umani, ho tante cose, eppure ancora sento fame e sete di qualche cosa d’altro, intimamente nel mio cuore.

Ebbene, Papa Benedetto XVI, riguardo a questa Beatitudine della fame e sete di giustizia dice: «si tratta di persone che scrutano attorno a sé alla ricerca di ciò che è grande, della vera giustizia, del vero bene […] che non si accontentano della realtà esistente e non soffocano l’inquietudine del cuore, quell’inquietudine che rimanda l’uomo a qualcosa di più grande e lo spinge a intraprendere un cammino interiore […] sono persone dotate di una sensibilità interiore, che le rende capaci di udire e vedere i deboli segnali che Dio manda nel mondo e che in questo modo rompono la dittatura della consuetudine» (Gesù di Nazaret, pp. 115-116).

La missione di Cristo, è non perdere noi, di donarci la risurrezione e di riportarci al quel regno al quale siamo stati predestinati. Cristo ci dice: se credi in me, seguimi, abbi fede, io ti riporterò a casa, nella casa del Padre. Noi, figli del Padre, dobbiamo tornare alla casa del Padre. Cristo ce lo ricorda. Ecco perché sentiamo un continuo e insopprimibile richiamo a tornare da lui. Sentiamo un richiamo mistico a vivere come autentici figli del Padre e allo stesso tempo cresce in noi, il desiderio, la chiarezza che siamo stati, come diceva S. Agostino, fatti per Dio.

Se ci lasceremo nutrire da Lui, se ci identificheremo con lui, saremo capaci di essere veramente obbedienti al Padre, e saremo in grado di conoscere la sua divina volontà nella nostra vita di ogni giorno.