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Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia

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Dopo la pausa estiva ricominciano i Motus Christi online. Il percorso di approfondimento spirituale incentrato sulle beatitudini, che vede giovani e adulti radunarsi in nome di Cristo, per scoprire insieme sfumature sempre nuove che il Vangelo regala, condividendo le proprie esperienze ma soprattutto imparando a relazionarsi con gli altri e con Padre celeste.

Questa volta si è parlato de: Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia, di seguito alcune delle riflessioni di padre Jesus Fernandez.

“Dobbiamo amare il nostro prossimo non quando lo merita, ma per il fatto che è il nostro prossimo, chiunque sia, anche se è un nemico. La giustizia esige che il trasgressore si penta; ma la misericordia, che è l’essenza di un cuore libero e felice, esige che il trasgressore sia sinceramente perdonato, anche se non mostra alcun pentimento per la colpa. Cristo non tollera che venga posto un limite per perdonare il trasgressore. Ogni miseria morale, qualunque essa sia, richiede la misericordia del cristiano, se vuole essere figlio del Padre Celeste, perché è così che ci ha creati: perfetti nella misericordia.

Alcuni dicono che la misericordia annulla praticamente la distinzione tra il bene e il male. Non è vero: quanti volontari aiutano, in carcere, persone che hanno rubato, maltrattato, violentato e persino commesso un omicidio! Queste persone sono rifiutate dalla società, ma ci sono religiosi e volontari che dedicano parte del loro tempo ad aiutarli, con generosità, per riparare i danni fatti. Non è affatto debole o vigliacco il generoso che tende la mano a chi lo ha insultato o gli ha fatto un male quasi irreparabile: è invece un gesto che lo onora, che lo rende coraggioso. La misericordia è un atto di un uomo coraggioso e richiede grande forza di volontà ma, soprattutto, molta generosità e rinuncia a se stesso.

Il perdono non è, quindi, un atto di debolezza, ma è un atto di fortezza. Questa forza non è durezza; è mitezza, umiltà, fermezza, restauro, edificazione, resurrezione.

Sì, la misericordia è in grado di far risorgere uno che era morto per il suo egoismo.

Quando offendiamo qualcuno, in genere, sentiamo il desiderio di chiedere perdono. Sicuramente quando offendiamo una persona cara passiamo un brutto momento; forse non siamo stati padroni di noi stessi; forse abbiamo agito sotto presi dalla rabbia, dall’orgoglio o dall’egoismo. Abbiamo bisogno di perdono, ed è per questo che dobbiamo anche perdonare.

Nonostante il nostro senso di colpa, abbiamo il desiderio di avere un po’ di pietà per noi stessi, di avere pietà per gli altri: chi non ha pietà per gli altri non ha pietà neanche per se stesso.  A volte possiamo dire: “Io perdono, ma non dimentico”. Questa è una contraffazione del perdono. Una cosa è non voler dimenticare e un’altra cercare di dimenticare, anche se è molto difficile. Ci sono offese difficili da dimenticare; ma con la preghiera e l’offerta, la sofferenza procurata dall’offesa sarà gradualmente rimossa. Può durare un giorno, un mese o anche anni. Alla fine, con la preghiera, si può uscire da quel tipo di prigione che ci ha creato il risentimento, generato dall’offesa.

Possiamo chiuderci in una freddezza calcolata e saremo invasi dalla sfiducia, dall’amarezza e dalla tristezza, soffocando la bontà che, più o meno nascosta, sta in tutti noi. Dimentichiamo e dimenticheremo, solo se perdoniamo davvero.

Una volta che staremo totalmente al cospetto del Padre, arrossiremo per i nostri piccoli o grandi rancori, al contemplare la misericordia che le Persone divine hanno avuto con noi. Sono già troppe le difficoltà e i problemi che la vita riserva, perché io debba stare ad aggiungere altri inutili dispiaceri, quando non sono in grado di avere pietà. Chi non perdona non saprà mai cos’è la vera libertà. Il risentimento rende schiavi. È forse una delle peggiori forme di schiavitù.”