p. Luis CASASUS | Presidente missionarie e missionari identes
Roma, 16 aprile 2023 | Seconda Domenica di Pasqua
Atti 2, 42 - 47; 1Pt 1, 3-9; Gv 20, 19 - 31.
In più di un’occasione, quando ritornavo alla nostra residenza del Bronx, a New York, qualche mendicante o vagabondo, spesso anche drogato, mi si avvicinava per chiedermi una moneta. Se non c’erano altre persone vicino, gli davo 50 centesimi, ma cercavo di invitarlo a pregare insieme a me un Padre nostro, chiedendo a Dio per i missionari. A parte il loro stupore iniziale, quello era ciò di cui realmente mi ringraziavano, con un sorriso di complicità.
Piccoli aneddoti come il precedente mi portano spesso a pensare che la misericordia più profonda, quella che Dio Padre ha con noi e che anche noi possiamo vivere, si caratterizza nel rimanere al fianco della persona.
In questo giorno che San Giovanni Paolo II chiamò Domenica della Misericordia, Gesù “si fermò in mezzo ai suoi discepoli” ed una settimana dopo ripeté la stessa azione quando Tommaso era tra loro. Questo ci porta a considerare le diverse forme della presenza di Cristo. È certo che non possiamo vedere le piaghe di Cristo come San Tommaso, né possiamo sederci a vederlo dividere il pane con noi come i discepoli di Emmaus, ma dobbiamo essere coscienti di COME sta con noi, perché le parole che abbiamo citato del Vangelo non sembrano essere solo una “frase fatta” per incoraggiarci…
Forse possiamo riassumere la presenza di Cristo in quello che San Giovanni Paolo II volle trasmettere alla Chiesa con questa Domenica della Misericordia: se ho ricevuto la misericordia di Dio, che ha mantenuto la fiamma della mia fede, nonostante la mia mancanza di fedeltà, allora devo vivere la stessa misericordia col mio prossimo.
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Alcuni santi, non tutti, hanno raccontato le loro esperienze di questa compagnia di Cristo. Per esempio, col suo stile originale e diretto, Santa Teresa d’Avila (Spagna, 1515-1582) consigliava: Tratta con lui come con un padre e come con un fratello e come con un signore e come con un marito (Camino de perfeccion, 1566).
La verità è che Cristo ha promesso di restare con noi: Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo (Mt 28, 20). E’ anche vero che non sempre lo riconosciamo quando si avvicina a noi, come successe ai primi discepoli quando erano nella barca dopo mezzanotte e Lui si avvicinò al di sopra delle onde. Di fatto, Cristo cominciò la sua vita in questo mondo essendo respinto in una locanda da coloro che neppure immaginavano ci hi potesse essere.
È risaputo che San Giovanni Battista invece riconobbe Cristo tra tutti gli altri, e lo indicò affinché i suoi discepoli potessero riconoscerlo. Di fatto, è tutto un modo di comprendere la nostra missione come aspiranti ad apostoli. Benché ci siano innumerevoli discussioni sull’esistenza di Dio, segnalare la presenza e l’azione di Gesù tra noi è una testimonianza difficile da rifiutare.
Si racconta la storia di un ricco editore di giornali. Non solo costruì una grande impresa, ma investì anche una fortuna in grandi opere d’arte. Un giorno lesse un articolo su alcune preziose opere d’arte e decise di aggiungerle alla sua collezione, per cui inviò il suo agente all’estero per trovarle e comprarle. Passarono mesi fino a che l’agente ritornò e l’informò che aveva finalmente trovato i pezzi… erano conservate nel suo magazzino. L’uomo ricco le aveva già comprate anni prima.
Questo è forse proprio quello che ci succede a noi cristiani. Abbiamo tutte queste meravigliose risorse in Cristo e neppure lo sappiamo. Andiamo da una parte all’altra cercando risposte, quando abbiamo tutto quello che ci serve nella presenza personale ed inabitante di Gesù Cristo.
La presenza di Cristo si manifesta specialmente attraverso l’azione dello Spirito Santo, che Gesù promise di inviare e lo fa in modo permanente: «Il Padre mio opera sempre e anch’io opero». (Gv 5, 17). La migliore prova che non approfittiamo pienamente di quella presenza sono le continue distrazioni dei nostri pensieri, dei nostri desideri e motivazioni, assorbiti dalle cose del mondo.
Nella vita spirituale, questa prima forma di presenza di Cristo, nella nostra mente e nella nostra volontà, inclinandole delicatamente, senza forzarci mai, si chiama Raccoglimento e Quiete Mistici. Non dimentichiamo che una caratteristica essenziale di questa presenza è la sua tenerezza, il suo carattere di invito, mai di obbligo, il che la rende vulnerabile alla nostra mancanza di sensibilità.
Come disse Cristo, siamo nel mondo, ma non apparteniamo al mondo. Su quella linea, il nostro Padre e Fondatore ci incoraggiò a guardare la terra dal cielo, che è un modo poetico e preciso di dire che tutto ha la capacità di unirci a Dio, di farci camminare con Cristo, specialmente la presenza del prossimo. Così lo sperimentiamo, perché lo Spirito Santo mette nel nostro cuore la migliore intenzione possibile per la quale sta al nostro fianco; la difficoltà è che quella migliore intenzione, quel desiderio autenticamente divino per il momento presente, rimane letteralmente eclissato, coperto da una nuvola di urgenze, necessità, desideri ed obblighi (per non parlare di passioni) e non otteniamo, come dice il Salmo 116, di camminare alla presenza del Signore.
Uno degli esempi più conosciuti dell’importanza di vivere “alla presenza di qualcuno” è quello del neurologo e psichiatra austriaco Viktor Frankl che descrisse come molte persone riescono a sopravvivere alle situazioni più tragiche e dolorose, conservando nel loro cuore e nella loro memoria la presenza di esseri amati, anche se sono lontani. Quello, spiegava, era ciò che dava senso alle loro vite.
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Alcuni giorni fa, lessi sulla stampa il lamento di una donna la cui famiglia era stata decimata e la cui casa e tutte le sue proprietà erano state distrutte da un terremoto. Si domandava a voce alta: Dov’è Gesù Cristo quando succedono queste cose? Ma la sua voce non era un lamento, bensì una chiamata, per sentire la consolazione della presenza di Gesù che aveva già sperimentato in altre occasioni.
In qualsiasi caso, parlando della presenza di Cristo, la nostra tendenza è considerarlo come qualcuno che “dovrebbe starci vicino” per aiutarci, istruirci, consolarci. Tuttavia, questo è qualcosa che dicono di Dio anche altre religioni. Una novità essenziale è che Cristo ci ricorda la Sua presenza nel nostro prossimo affinché comprendiamo il valore di qualunque atto di misericordia: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40).
Questo spiega il valore delle piccole e modeste azioni che realizziamo a favore degli altri. Spiega anche il valore degli atti di generosità che non saranno mai ringraziati, forse neppure percepiti dagli altri, come i sacrifici silenziosi di una madre per suo figlio o le lacrime versate in solitudine… affinché nessuno soffra.
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Gesù disse: Dove due o tre si riuniscono nel mio nome, io sono con voi. Per questo motivo, durante la Messa, il sacerdote o il diacono saluta l’assemblea quattro volte con le seguenti parole: Il Signore sia con voi, all’inizio, giusto dopo il Segno della Croce, quando ci alziamo per ascoltare il Vangelo, nel dialogo introduttivo alla preghiera eucaristica ed alla fine, prima della benedizione.
Senza dubbio, la presenza di Cristo è diversa e molto specifica quando siamo riuniti nel suo nome. Per questo, la Chiesa esorta tutti noi ad essere vigilanti affinché questo sacramento d’amore sia il centro della vita del Popolo di Dio (Redemptor hominis, Giovanni Paolo II). Tuttavia, è importante essere attenti ai segni di quella presenza.
In realtà, i segni dei quali parliamo ora sono DATI DA NOI, cosicché l’importante è che siamo coerenti con essi e che non siano vuoti, bensì una risposta autentica al modo privilegiato della presenza divina nell’Eucaristia.
* In primo luogo, si tratta di una comunità, spesso eterogenea, a volte formata da persone che non si conoscono tra loro e che, tuttavia, manifestano visibilmente, con la loro sola presenza, la loro debolezza e la loro necessità di avvicinarsi a Cristo.
* In secondo luogo, ascoltando la Parola e ricevendo il Corpo di Cristo, confessiamo la nostra obbedienza al desiderio di Cristo di rinnovare il mistero del suo sacrificio. Ci uniamo a Lui nella profondità dei suoi desideri, del suo essere.
* Infine, alla fine della celebrazione, tutti siamo inviati a proclamare la Buona Notizia con parole e opere, in una vera pace.
La Provvidenza approfitta della nostra natura sociale e comunitaria per trasformarci e consolarci quando siamo riuniti, come illustra questa conosciuta storia di un giovane che un giorno domandò ad un sacerdote perché doveva disturbarsi a venire in chiesa. Dopotutto, egli credeva in Dio. Perché doveva rinunciare alle sue mattine domenicali? Erano seduti vicino ad un falò. Il sacerdote non rispose, ma si limitò a tirare fuori una brace dal fuoco con le tenaglie e a metterla nel camino. I due uomini si sedettero ed osservarono come si raffreddava; quindi il sacerdote tornò a mettere la brace sul fuoco, dove si riscaldò, prima di tirarla fuori per la seconda volta affinché si raffreddasse. Non servivano parole, ma il giovane capì quello che voleva dire. Non è una questione di efficacia, né della banale verità che “l’unione fa la forza”. Senza il sostegno di altre persone, la nostra fede potrebbe svanire, raffreddarsi e ridursi a zero.
Per questo motivo dobbiamo incoraggiare tutti a non camminare mai soli. La ragione va oltre l’importanza di avere direzione spirituale, oltre la consolazione mutua, oltre una maggiore efficacia. Dio, con la voce del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, si fa presente in un modo diverso quando ci uniamo, anche se goffamente, nel suo nome.
Nei Sacri Cuori di Gesù, Maria e Giuseppe,
Luis Casasús