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Vangelo e riflessione

Il sorriso di Dio Padre | 29 gennaio

By 25 Gennaio, 2023No Comments
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Luis CASASUS | Presidente missionarie e missionari identes

Roma, 29 gennaio 2023 | IV Domenica Tempo Ordinario

Sof 2, 3; 3, 12-13; 1Cor 1, 26-31; Matteo 5, 1-12.

1. A cosa mirano le Beatitudini? Normalmente un rabbino restava in piedi per la lettura delle Scritture, ma si sedeva nel momento in cui andava ad esporre il suo insegnamento chiave. Gesù si sedette, ed i discepoli si avvicinarono per ascoltare.

È chiaro che Cristo voleva dire qualcosa di particolarmente importante. Ci offre una sorprendente lista di quelle che chiamiamo Beatitudini e che possono sembrare abbastanza differenti tra loro.  C’è qualche tratto che le caratterizza tutte?  

Probabilmente si, perché Gesù voleva trasmettere un messaggio essenziale sul Regno dei Cieli e lo fece in quel modo tanto insistente, chiaro e conciso, perché desiderava fervidamente che le persone capissero qualcosa che sembrava contraddittorio, e cioè, che le persone che sono considerate sfortunate sono in condizioni di ricevere una benedizione unica, inaspettata.

Forse un modo di caratterizzare TUTTE le Beatitudini è questo: Metti il centro della tua vita in un’altra persona. Questo serve nel contesto delle nostre relazioni col prossimo e con Dio.

* Chi si riconosce povero di spirito, già non dipende più solo da sé stesso.

* Chi vive la mitezza, è convinto che aggredire gli altri sia una disgrazia.

* Chi piange, sa apprezzare meglio il dolore degli altri.

* Chi ha sete di giustizia riconosce che gli manca molto per fare tutto il bene possibile.

* Chi è misericordioso vive dedicato agli altri e non si preoccupa tanto delle proprie disgrazie.

* Chi è limpido di cuore, non desidera utilizzare gli altri per il proprio profitto.

* Chi è pacificatore, vive per donare la vera pace agli altri, benché egli ne abbia bisogno più degli altri.

* Chi sa che è perseguitato per essere giusto, comprende la debolezza, l’invidia e la paura di coloro che lo perseguitano e rinuncia ad attaccare gli altri.

Non credo che sia per caso, ma anche le sei “Beatitudini moderne” che Papa Francesco propose nel 2016, hanno quella caratteristica di proiettarci al di fuori di noi stessi. Suppongono una forma pratica ed evangelica di uscire da me stesso e di osservare gli altri:

  1. Beati quelli che rimangono fedeli mentre sopportano i mali che altri infliggono loro e li perdonano di cuore.
  2. Beati quelli che guardano gli occhi degli abbandonati ed emarginati e mostrano loro una vicinanza.
  3. Beati quelli che vedono Dio in ogni persona e si sforzano per fare in modo che anche gli altri lo scoprano.
  4. Beati quelli che proteggono e curano la nostra casa comune.
  5. Beati quelli che rinunciano alla loro comodità per aiutare gli altri.
  6. Beati quelli che pregano e lavorano per la piena comunione tra i cristiani.

Non sarà mai troppo insistere sulla necessità di approfondire come uscire da noi stessi, come vivere un’estasi sempre più pura, un anelito che tanti artisti hanno espresso in mille modi. Ricordo un recente romanzo dell’autore mozambicano Mia Couto, dove dice: C’è  un solo modo di fuggire da un luogo: uscire da noi stessi. C’è un solo modo di uscire da noi stessi: è amare qualcuno. 

Continuamente la nostra anima cerca di imporsi e dominare la nostra condotta, soprattutto attraverso i molteplici attaccamenti e il potente ed ubiquo istinto di felicità. Questo spiega perché Gesù ha fatto tanti esempi, attraverso le Beatitudini, per spingerci a non reagire istintivamente davanti al dolore e alla contrarietà.

Oltre l’etimologia, che cosa significa che possiamo essere “beati”? Generalmente si dice che è trovare una felicità spirituale in questa vita, senza attendere la nostra uscita da questo mondo. Ma, in realtà, se facciamo attenzione all’esperienza di Cristo e alla nostra personale, per modesta che sia, essere beato suppone, soprattutto, sapere che Dio è soddisfatto con quello che gli offro, con l’offerta dei miei sforzi, dolori e allegrie.

C’è una felicità più grande quando posso sentire il sorriso di Dio Padre? E questa non è un’espressione pia o romantica, bensì l’impressione di pace, di conferma che tutto quello che faccio, dico o desidero è e sarà felicemente utilizzato dalla Provvidenza.

Così parlava del sorriso di Dio un famoso pastore protestante:

Ci sono disgrazie terrene, sotto le quali i cuori rimangono caldi e teneri, come le radici dei fiori sotto le nevi dell’inverno, pronte per fiorire gloriosamente quando arriverà l’allegra primavera. Ci sono anche beatitudini mondane sotto le quali la vita spirituale appassisce e muore. L’avversità, a volte, è la più ricca delle benedizioni. Ma la perdita del sorriso di Dio è sempre la più dolorosa delle calamità.

Quelli di noi che ci avviciniamo a Cristo, sinceramente, a volte, solo per trovare una pace o un equilibrio, o una pienezza personale, dobbiamo ricordare il suo PRIMO messaggio sul Monte delle Beatitudini che, tradotto con parole semplici, sicuramente semplificando troppo, è: Ti do ora questa pace in mezzo alle tue sofferenze, ti assicuro che mio Padre ti ama come me e te lo dimostrerò dandoti anime da custodire. 

— ooOoo—

2. Il libro di Sofonia, in uno stile proprio dell’Antico Testamento, ha espressioni minacciose e violente. Yahveh parla di castigo per l’infedeltà degli individui e dei popoli. Tutti i mali che succedono alle genti, la malattia, la sconfitta nelle guerre, la fame… sono conseguenze delle loro cattive azioni. Anche così, però, annuncia già la misericordia e l’allegria di Dio nel contemplare la conversione del suo popolo: Esulterà di gioia per te, vedendoti… si rallegrerà per te con grida di gioia come nei giorni di festa (Sof 3,17-18).

Cristo viene a darci una visione più precisa e concreta delle conseguenze del non vivere la virtù, come leggiamo nel Vangelo di San Luca (6, 24-26), quando ci parla delle Beatitudini. Lì vediamo le conseguenze nella vita di coloro che si sentono già soddisfatti (non necessariamente con cose perverse), coloro che esigono in ogni istante della loro vita la felicità immediata e completa e coloro che si accontentano (senza avere fame) del bene che possiedono o che fanno.

Ogni annuncio del giudizio va inteso come un’avvertimento e come un invito al pentimento. Il tema, spesso non scritto, che sottostà a quasi tutte le profezie di giudizio è questo: Questo è quello che succederà loro se non si pentono. Qui il profeta supplica la nazione che si penta prima che sia troppo tardi.

Sofonia ci parla di una Gerusalemme perdonata e ricostruita, ma ricordiamo che Gerusalemme non rappresenta solo il popolo cristiano, bensì ognuno di noi.

Il profeta chiede uno spirito di urgenza nel pentimento. Ogni giorno passa come la paglia, e non c’è niente da mostrare per quel giorno se trascuriamo quello che è più importante: fare bene le cose e rimanere giusti davanti a Dio.

Com’è facile lasciare che i giorni passino come la paglia, e non regolare mai i conti con Dio! Spesso la bugia più potente del diavolo non è che non ci sia Dio, né la Bibbia, né la verità; spesso la sua bugia più potente è che… non c’è fretta. Tuttavia, oggi è il giorno della salvezza. 

Benché agli occhi del mondo possa suonare illusorio o presuntuoso, siamo chiamati a salvare i sapienti e gli ignoranti, i forti e i deboli. E sappiamo che l’unica salvezza è avvicinarsi a Cristo, ad un Cristo che DOVREBBE essere visibile nella tua vita e nella mia.

Nella Seconda Lettura, San Paolo ricorda ai Corinzi che sono stati scelti tra gli ultimi, tra coloro che il mondo disprezza… per confondere i sapienti e i forti (v 27). La nostra povera vita è scelta per dare un segno potente a coloro che non hanno conosciuto Dio, a quelle persone, buone o cattive, che confidano nel sapere e nella forza del mondo, coi suoi aspetti positivi e negativi.

Ti hanno chiamato, allora rifletti! Non dobbiamo credere che Dio ci ha dato un carisma ed una missione apostolica per intrattenerci o perché rimaniamo chiusi in noi stessi, senza guardare al mondo e fare quello che Egli vuole. Dobbiamo confondere i sapienti!

Dio ci ha scelti per confondere i sapienti. Andiamo nel mondo disarmati, cioè, senza armi umane.

Vorranno vedere la nostra fortezza fisica e morale? Mostreremo la nostra debolezza fisica e morale.

La nostra debolezza morale si dimostra nel pentirci e si nasconde quando non chiediamo mai perdono, né confessiamo le nostre mancanze. Si nasconde quando troviamo sempre scuse, come colui che non è puntuale e dice che il suo problema è “non saper misurare il tempo“. Come la persona che non sa dire “grazie” quando riceve un piccolo favore, un minuscolo servizio, per esempio se qualcuno riempie il suo bicchiere d’acqua.

Il mostrarci vulnerabili riconoscendo le nostre mancanze, soprattutto nel caso di coloro che sono superiori, di noi che dobbiamo guidare gli altri, è un arma spirituale molto potente, perché mostra la presenza di Dio nella nostra piccola e limitata vita.

Mettiamo insieme l’insegnamento di Sofonia e quello di San Paolo: oggi è il giorno della salvezza, oggi è il giorno in cui il nostro modo di vivere come poveri di spirito, miti e misericordiosi, deve essere una luce per tutti, anche e soprattutto per i sapienti ed i forti.

E tutto ciò, senza vantarci di nulla.

Nei Sacri Cuori di Gesù, Maria e Giuseppe,

Luis Casasús

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