Vangelo secondo San Marco 9,2-10:
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
Mancanza di attenzione e sonnolenza
Luis CASASUS Presidente delle Missionarie e dei Missionari Identes
Roma, 25 febbraio 2024 | I I Domenica di Quaresima
Genesi 22, 1-2.9-13.15-18; Romani 8, 31b-34; Marco 9, 2-10
La Trasfigurazione di Cristo. Una esperienza unica? Senza dubbio; ma non lasciamo che questo momento tanto spettacolare ci faccia pensare che niente di simile può avvenire nella nostra vita.
Non è la cosa più vistosa in questa storia, ma i tre discepoli erano oppressi dal sonno ( Lc 9, 32) quando Cristo li invita a pregare sul monte. Sicuramente, molti di noi si identificano coi tre apostoli, scelti da Gesù per accompagnarlo in quei momenti di intimità col Padre. Non si tratta semplicemente di stanchezza e mancanza di sonno. In casi come questo, il dormire ha un significato non solo fisiologico: la nostra attenzione si rivolge ad altri temi. Può sembrare sorprendente e contraddittorio che dopo avere fatto lo sforzo di salire su una montagna (per molte culture il luogo d’incontro con gli dei)… i discepoli si rifugiano dentro loro stessi. Questo è il significato del loro sonno.
Sappiamo già che prestare attenzione a qualcuno o qualcosa esige il mettere da parte altre cose. Solo quando sono convinto che qualcosa o qualcuno è prioritario, indispensabile nella mia vita, allora non lascio dormire la mia attenzione. Forse i tre discepoli non consideravano molto importante quell’ascensione al monte, perché erano ancora sotto l’impressione dell’annuncio che Cristo aveva fatto loro parlando della sua Passione e Morte. Non si erano ancora resi conto del tutto che la scena era simile a quella successa a Mosè (Es 24, 1) che salì sul Monte Sinai con tre persone molto speciali, Aronne, Nadab ed Abiu, per ascoltare Yahveh.
Tu ed io siamo in una situazione simile, perché i molti lavori, le difficoltà esterne ed interne ed i desideri personali corrodono continuamente l’attenzione verso ciò che è veramente importante.
C’è una grande differenza tra l’attenzione che prestiamo “alle cose”, (oggetti, idee, piani), – per gradevoli o dolorosi che siano – e l’attenzione che possiamo prestare alle persone. Ad una donna, veramente e perfettamente femminile, può piacere un foulard colorato che le hanno regalato e che le sta veramente bene. Farà attenzione ai colori e al modo di indossarlo. Ma non lo guarderà nello stesso modo con cui guarda suo figlio, per il quale avrà mille occhi, prestando attenzione al suo corpo, alle sue emozioni, alle sue parole, al suo ambiente…
Permettetemi di raccontarvi un aneddoto vero che termina con un consiglio simile a quello che Dio Padre dà oggi nel testo evangelico.
Un gruppo di pellegrini andò a Gerusalemme per visitare i luoghi storici. Tre pellegrini del gruppo erano tanto assorti nei negozi di regali, comprando ricordi e facendo foto, che ignorarono completamente la chiamata del capo del gruppo per ritornare all’autobus.
Poco dopo si resero conto che erano soli e si spaventarono. Fu allora che incominciarono i loro problemi. Cercarono di ritornare all’hotel, ma nessuno ricordava il nome esatto. Cosicché presero un taxi e gli chiesero di fare un giro per Gerusalemme alla ricerca dell’hotel. Un’ora più tardi il tassista si diede per vinto e chiese di essere pagato. Fu allora che si resero conto che non avevano sufficiente denaro per pagare il taxi. Cosicché il tassista li portò al commissariato di polizia, dove chiesero loro di identificarsi, ma i pellegrini si resero conto di aver lasciato i loro passaporti all’ hotel.
Alcune ore più tardi, la guida localizzò i pellegrini scomparsi, che lo rividero con lacrime di sollievo. Consegnò i passaporti alla polizia, pagò l’enorme fattura del taxi e li condusse all’hotel. Mentre andavano via, il poliziotto avvertì i pellegrini: A partire da questo momento, rimanete vicini alla guida e ascoltatelo.
Abbiamo iniziato dicendo che nella nostra vita esistono molti momenti simili alla Trasfigurazione di Cristo. Questo non significa solo che la nostra personale trasfigurazione avverrà, ma che Cristo ha un modo nuovo di presentarsi nella mia vita e, come i tre insonnoliti discepoli, è possibile che la mia fragile attenzione non approfitti di questa visita, di quella presenza sempre diversa, perché anche i momenti della mia vita sono sempre diversi. E qui si realizza quello che una volta disse lo psicologo William James: Quando il frutto è maturo, un semplice tocco lo farà cadere. La Provvidenza sfrutta accuratamente i momenti in cui il mio presente e la mia esperienza passata si uniscono per farmi cambiare.
Identificarsi con Cristo non è solamente cercare di fare quello che Egli fece, bensì sentire il suo dolore ed assaporare i suoi sogni più belli. Possiamo dire che è un’empatia spirituale che ha occasione di prodursi quando Gesù c’invita a salire sul monte, a guardarci intorno in modo diverso, nuovo, come quando chiese ad Abramo di ascendere alla montagna… per sacrificare suo figlio. Senza pensare ad occasioni straordinarie, questo invito ci arriva, per esempio:
* Quando mi rendo conto che avrei potuto essere più diligente, più attento con qualcuno ed è già troppo tardi. Ma Cristo mi vuole dire qualcosa con questo sentimento, mentre io arrivo solo a “mettermi triste” o, peggio ancora, a giustificarmi.
* Quando apre i miei occhi alla sofferenza di una persona, mentre io sono concentrato sulla sua mancanza di sensibilità, sul suo egoismo, o sul tempo che mi fa perdere.
* Quando mi dà l’opportunità di fare un gesto di gentilezza. Non un’ opera mirabile e grandiosa, bensì qualcosa che sia significativo, che invii un messaggio di vicinanza al mio prossimo. Una parola, uno sforzo per ascoltarlo, prima di affrettarmi a parlare. Un autore disse che il maggiore regalo che posso dare – sempre – è la purezza della mia attenzione.
*Quando mi chiede qualcosa di completamente inaspettato, che non coincide con l’immagine che ho di Lui. Abbiamo menzionato l’atteggiamento ubbidiente di Abramo che era disposto a sacrificare suo figlio, il che era qualcosa di abominevole, perché solo le tribù nemiche, come i moabiti, facevano questi sacrifici, (2Re 2, 24). In ogni modo, oggi esistono abbastanza casi di persone che questo crimine.
La lista di esempi potrebbe estendersi molto, però è più importante che ognuno di noi la scriva secondo la propria esperienza.
Qualcosa che hanno in comune le situazioni che abbiamo appena citato è che, in molte maniere, Dio apre i nostri occhi, come ai tre discepoli insonnoliti. E, attraverso il Suo sguardo, non solo possiamo perdonare il prossimo, che è sempre necessario, ma anche essere coscienti della presenza di Dio nelle nostre vite… in ogni momento.
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Non si devono interpretare letteralmente le parole iniziali della Prima Lettura: Dio non parla con voci che arrivano ai nostri timpani, ma, attraverso la natura e specialmente attraverso gli esseri umani, si comunica non in un modo udibile, ma profondo e chiaro.
Tra gli asceti del deserto, si raccontava una storia che illumina bene questa verità, e cioè che il principio dell’orazione è prestare autentica attenzione a Dio e agli uomini
Ad uno dei padri egiziani, che cercava un segno di approvazione divina per i suoi lunghi anni di devozione monastica, dissero che la sua santità non era niente confrontata con quella di un semplice ed umile venditore di un paese vicino. Andando a studiare attentamente questo uomo, il monaco lo trovò occupato con le sue verdure in mezzo al rumore e alla fretta delle strade della città, attento alle necessità di tutti quelli che accorrevano a lui. Perfino durante la notte, quando la gente si agitava e cantava, gridando a voce alta per le strade, l’uomo rimaneva al suo lavoro, aiutando i ritardatari nelle loro necessità.
Alla fine, il monaco, esasperato, esclamò: Come puoi essere capace di pregare con questo rumore? Il venditore guardò attorno a sé, sentendo compassione per le persone che componevano la sua vita ordinaria, e rispose molto semplicemente. Dico a me stesso che tutti costoro vanno verso il Regno. Si concentrano con tutta la loro attenzione su quello che fanno, cantano canzoni con tutta l’allegria che possono avere. Guarda come si preparano per il Regno di Dio senza neanche saperlo. Che altro posso fare io se non lodare in silenzio quel Dio che essi, senza rendersene conto, celebrano cantando?
Quella notte, il vecchio monaco ritornò lentamente alla sua cella, sapendo di aver ricevuto – niente meno che da un semplice ortolano – un’importante lezione sull’arte dell’attenzione nel deserto. L’orazione può essere reale solo quando concediamo a Dio e agli uomini il dono della nostra attenzione.
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Prendiamo buona nota di quello che è successo sulla cima del monte: una nuvola coprì i discepoli e smisero di vedere quello che li affascinava, quello che li spingeva a seguire Gesù. Ma in quella mancanza di visione, in quell’ombra, ricevettero il messaggio più importante, perché veniva dal Padre: Ascoltate mio Figlio. Queste non sono semplici parole poetiche, ma è un appello, un’arringa a continuare ad ascoltare la voce di Dio in mezzo alle situazioni assurde della vita, alle contrarietà meno attese, come l’apparente intenzione di Dio di sacrificare Isacco… o la decisione di inviare il suo Unigenito per espiare i nostri peccati.
Nell’Epistola agli Ebrei (11, 13), ci viene ricordato che Abramo morì senza vedere realizzata la promessa divina, come successe ad altri uomini di fede, ma, poterono scorgere ed intuire, da lontano, quello che Dio aveva promesso loro, sapendo che erano stranieri e pellegrini sulla terra.
La nostra consolazione, quando contempliamo la più piccola luce che ci viene dal cielo, è quella che afferma la Seconda Lettura: Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?
In questa Quaresima, rinnoviamo la nostra intenzione di ascoltare con attenzione il Vangelo ed i suggerimenti intimi del Padre attraverso lo Spirito, per scendere a valle con un desiderio, anche rinnovato, di camminare insieme a Cristo.
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Nei Sacri Cuori di Gesù, Maria e Giuseppe,
Luis CASASUS
Presidente