Vangelo secondo San Giovanni 2,13-25:
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.
La debolezza di Dio
Luis CASASUS Presidente delle Missionarie e dei Missionari Identes
Roma, 3 marzo 2024 | III Domenica di Quaresima
Esodo 20, 1-17; 1Corinzi 1, 22-25; Giovanni 2, 13-25
L’innocenza: forte e vulnerabile. Una delle sofferenze più intense che possiamo sopportare è il veder soffrire gli innocenti e, di conseguenza, uno dei crimini più orribili è il procurar loro danno.
A Gerusalemme, durante la Pasqua, migliaia di pellegrini arrivavano al Tempio, alcuni di loro dopo un lungo viaggio, in cui avevano investito i loro guadagni di mesi o anni.
La moneta romana era considerata impura, per questo motivo i cambiavalute avevano occasione di ottenere grandi benefici, cambiandole con monete di rame, le uniche ammesse come elemosina, che i pellegrini consegnavano insieme al sacrificio di vari animali. I Sadducei controllavano tutto questo considerevole movimento e si avvalevano della buona fede di questi pellegrini per chiedere prezzi esorbitanti ed approfittarsi degli innocenti visitatori.
In questa occasione, la fede semplice e l’amore per la tradizione di quei fedeli era oggetto di abuso, di sfruttamento. Ma non solo, oltre a questo, il Tempio, che tanto rappresentava per gli ebrei, si era trasformato in un commercio corrotto. Gesù doveva dare un segno di disaccordo totale, in nome di suo Padre: Non fate della Casa del Padre mio un luogo di mercato. (Gv 2, 16)
Fin qui il racconto della reazione di Cristo. Ma che cosa ha a che vedere con noi? siamo forse tu ed io commercianti che si arricchiscono coi beni della Chiesa? Non lo credo, ma senza dubbio non rispettiamo, né tuteliamo, come sarebbe giusto, l’innocenza di molte persone, per cui meritiamo il giudizio che Gesù fa oggi verso i mercanti del Tempio.
L’innocenza è insopportabile per coloro che hanno intenzioni mediocri o perverse. Così è stato per il Faraone che volle sterminare i bambini degli ebrei prigionieri, o per Erode che temeva la nascita di un rivale. In una cultura come quella di oggi che celebra il peccato, e l’egoismo, la mera esistenza di un neonato rappresenta un’accusa. Ma a noi, anche l’innocenza ci fa tremare. Questo è successo sempre nella vita di coloro che sono veramente innocenti ed è particolarmente evidente in alcuni santi e nei martiri.
Sembra incredibile, ma l’incanto che produce l’innocenza, in alcuni può trasformarsi in sfiducia o perfino aggressione. Per qualcuno che porta dentro conflitti insolubili, quell’innocenza può diventare insopportabile. Ed in quei casi non basta insultare quell’innocenza. Devono eliminarla. Un caso esplicito fu l’esecuzione di San Giovanni Battista da parte di Erode Antipa. Come successe poi con la persona più innocente, Cristo, la presunta soluzione è sempre stata quella di ignorare la fonte di luce, a volte eliminandola fisicamente o spiritualmente, il che non è difficile, perché l’innocenza va sempre unita alla vulnerabilità. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto (Gv1, 11).
Quando diciamo che siamo molto bravi a distruggere l’innocenza delle persone, non ci riferiamo solo alle persecuzioni cibernetiche, all’abuso di minori o al traffico di esseri umani. Il caso di Eva e Adamo è molto rappresentativo di quello che succede: da una parte, c’è l’invito (Eva) a rompere un patto, in questo caso fatto direttamente con Dio. Dall’altra parte, c’è la conferma e stimolo a farlo (Adamo), accettandolo come qualcosa di naturale, senza rimorsi.
Distruggiamo l’innocenza delle persone più giovani quando ironizziamo sui loro sogni, quando mostriamo la nostra mediocrità senza scrupoli, né vergogna, o quando le utilizziamo per il nostro profitto, come fanno, per esempio, autorità religiose che esigono il servizio degli altri per la loro personale comodità.
Distruggiamo l’innocenza delle persone, soprattutto giovani, quando scoprono che abbiamo mentito, anche se una volta sola, anche se il tema non è rilevante, anche quando è senza parole, cioè non confessando un’azione.
Distruggiamo l’innocenza delle persone quando le invitiamo a non rispettare le piccole regole. Una volta, un uomo portò i suoi due figli allo zoo. All’entrata, l’impiegato che vendeva i biglietti domandò l’età dei due ragazzi: Otto e sei anni, rispose. L’impiegato disse: Avrebbe potuto dire che il più piccolo aveva cinque anni, così sarebbe entrato gratis. Nessuno se ne sarebbe reso conto, gli disse. Il papà rispose: I miei figli sì e non l’avrebbero mai più dimenticato.
Cristo non perde occasione di elogiare l’innocenza, perfino nelle persone che non l’accettano o non credono in lui. Così, quando vede arrivare lo scettico Natanaele, esclama: «Ecco qui un vero Israelita in cui non c’è falsità». (Gv 1, 47).
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Nella Seconda Lettura, quando San Paolo ci parla oggi della stoltezza e della debolezza di Dio, sicuramente si riferisce all’innocenza divina, alla sua distanza da tutto quello che è male e falsità. Per questo motivo Dio diventa vulnerabile e permette di essere tradito dalle sue stesse creature. Chi si decide ad essere innocente, nonostante i suoi peccati, riceve l’aiuto divino, e la sua innocenza viene restaurata nel modo seguente:
- Dio mi permette di vedere gli effetti del mio peccato, nella mia vita e in quella del prossimo. Così successe al figlio minore del padre buono: Il figlio cominciò a dire: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio ( Lc 15, 21).
- Mi rivela il modo di fare un bene contrario al danno che ho compiuto. Come successe al pubblicano pentito: Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto» (Lc 19, 8).
- Cambia la mia sensibilità: non mi sento attratto a ripetere le mie azioni scandalose. Certamente, sento un dolore, un rifiuto delle mie azioni, che è una grazia che mi allontana dalla possibilità di tornare a cadere nello stesso peccato, anche se poi commetterò altre mancanze. Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia (Rm 5, 20). Il mio pentimento diventa permanente, continuo.
Questa possibilità di restaurare l’innocenza sta in fondo al cuore umano, che trema per la propria debolezza, ma, contemporaneamente ha il “sospetto” che Dio possa operare quel miracolo. Questo è un aspetto della Espirazione che riceviamo nella nostra vita mistica, una forma d’impulso, di soffio dello Spirito Santo che ci spinge, come fossimo una barchetta di carta, nella direzione del buono, del vero e del bello. «Su, venite e discutiamo» dice il Signore. «Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve…» (Is 1,18).
Anche San Giovanni Paolo II ebbe la stessa impressione dell’Espirazione, alla quale l’asceta risponde inspirando, ed in quell’analogia respiratoria, diceva: La spiritualità cristiana ha come caratteristica il dovere del discepolo di configurarsi sempre più pienamente col suo Maestro, in modo tale che (…) arriviamo fino al punto di “respirare i suoi sentimenti” (16 Ott 2002).
Questo stato d’innocenza, ci colloca nella posizione di poter ricevere ed accogliere la grazia, anche se commettiamo molti errori e mancanze. Questo spiega perché Gesù dice: «Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché di questi è il regno dei cieli». (Mt 19, 14).
La persona innocente ha la capacità di arrivare al cuore (non solo alla mente) di tutti. Immaginiamo che, nella sala d’attesa di un aeroporto, una persona cominci ad agitare le mani, salutando e sorridendo a tutti. La reazione normale sarà di evitare di incrociare il suo sguardo e sperare che si calmi. Tuttavia, se un bambino fa la stessa cosa, tutti sorrideranno, sparirà la tensione per un momento, smetteranno di guardare il cellulare e, benché siano preoccupati per il ritardo del loro volo, abbozzeranno un sorriso e forse diranno una parola gentile al piccolo.
Il testo evangelico si chiude oggi con un’osservazione che non possiamo ignorare:
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa molti, vedendo i segni che faceva, credettero nel suo nome. Gesù però non si confidava con loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che qualcuno gli desse testimonianza su un altro, egli infatti sapeva quello che c’è in ogni uomo.
Stiamo riflettendo sull’innocenza e non è difficile immaginare che Cristo non vedeva in questi “ammiratori” dei veri discepoli, perché ammiravano la sua capacità di fare miracoli e la sua parola, ma non erano disposti ad unirsi a Lui in quello che aveva portato come autentico modo di dare gloria a Dio. Come dice San Pietro: Anche voi venite impiegati, come pietre vive, per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo (1Pt 2, 5). Sappiamo bene che quel sacrificio gradito a Dio è il servizio ai fratelli, essendo tutti gli altri solo una espressione e manifestazione della nostra fede in Lui.
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La Prima Lettura ci parla anche della debolezza e dell’innocenza di Dio. Qui la vediamo nel modo di consegnarci i Dieci Comandamenti, non come una lista di proibizioni e minacce, non come un limite alla felicità delle persone, bensì come un modo di vivere una vita piena ed in particolare, l’unico modo di amare gli altri, che è un sogno, che vediamo frustrato una ed un’altra volta, cercando di amare ed essere amati a modo nostro. Questa fiducia, questa fede nell’uomo è la sua debolezza, la sua pazzia.
I Comandamenti non devono essere guardati come una serie di precetti che, se non sono osservati, implicano una pena. Sono, piuttosto, dalla prospettiva di Cristo, qualcosa di bello a cui bisogna dare pienezza: Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento (Mt 5, 17).
La chiave per comprendere i Comandamenti è la forma come lo stesso Yahvè li introduce, ricordando che è Lui ad averli liberati dal paese dalla schiavitù. Questo è molto differente, per esempio, dal famoso Codice di Hammurabi (1750 a. C.) che ha articoli come il seguente:
Se si dichiara un incendio nella casa di una persona ed un signore che accorre a spegnerlo mette gli occhi su qualche bene del padrone della casa e si appropria di qualche bene del padrone della casa, quel signore sarà gettato nel fuoco.
Cristo compì la sua parola e diede pieno valore ai Comandamenti che non obbligano ad amare il nemico e, tuttavia, fece di questa “aggiunta” il distintivo e la divisa del cristiano, chiamato ad amare senza limiti, né condizioni.
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Nei Sacri Cuori di Gesù, Maria e Giuseppe,
Luis CASASUS
Presidente