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Vangelo e riflessione

Se non ho amore… | Vangelo del giorno, 29 ottobre

By 25 Ottobre, 2023No Comments
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Vangelo secondo San Matteo 22,34-40:

In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: ««Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente». Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: «Amerai il tuo prossimo come te stesso». Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Se non ho amore…

Luis CASASUS Presidente delle Missionarie e dei Missionari Identes

Roma, 29 ottobre 2023 | XXX Domenica del Tempo Ordinario

Esodo 22, 2-26; 1Tes 1, 5c-10; Matteo 22, 34-40

1.Tre amori. Tutti ricordiamo la figura di Prometeo, il titano mitologico che lottava per proteggere gli esseri umani. In un’occasione, rubò il fuoco agli dei per darlo agli uomini, in modo che potessero riscaldarsi ed offrire i loro sacrifici. Per questo tradimento, Zeus, la massima divinità, lo punì duramente. Lo fece incatenare nel Caucaso ed inviò un’aquila a divorargli il fegato; siccome Prometeo era immortale, il suo fegato ricresceva sempre ed il tormento era diventato eterno.

Questo episodio dell’antica mitologia greca ha un’attualità permanente. C’è chi lo prende come simbolo del sonno trans-umanista di oggigiorno, il tentativo di sostituire Dio creatore con il nostro ingegno tecnologico. In alcune occasioni, la figura di Prometeo è stata utilizzata per rappresentare una manifestazione della nostra superbia, una vera confusione, che a volte ci spinge a desiderare di conoscere assolutamente tutto, comprese le cose inutili, solo per sentirci superiori agli altri.

In ogni caso, per noi può essere un punto di partenza per riflettere su quello che Cristo ci dice oggi nel Vangelo che è un invito (o un comandamento) non solo ad amare Dio e allo stesso tempo il prossimo, ma anche a come amare me stesso, che va molto al di là dell’autostima ed è qualcosa che Gesù raccoglie come autentico alla fine del testo di oggi. Vivere questi “tre amori”, Dio, il prossimo e me stesso, è un tema delicato, è qualcosa che non possiamo risolvere senza l’aiuto di Dio.

Certamente, l’amore verso sé stessi, senza tener conto di quello che Gesù ci dice, è un paradosso o una semplice cantilena. Neppure per l’antica saggezza orientale questo era così chiaro. Ce lo ricorda la conversazione apocrifa tra Confucio e Lao-Tse, nella quale Confucio stava discorrendo sull’amore universale senza l’elemento dell’io.

Dimmi – disse Lao Tse – In che cosa consistono la carità ed il dovere verso il nostro prossimo?  

Consistono – rispose Confucio – nella capacità di rallegrarsi con tutte le cose; nell’amore universale, senza l’elemento dell’io. 

Che imbroglio! – esclamò Lao Tse – ma l’amore universale non contraddice sé stesso? La tua eliminazione dell’io non è una positiva manifestazione dell’io? Cielo! hai portato grande confusione nella mente dell’uomo. 

Nel Vangelo, quello che normalmente si dice per spiegare l’amore verso sé stessi, è che siamo figli di Dio creati a sua immagine e somiglianza, per questo motivo, le negligenze contro la propria vita, come le dipendenze da qualche sostanza, la trascuratezza della salute o il suicidio sono cose tanto deplorevoli. Ma possiamo e dobbiamo andare più in là. Anche altre religioni dicono che discendiamo da Dio o dagli dei. Noi, per esperienza personale e secondo quello che Cristo c’insegna, sentiamo che siamo figli del Padre, fratelli di Cristo e templi dello Spirito Santo. Questo non è qualcosa che mi stupisca così tanto da lasciarmi a bocca aperta e paralizzato, piuttosto mi invita a stimare e a scoprire il tipo di amore che devo avere verso me stesso.

* Come figlio di un Padre celeste, devo ricordare che sono unico; non interessa se meglio o peggio degli altri, ma certamente unico, nel senso che ho una missione differente da tutti gli altri, incomparabile, della quale devo rispondere. Alcuni di noi possono fare programmi per la loro vita, altri, a causa della malattia, o della scarsità di mezzi o delle violenze del mondo, si vedono molto limitati, ma ciò che dona senso alla nostra esistenza è sempre la volontà di Dio con i suoi piani misteriosi, imprevedibili ed indistruttibili.

Nel racconto del Vangelo di oggi, vediamo come, proprio nel momento in cui è attaccato dai suoi nemici, Gesù coglie l’occasione per dare una lezione che rimarrà per sempre, per tutti i secoli. Ugualmente, la Seconda Lettura ci mostra come, nonostante la pessimistica impressione di Paolo, i gentili convertiti di Tessalonica si trasformarono in modello per tutte le comunità.

* Come fratello di Cristo, devo riconoscere il valore del suo gesto: venire a questo mondo per dare testimonianza che – paradossalmente – ha bisogno di me, nonostante le mie limitazioni. Dunque l’amore più grande verso me stesso è essere cosciente di questa fiducia che Cristo ripone in me. Questo rialza l’animo della persona più abbattuta e pessimista. Non sono io che devo giudicare se merito o no l’amore di Cristo per me, benché abbia dei sospetti che sia più probabile la seconda ipotesi …

* Come tempio dello Spirito Santo, non devo credere che questa bella immagine sia vuota di contenuto. Lo Spirito Santo “signore e datore di vita” è permanentemente attivo, trasformando la mia anima, manifestando il suo dominio soprattutto sul negativo che c’è in me e dando vita ai tesori che dormono nella mia anima, che io non oso nemmeno guardare, ma Lui mi inclina verso di essi. Ho paura di metterli davanti ai miei occhi, perché mi sento comodo nel mio piccolo mondo.

Se realmente mi amo per queste tre ragioni, allora amerò anche gli altri, perché non credo che possiamo essere tanto diversi davanti a Dio. E, inoltre, farò in modo che anch’essi godano di quell’amore trinitario. Questo è l’impegno dell’apostolo.

Inoltre, se non dimentico che c’è la presenza della Santissima Trinità in tutte le persone, riuscirò a comprendere che ognuna di esse, siano santi, malviventi, malati, intelligenti o ignoranti, è per me un segno, un messaggio, una richiesta, una vera supplica divina affinché io faccia qualcosa per loro. Vedrò il mio prossimo come pellegrino, lontano dalla casa alla quale ritorniamo attraverso il deserto. “…. ricorda che sei stato schiavo in Egitto e che di là ti ha liberato il Signore tuo Dio …” (Dt 24, 18).

Questo è lo spirito della Prima Lettura, la cui chiamata all’ospitalità va oltre gli stranieri, i diversi, gli emigranti, gli appartenenti a certi gruppi sociali che ovviamente hanno bisogno di una assistenza speciale. Si tratta di amare le persone che danno l’impressione che non cambieranno mai, che non ci comprenderanno mai, che non ci aiuteranno mai, che stanno per tradirci … Il popolo ebreo aveva sofferto anni di esilio e sapeva, per dura esperienza, quello che significava essere abbandonati, essere disprezzati e per questo stabilì norme esigenti per aiutare i diseredati. “Quando vendemmierai la tua vigna, non tornerai indietro a racimolare: sarà per il forestiero, per l’orfano e per la vedova. Ti ricorderai che sei stato schiavo nel paese d’Egitto; perciò ti comando di fare questa cosa” (Dt 24, 21-22).

Allo stesso modo, il nostro amore per il prossimo ha origine dall’esperienza amorosa di essere continuamente perdonati da Dio.

— ooOoo—

Questo carattere misericordioso è il più rilevante dell’amore divino. E queste sono le parole di Yahweh nella Prima Lettura: Perché sono misericordioso.

È certo che, se non contiamo su Dio, amare TUTTI è praticamente impossibile. Amiamo “i nostri cari” perché il loro dolore lo sentiamo profondamente vicino e anche nostro. Come dice Cristo, i gentili, i pubblicani e perfino i farisei amano i loro cari. Ma anche i topi lo fanno.

Purtroppo però, tante volte, non siamo capaci di amare nemmeno i nostri cari. Ricordo quando avevo 10 anni e mio fratello ne aveva 7, un compagno della sua stessa età lo colpì e lo fece tornare a casa piangendo. Quando nostra madre mi domandò perché non l’avessi difeso, risposi: L’altro bambino aveva ragione. Mia madre non dimenticò mai l’incidente (mio fratello spero di sì).

Ma la misericordia (non la ragione) è il vero nucleo dell’amore. Sappiamo bene che tutte le forme di misericordia e perdono, oltre a fare bene al prossimo, fanno bene a coloro che le praticano, tanto nell’anima come nello spirito.

Due criminali che avevano passato trenta anni in prigione ed ora erano già liberi, si riunivano ogni giorno per parlare del loro passato. Uno di loro domandò al suo amico: Hai perdonato quelli che ti accusarono e ti misero dietro le sbarre? Il compagno rispose: Sì; tempo fa li ho perdonati. Ma il primo disse: Io no; provo ancora odio verso di loro. Allora, il secondo aggiunse: In questo modo, sei ancora imprigionato. 

Vivere l’amore vero non ha un premio superficiale, nemmeno dona un sentimento dolciastro o di tranquillità. Al contrario, ci rende vulnerabili, più sensibili alla separazione ed esige da noi sempre di più. Questo è uno dei messaggi che Cristo ci trasmette dalla Croce. Come dice un Proverbio del nostro padre Fondatore: L’amore offre un dolore senza amarezza. 

Cristo affermò in modo convincente il carattere misericordioso del suo amore quando disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; non sono venuto per chiamare i giusti, ma i peccatori». (Mc 2, 17). Non sembra una discriminazione, ma piuttosto un modo di spiegare che quando tu ed io siamo soddisfatti con la nostra condotta ed il nostro modo di trattare gli altri… allora è difficile che siamo aperti al modo di amare di Gesù Cristo.

Ci istruisce anche su altri aspetti di questo amore che siamo chiamati a dare a Dio e al prossimo: in realtà non è un insieme di azioni, bensì “uno stato d’amore“, così come lo è l’autentica orazione. Uno deve amare Dio con tutto il suo cuore, con tutta la sua mente e con tutte le sue forze, ed il suo prossimo come sé stesso. Questo vuole dire che la più “insignificante” mancanza di carità, significa proprio che non vivo in quello stato, cioè, che non amo Dio. Lo stesso vale per le omissioni, negligenze, occasioni perse…

Una conclusione è che l’amore deve essere – tra le altre cose – intelligente, cioè, non esente da riflessione, soggetto ad una buona amministrazione, come diceva il nostro padre Fondatore ai giovani, perché a volte amiamo con buona volontà, ma maldestramente. Amiamo a volte anche senza saperlo, amiamo perfino colui che pensiamo di non amare ancora.

Infine, in altre occasioni, disprezziamo i piccoli segni di amore, cosa che è apertamente contraria al Vangelo. Ricordiamo come Gesù realizzi numerosi miracoli e guarigioni, nati dalla sua compassione e non compresi nel suo programma del giorno, miracoli considerati “minori” e che chiede invano di mantenere segreti: curare un lebbroso (Mc 1, 42-44), ridare la vita ad una bambina (Mc 5, 43), restituire la vista ad un cieco (Mc 8, 25-26), … sapeva che la propaganda di quei prodigi andava contro i suoi piani che era donare un bene molto più grande ed universale: l’annuncio del regno dei cieli.

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Nei Sacri Cuori di Gesù, Maria e Giuseppe,

Luis Casasus