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Vangelo e riflessione

Una Croce Coronata e una Corona Crocifissa | Vangelo del giorno, 26 novembre

By 22 Novembre, 2023No Comments
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Vangelo secondo San Matteo 25,31-46:

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.
»Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi». Allora i giusti gli risponderanno: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti? ». E il re risponderà loro: «In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me».

»Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato». Anch’essi allora risponderanno: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?». Allora egli risponderà loro: «In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me». E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

Una Croce Coronata e una Corona Crocifissa

Luis CASASUS Presidente delle Missionarie e dei Missionari Identes

Roma, 26 novembre 2023 | XXXIV Domenica del Tempo Ordinario

Ezechiele 34, 11-12.15-17; 1Corinzi 15, 20-26.28; Matteo 25, 31-46

In un racconto molto bello di Leone Tolstoi, un vecchio e pio calzolaio sognò che Gesù Cristo sarebbe venuto a trovarlo il giorno dopo. Cosicché, quando si risvegliò dal suo sonno, andò direttamente alla finestra ed osservò con grande interesse i passanti. Vide una povera donna disperata che andava a suicidarsi con suo figlio. Le chiese di entrare, la consolò e l’aiutò meglio che poté. Poi passò un uomo che spalava la neve, tremando di freddo, ed il calzolaio gli chiese di entrare nella sua piccola stanza per riscaldarsi e mangiare qualcosa.

Il calzolaio aspettò fino a mezzanotte, ma Gesù non appariva. Un po’ disilluso, si preparò per andare a dormire, ma prima volle leggere, com’era sua abitudine, un passaggio del Nuovo Testamento. Aprì la Bibbia e trovò per caso queste parole: Tutto quello che hanno fatto ad uno di questi, al più piccolo dei miei fratelli, a me lo hanno fatto. Il cuore del calzolaio si accese e si rese conto che Cristo era venuto varie volte durante il giorno nella persona dei suoi fratelli bisognosi.

Dobbiamo stare attenti ed EVITARE di pensare che Cristo stia utilizzando una metafora, come se dicesse: Quello che faranno ad uno di questi miei fratelli, è come se lo facessero a me.  

La chiave sta nel fatto che c’è una presenza delle Persone Divine in ogni essere umano. Dio ha molte forme di presenza: nell’Eucaristia; in mezzo a coloro che si riuniscono nel suo nome; nei luoghi di culto; facendosi sentire nella nostra orazione, come quando San Paolo dice: “…Davanti a Dio e a Cristo Gesù che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno, ti incarico solennemente… (2Tim 4, 1). Ovviamente, abbiamo la capacità di fare in modo che la sua presenza sia continua: Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui (Gv 14, 23).

In verità, quello che facciamo ad una persona si trasmette ai suoi genitori, ai suoi fratelli, a tutti quelli che l’amano. Come nella storia di Tolstoi, se riusciamo a salvare il figlio non salviamo anche la madre? Così è successo nel famoso episodio di Elia e della povera vedova di Sarepta (1Re 17, 8-24).

Consideriamo che quella presenza di Dio nei cattivi e nei buoni è anche attiva:

“… ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti” (Mt 5, 44-45).

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Queste opere di misericordia che Cristo ci ricorda oggi sono realmente la volontà di Dio, che dobbiamo leggere nel prossimo e non solamente nella necessaria riflessione e meditazione. L’Afflizione, il dolore dell’amore che sente il discepolo autentico, è sempre crescente. Non è semplice compassione o tristezza per il dolore altrui, bensì un impulso permanente a fare sempre qualcosa di più profondo per chi sta vicino a noi.

Ma la cosa interessante è che Cristo fa alcuni esempi alla portata di ognuno di noi, come dare da bere. La lista di persone che doveva aiutare – l’affamato, l’assetato, il forestiero, il nudo, il malato e l’imprigionato, era conosciuta in tutto il vicino Oriente. Nel famoso Libro dei Morti della cultura egiziana, del secondo millennio A.C., c’è un testo che si poneva vicino al defunto al momento della sepoltura. Questo era quello che doveva dichiarare davanti al tribunale del dio Osiride: Ho praticato quello che rallegra gli dei. Ho dato il pane all’affamato, ho dato l’acqua all’assetato, ho vestito l’ignudo, ho offerto un viaggio a coloro che non avevano una barca.  

La formidabile novità che apporta Gesù è che Egli si identifica con questa gente: quello che si fa ad uno di questi piccoli, è fatto a Lui.

Il nostro padre Fondatore ci ricorda che, insieme a questa Afflizione, lo Spirito Santo ci infonde un’allegria molto speciale che va oltre la “gioia di dare”, è la sicurezza che Dio stesso farà qualcosa di grande con i nostri piccoli gesti di misericordia. Per questo motivo San Paolo dice: “… sono pieno di consolazione, pervaso di gioia in ogni nostra tribolazione” (2 Cor 7, 4). Questo è un privilegio che ha il discepolo di Cristo quando è capace di dare e contemporaneamente essere fedele al rinnegamento che visse il Maestro.

Non sempre siamo coscienti di questa presenza di Cristo nel prossimo. Sant’Agostino diceva: Temo il Signore che passa (Sermone 88.14.13), cioè, temeva di non riconoscerlo negli eventi di ogni giorno, ma soprattutto negli altri.

In realtà, quello che lo Spirito Santo fa è servirsi della nostra natura per farci felici, perché siamo “programmati” per essere compassionevoli. Alcuni anni fa esisteva un’idea dominante, un po’ darwiniana, che siamo naturalmente egoisti, ma la realtà mostra che, più profondamente, nonostante il nostro evidente egoismo, aspiriamo ad essere generosi. Perfino gli esperimenti psicologici lo dimostrano. Ma anche la saggezza antica, come la raccoglie il vecchio proverbio cinese: Se vuoi essere felice per un’ora, fai la siesta. Se vuoi essere felice per un giorno, vai a pescare. Se vuoi essere felice per un anno, eredita una fortuna. Se vuoi felicità per tutta la vita, aiuta qualcuno.

Se leggiamo con attenzione la Prima Lettura, notiamo come Ezechiele annuncia l’arrivo di un re-pastore che giudicherà “tra una pecora e l’altra”. Si riferisce al fatto che nell’anno 587 prima di Cristo, le truppe babilonesi saccheggiarono e distrussero Gerusalemme, per cui molti fuggirono al deserto ed altri furono portati via come schiavi. Rimasero lì solo alcuni dei più poveri. Tra questi, pochi progredirono socialmente ed economicamente ed alcuni di essi cominciarono a sfruttare quelli che non erano riusciti ad uscire dalla miseria. Tutti erano israeliti, tutte pecore dello stesso gregge, ma non tutti obbedirono alla legge di misericordia impressa nei loro cuori.

Cristo arriva come un re, non per annichilire peccatori, farisei e pubblicani. Il nemico che sarà annichilito sono le forze del male, il peccato, tutto quello che ci impedisce di vivere in pienezza in questo mondo. Si propone di salvare d’ora in poi tutti, facendo di coloro che si comportano come capre, delle vere pecore che accettano di “essere curate e guarite”, condotte ai posti con foraggio abbondante.

Gesù disse che non era come i re di questo mondo, ma accetta di essere chiamato “re” perché in verità ha potere per vincere il male che c’è in te ed in me. Perciò ci invita a ricordare i momenti dolorosi che abbiamo passato ed anche il perdono ricevuto. Soprattutto, mette davanti ai nostri occhi il dolore altrui, non per discuterne il senso o la necessità, ma piuttosto per mettere in marcia la nostra misericordia, quella che ci fa condividere tutto con Lui stesso.

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Tutti abbiamo la capacità di lasciarci trasformare dal dolore del prossimo, perfino chi non ha fede. Tutti possiamo distinguere una chiamata ad agire, più forte dell’indifferenza o del  pessimismo che ci perseguitano.

La mattina del 26 dicembre 2004, una giovane europea ed il suo promesso sposo erano in ferie nella città turistica di Khao Lak (Tailandia). Ella aveva programmato le ferie in Tailandia come una sorpresa speciale per lui, che non era mai stato lì. Passarono i primi giorni in una crociera, dormendo sotto le stelle.

Era tanto, tanto bello. È strano come, in una frazione di secondo, tutto possa cambiare tanto, ella disse.

Quella mattina si produsse uno dei terremoti più forti della storia che scatenò una serie di tsunami devastatori sulle coste dell’oceano Indiano. Erano nel loro bungalow quando si produsse la prima onda.

Sentii la gente gridare ed uscire correndo. Tutta la gente era frenetica, disse. Allora, l’acqua inondò il suo bungalow e li trascinò fuori in pochi secondi. Cercandola, egli gridava: che cosa sta succedendo? Tutte le finestre del bungalow si ruppero, ed ella fu trascinata da una corrente di rottami, rompendosi il bacino e rimanendo con le gambe paralizzate. Non sapeva che dopo quel momento non sarebbe più tornata a rivedere l’amore della sua vita. Lo tsunami lasciò una scia di distruzione in 14 paesi e uccise oltre 230.000 persone, compreso quel giovane.

Il giorno dopo la trasportarono in elicottero in un ospedale. Aveva il bacino tanto fratturato vicino alla colonna che i medici dissero che era un miracolo che non fosse paralizzata; aveva perso anche la metà del sangue a causa di lesioni interne che includevano un ematoma al rene. Passò le settimane seguenti curandosi in un ospedale della Tailandia e poi nel suo paese.

Ma appena dopo un anno, ancora non guarita dalle sue ferite fisiche ed emotive, tornò in Tailandia per vedere come poteva aiutare a ricostruire le vite dei bambini, vite colpite dal disastro naturale, sapendo che, una volta terminata la risposta dell’emergenza, molto presto sarebbero stati dimenticati.

La visione della pace estendendosi per la società ci ricorda quello che noi cristiani siamo chiamati a promuovere, ma le parole di Cristo, Beati gli operatori di pace, sono difficili da mettere in pratica in tutti gli ambiti. Mantenere la nostra attenzione nel dominio universale di Cristo orienta i nostri cuori verso quello che realmente importa. Il dominio temporale è breve e fugace, ma il potere di Cristo non ha fine, ed opera con una sottigliezza irresistibile che nessun leader terreno potrebbe uguagliare.

Chiunque si sia sentito deluso venendo a sapere delle deviazioni di qualcuno che prima ammirava (e non è successo a tutti noi?) può testimoniare che tutti i leader umani finiscono per fallire. Tuttavia, ci si può fidare di Cristo in tutte le cose, per cui meditare sulla sua regalità è una fonte di pace e di vivenza della Beatitudine degli operatori di pace. Egli è il re di tutte le cose, e nessuna legge terrena, principato o potere può colpirlo.

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Nei Sacri Cuori di Gesù, Maria e Giuseppe,

Luis Casasus