di padre Luis CASASUS. Presidente dei Missionari Idente.
Roma, 27 Novembre, 2022 | Prima Domenica di Avvento.
Isaia 2:1-5; Romani 13:11-14; Mt 24:37-44.
In questa prima domenica di Avvento, cominciamo un nuovo anno liturgico. L’atteggiamento opportuno ce lo dà San Paolo nella Seconda Lettura di oggi: “Questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché la nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti”.
L’Avvento è, in primo luogo, un tempo di risveglio spirituale, un tempo di rinascimento spirituale, per ritornare a quello che dovrebbe essere il fondamento adeguato della nostra vita – Cristo stesso – e a costruire la nostra vita su di Lui.
È, anche, un tempo di viaggio. Cristo viene – questo è ciò che significa il termine Avvento – e siamo chiamati, non a rimanere lì dove siamo, bensì a camminare verso di Lui. Isaia, nella Prima Lettura di oggi, anticipando la venuta del Messia, disse: «Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, perché ci indichi le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri».
- Un risveglio spirituale.
È interessante come Gesù, riferendosi oggi ai tempi di Noè, non dice che le persone erano dedite al peccato, ma parla di due uomini che lavoravano nel campo e di due donne che stavano macinando, cioè, che si dedicavano a compiere i loro doveri, sicuramente con uno sforzo notevole, in quanto si riferisce ai compiti quotidiani delle genti del campo. Dice anche che la gente mangiava, beveva e si sposava. C’è qualcosa di più naturale?
Tuttavia, San Paolo, riferendosi ai tempi di Noè, parla delle ubriachezze, delle orge, della sfrenatezza sessuale e delle gelosie. Bene, anche queste cose sono molto normali, disgraziatamente….
In ogni modo, qualcosa che entrambi, Gesù e Paolo, ci stanno trasmettendo, è che pochissimi, tra le persone più viziose e quelle che lavorano e si sacrificano onestamente, sono capaci di fare TUTTE le cose orientate a Dio o, detto altrimenti, siamo vittime delle nostre ambizioni o degli affanni e impegni del mondo, come insegna la Parabola del seminatore. Vale a dire, mettendo da parte la nostra qualità morale, sia essa eccellente o deplorevole, viviamo in una maniera simile a colui che è ipnotizzato o anestetizzato, preso in un mondo che non è reale, e che poco ha a che vedere con la nostra vera natura, ed anche con le nostre più profonde – e più ignorate – aspirazioni. Prendiamo come esempio le persone che difendono l’aborto. Benedetto XVI dice così:
Ci sono tendenze culturali che cercano di anestetizzare le coscienze con motivazioni pretestuose. Riguardo all’embrione nel grembo materno, la scienza stessa ne mette in evidenza l’autonomia capace d’interazione con la madre, il coordinamento dei processi biologici, la continuità dello sviluppo, la crescente complessità dell’organismo.
Non si tratta di un cumulo di materiale biologico, ma di un nuovo essere vivente, dinamico e meravigliosamente ordinato, un nuovo individuo della specie umana. Così è stato Gesù nel grembo di Maria; così è stato per ognuno di noi, nel grembo della madre. Con l’antico autore cristiano Tertulliano possiamo affermare: “E’ già un uomo colui che lo sarà” (Apologetico, IX, 8); non c’è alcuna ragione per non considerarlo persona fin dal concepimento. (27 NOV 2010).
Solo chi rinnova ogni giorno la sua intenzione di stare più vicino a Dio, chi accoglie in ogni istante i suggerimenti sottili dello Spirito, “sarà portato”, come annuncia Cristo, cioè, vivrà ora e sempre profondamente unito a Cristo. Questo, lo sappiamo bene, ha due dimensioni: pentirmi dei miei peccati e non perdere l’occasione di lavorare per il Regno.
L’antico poema epico di Omero chiamato L’Odissea è la storia di Ulisse che viaggiava per il mondo vivendo molte avventure. Nel frattempo, nella sua terra, la sua bella sposa Penelope era perseguitata da vari pretendenti che cercavano di approfittare dei vent’anni di assenza di Ulisse. Per tenere al loro posto questi pretendenti, Penelope annunciò che, non appena avesse finito di tessere un sudario per il re, avrebbe scelto uno tra questi insistenti pretendenti. Tuttavia, c’era qualcosa che questi pretendenti non sapevano. Ogni notte Penelope disfaceva il lavoro che aveva fatto durante il giorno, e così rimase fedele ad Ulisse fino a che questi ritornò.
Qualcosa di simile esige la nostra chiamata ad essere fedeli al Regno di Dio, giorno e notte, soli o accompagnati.
Mentre aspettiamo il ritorno di Cristo, siamo il suo corpo nel mondo, chiamati a compiere la sua opera. La chiesa sta servendo il mondo in nome di Cristo da duemila anni. Non è questo il momento di abbandonare. È duro, può essere spossante a volte, ma è un privilegio di cui pochi godono.
I messaggi che ci trasmettono i diversi Tempi Liturgici sono certamente per ogni momento dell’anno, della nostra vita, ma abbiamo bisogno di rinnovare la nostra gratitudine ed accoglienza a questi messaggi. Per questo motivo è importante che l’Avvento duri non meno di quattro settimane, affinché non dimentichiamo che quel risveglio spirituale deve essere permanente… come lo è la nostra tendenza a non cambiare, a rifugiarci in abitudini e comodità, lasciando per dopo quello che sappiamo bene essere l’essenziale in quell’istante.
C’è una favola che racconta che tre demoni matricole venivano su questa terra per finire il loro apprendistato. Stavano parlando con Satana, il capo dei demoni, dei loro piani per tentare e rovinare gli uomini. Il primo disse: “Dirò loro che non c’è Dio”. Satana disse: “Questo non ingannerà molti, perché essi sanno che c’è un Dio”. Il secondo disse: “Dirò agli uomini che non c’è inferno”. Satana rispose: “Così non ingannerai nessuno; anche ora gli uomini sanno che c’è un inferno per il peccato”. Il terzo disse: “Dirò agli uomini che non c’è nessuna fretta”. “Va”, disse Satana, “e li rovinerai a migliaia”.
Il più pericoloso di tutti gli inganni è pensare che c’è molto tempo. Il giorno più pericoloso nella vita di un uomo è quando impara che esiste la parola “domani”. Ci sono cose che non si devono rimandare, perché nessun uomo sa se per lui arriverà il domani.
Restate svegli, dice Gesù nella parabola di oggi. Lo tornò a dire dopo alcuni giorni. Ed un’altra volta, ed un’altra ancora. Tre volte, in realtà, mentre sudava sangue nell’Orto del Getsemani. Si avvicinò ai discepoli e li trovò addormentati. E disse a Pietro: «Così non siete stati capaci di vegliare un’ora sola con me?». No, non potevano, come noi. Sapete una cosa? Andò e morì per loro ad ogni modo, per tutti noi che non abbiamo potuto, né possiamo rimanere svegli come dovremmo. Gesù rimase sveglio per noi.
- Un tempo di viaggio.
La Lettura di Isaia è molto appropriata per cominciare il tempo di Avvento, poiché durante le prossime settimane saremo realmente in pellegrinaggio, facendo il nostro lungo e tedioso viaggio fino al Signore, per potergli rendere omaggio e riconoscere nel Bambino di Betlemme fino a che punto arrivò Dio per mostrarci il suo amore.
La saggezza popolare insegna che la vita è un viaggio, a volte diciamo un pellegrinaggio. L’autore americano Ralph Waldo Emerson disse una volta: Concludere il momento, trovare il fine del viaggio in ogni passo del cammino, vivere il maggiore numero di ore utili, questa è la saggezza. Tutto ciò lo consideriamo valido nelle nostre attività quotidiane, ma forse è uno dei segni dei tempi che Cristo ci dice che stiamo disprezzando nella nostra vita spirituale.
Nella nostra mente, non contempliamo adeguatamente il valore di ogni momento (scarso Raccoglimento), ci lasciamo portare dall’impressione che non abbiamo forze, o dallo scoraggiamento (Quiete malaticcia) o forse la nostra capacità di unione, la nostra Facoltà Unitiva diventa schiava del mondo e del nostro carattere ed è incredibilmente incapace di cercare di realizzare quello che comprendiamo che è buono e desidereremmo ottenere.
Allora, per quella mancanza di unità nella nostra anima che solo lo Spirito del Vangelo può darci, procrastiniamo, rimandiamo ciò che è veramente importante e con forma incredibile e…succedono cose tragiche. Ma forse è meglio illustrarlo con un po’ di humor.
Un uomo stava pulendo la sua scrivania e trovò un ticket di riparazione di scarpe di dieci anni prima. Pensò che non aveva niente da perdere cercando di recuperare le sue scarpe. Lo presentò al calzolaio che andò via per vari minuti. Ritornò e restituì il ticket all’uomo che gli domandò: Ha potuto trovare le mie scarpe? Il calzolaio rispose: Oh, sì, li ho trovati; saranno pronti il prossimo venerdì.
Non dobbiamo confonderci col testo evangelico di oggi. L’arrivo di Dio, ora e alla fine dei tempi, non è una minaccia. In realtà dobbiamo prepararci pazientemente, come fece Noè, restando fedeli nelle piccole cose, come portare due uccellini, una coppia di cani o di topi all’Arca. I suoi contemporanei ridevano di lui: l’interessante era seminare, mangiare, mietere, lavorare… come se fossimo eterni abitanti di questo mondo.
Stare all’erta, risvegliarsi spiritualmente, non è un evento puntuale, bensì un viaggio, una vera serie di estasi che non possiamo ridurre, perché solo Dio conosce la loro importanza, benché a volte disprezziamo – come i contemporanei di Noè – il valore di ogni istante… forse, in fondo, pensiamo che sia sufficiente continuare a studiare, a lavorare, ad organizzare e ad essere efficaci.
Ma in questo viaggio, Dio permette che vediamo tempeste, oscurità, lacrime e gioie. O l’Arcobaleno. Ed è che ci vuole sempre dire qualcosa coi segni dei tempi, benché sia con le piccole pietre del cammino.
Isaia ci ricorda che dobbiamo confidare in Dio, in mezzo alle tragedie che a volte succedono nella nostra vita quotidiana. Il nostro matrimonio può rompersi; i nostri migliori sforzi per fare il bene sembrano infruttuosi; possiamo perdere il nostro lavoro, scoprire che abbiamo una malattia terminale o allontanarci dai nostri figli. In tutte quelle situazioni, quando ci sentiamo oppressi dal disastro e sentiamo che le nostre vite non hanno senso, ricordiamo che è sempre possibile seguire il consiglio del profeta: Casa di Giacobbe, vieni, camminiamo nella luce del Signore.
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