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Santo

Sant’Alfonso Maria Fusco, 6 febbraio

By 5 Febbraio, 2024Aprile 17th, 2024No Comments

Era il primogenito di cinque bambini che arrivarono lentamente nella casa di una famiglia cristiana ad Angri, Salerno, Italia. Il redentorista Francesco Saverio Pecorelli disse ai suoi genitori: “Avrete un figlio, lo chiamerete Alfonso, sarà sacerdote e seguirà la vita del beato Alfonso”; si riferiva al loro fondatore, proclamato già beato. Non si sbagliò nella sua previsione. Padre Fusco nacque il 23 marzo 1839. I suoi genitori, Aniello Fusco e Giuseppina Schiavone, che avevano visitato la tomba di Sant’Alfonso Liguori, ricordando la profezia del redentorista, sapendo di dovere al santo fondatore il concepimento di questo sospirato figlio, lo battezzarono con il suo nome, in atto di gratitudine e onore. Quando il bambino aveva due mesi, Sant’Alfonso fu canonizzato.

Il susseguirsi di una serie di eventi provvidenziali intorno al ragazzo alimentò, nei suoi genitori, il desiderio che diventasse sacerdote e, perciò, fu correttamente educato nella fede. È facile immaginare la loro gioia quando, all’età di 11 anni, confidò loro di condividere lo stesso desiderio. Prese questa decisione, come disse all’epoca, “spontaneamente e unicamente per il desiderio di servire Dio e la Chiesa”; ossia, non sospinto da alcuna pressione. Studiò al seminario di Nocera dei Pagani e fu ordinato nel maggio 1863. Durante il periodo come seminarista, il Nazareno lo spinse a fondare un istituto di suore religiose e un orfanotrofio per ragazzi e ragazze, ma custodì con zelo questo fatto nel suo cuore, fino al momento giusto.

Il suo ardore e la sua dedizione al ministero pastorale, così come la sua comprensione e accoglienza verso coloro che venivano a confessarsi da lui, non passarono inosservati. Nel 1866 scoppiò un’epidemia di colera e lui si diede da fare per aiutare le persone colpite, pur sapendo di star mettendo in pericolo la sua vita. In quel tempo, incontrò Maddalena Caputo, nativa di Angri, una giovane con forte determinazione e aspirazione alla vita religiosa. Lei e altre tre giovani donne diedero vita alla Congregazione delle Suore di San Giovanni Battista, promossa da padre Fusco. Maddalena fu la prima superiora generale.

Tutti loro, il fondatore e le suore, dovettero percorrere una strada difficile, accettando pazientemente le prove e mostrando piena conformità alla volontà divina. Tra tanti, anche il peso delle incomprensioni da parte di alcuni membri della Chiesa e della gente comune, con in testa il sindaco e altre autorità, che denigravano e etichettavano come inutile le opere di questo sacerdote.

Alfonso visse l’obbedienza in modo eroico, secondo il Vangelo, confidando pienamente nella Divina Provvidenza. Pregava e soffriva in silenzio, prostrato per ore davanti al Santissimo Sacramento, dal quale aveva sempre attinto la forza e la visione per agire secondo la volontà di Dio. Aveva una grande devozione per Maria e la invocava spesso come Mediatrice; in lei riposava il suo cuore stanco. Uno dei suoi campi d’azione preferiti era la cura dei poveri e degli orfani. Secondo lui era chiaro che la società sarebbe migliorata se i bambini avessero ricevuto un’istruzione adeguata e per loro creò la Piccola Casa della Provvidenza e, più tardi, la Scuola dei Lavoratori.

Man mano che il numero di ragazzi nella Piccola Casa della Provvidenza cresceva, fu costretto ad occupare una parte della residenza delle suore, il che portò a seri attriti con la superiora generale che non gradiva l’idea. In un’altra circostanza, dovette ricorrere alla sua mediazione per sciogliere il conflitto creatosi con un’altra religiosa della casa a Roma con un carattere molti difficile. E quando si recò lì per trattare personalmente un’altra questione delicata (che coinvolgeva non solo le sue figlie dissidenti, ma anche membri della Chiesa), la suora portinaia si rifiutò di aprire la porta della residenza, trattandolo come un estraneo. Il fatto, che gli causò un dolore immenso, era dovuto a false accuse scatenatesi contro di lui e dalla decisione arbitraria del vescovo diocesano, monsignor Saverio Vitagliano, di rimuoverlo come responsabile massimo della fondazione. Quello stesso giorno, accompagnato da suo nipote, monsignor Del Pezzo, si recò presso la Basilica di San Pietro e si fermò davanti alla statua del suo fondatore dicendo: “Se soffro come voi, sarò santo anch’io”. La preghiera incessante lo sostenne sia nella Casa Madre di Angri che nella chiesa romana di San Gioacchino a Prati. Un’altra volta, si sentì dire dal cardinale Respighi, vicario di Roma, disse: “Avete fondato una comunità di suore competenti che hanno fatto il loro dovere, ora andate via!”

Era così generoso che dava via tutto quello che aveva, compresi i suoi stessi vestiti: un gesto che aveva caratterizzato tutta la sua infanzia, vissuta già lontano da sé. La sua testimonianza di vita è la sua lettera di presentazione. Non diceva molto a parole, anche se lo si sentiva dire ripetutamente alle sue figlie: “Diventiamo santi seguendo da vicino Gesù… Figlie, se vivrete in povertà, castità e obbedienza, risplenderete come stelle nel cielo. E di fronte alla scarsità di mezzi, le incoraggiava e confortava: “Non preoccupatevi, figlie mie, ora vado da Gesù e Lui provvederà”. Fece sì che si preparassero a dare una buona testimonianza di fede nella loro azione evangelizzatrice da intraprendere con i poveri, i bambini e i giovani.

Questo santo, conosciuto come il padre dei poveri, che aveva espresso il desiderio che “anche la sua ombra potesse fare del bene”, il 6 febbraio 1910, quando stava per morire, esclamò: “Signore, ti ringrazio, sono stato un servo inutile”. Fino alla fine, l’umiltà di un uomo santo. Poi si rivolse alle suore e disse: “Dal cielo non vi dimenticherò, pregherò sempre per voi”. Fu beatificato il 7 ottobre 2001 da Papa Giovanni Paolo II. Papa Francesco lo ha canonizzato il 16 ottobre 2016.

 

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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