di p. Luis Casasús, Superiore Generale dei Missionari Identes
Commento al Vangelo del 26 novembre 2017, Nostro Signor Gesù Cristo Re dell’Universo (Ezech. 34, 11-12.15-17; 1Corinzi 15, 20-26.28; Matteo 25, 31-46)
Il racconto evangelico del giudizio finale risponde alla più universale delle speranze umane. Ci assicura che l’ingiustizia ed il male non avranno l’ultima parola e contemporaneamente ci richiama a vivere in modo tale che la giustizia non ci porti alla condanna bensì alla salvezza e che possiamo stare tra coloro a cui Cristo dirà: Venite, benedetti dal Padre mio, prendete possesso del Regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo. La grande attesa che ha ogni essere umano è che con la seconda venuta di Cristo Egli tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate. (Ap 21,4).
Non sono solo i cristiani a sperare. Di fatto, nella decade degli anni 60, il famoso teologo tedesco Moltmann sottolineava frequentemente come nell’epoca moderna la speranza era emigrata notevolmente dalla chiesa ai movimenti secolari di speranza umana. Il nostro padre Fondatore riesce a chiarire questa situazione, stabilendo una distinzione tra l’autentica speranza e l’attesa umana che è universale.
Il profeta Ezechiele, nella prima lettura, ci dà un’immagine di Dio come il Pastore gentile che protegge le sue pecore. Questa immagine, tuttavia, riflette anche il pastore che distrugge i forti. Questo evidenzia che Dio si interessa al povero, allo smarrito, al ferito e al malato. Ezechiele parla di un pastore che sta in contatto stretto con le sue pecore. Le porta a pascolare e le cura lui stesso, cercando quelle perdute e curando quelle ferite. Non lascia agli altri la cura del suo gregge.
La Prima Lettera ai Corinzi che è la seconda lettura di oggi, ci dice con parole semplici che tutto e tutti saremo soggetti a Cristo. La morte sarà conquistata e tutto il creato sarà soggetto a Cristo.
Il Vangelo di Matteo presenta l’immagine del giudizio. Utilizzando quell’immagine, l’evangelista fa capire chiaramente che è un giudizio basato sull’amore e la cura del prossimo. È su quello che la nostra vita deve centrarsi: amore ed attenzione agli altri, specialmente dei più bisognosi.
Queste tre letture ci dicono quello che significano la regalità, la leadership ed il governo sugli altri: amore ed attenzione verso di essi.
I criteri per i quali saremo giudicati sono notevoli. Non si dice nulla dei dieci comandamenti (quello che è normalmente la materia delle nostre confessioni). Nulla sulle cose ricordate nella prima lettura che più o meno coincidono col contenuto dei comandamenti. Nulla su quello che chiamiamo “obblighi cristiani” (come andare a messa la domenica). Tutti quegli elementi importanti del nostro sforzo ascetico sono espressi nel linguaggio dell’Antico Testamento, ma Cristo sottolinea che l’attenzione ed il servizio verso gli altri sono il marchio distintivo del regno dei cieli.
L’esame sarà molto semplice: Ho amato i tutti i miei fratelli e sorelle o no? Solo servendo le necessità dell’affamato, dell’assetato, dello straniero, del nudo e del carcerato, partecipiamo della salvezza. Sembra opportuno ricordare che le opere di misericordia corporale sono atti di misericordia per i quali aiutiamo il prossimo nelle sue necessità fisiche e materiali, come alimentarsi, vestirsi, avere un cappotto, essere accolti, essere visitati ed essere sepolti alla morte. Le opere di misericordia spirituale sono atti di compassione per i quali li aiutiamo nelle loro necessità spirituali ed emozionali:
- Insegnare a colui che non sa.
- Correggere chi si sbaglia
- Dare un buon consiglio a chi ne ha bisogno
- Perdonare le ingiurie.
- Consolare la persona triste.
- Soffrire con pazienza i difetti del prossimo.
- Pregare Dio per i vivi e i defunti.
Ecco un esempio splendido di vivenza di … tutte quelle Opere di Misericordia:
Il 2 giugno 1979, il Papa Giovanni Paolo II celebrò messa nella Piazza della Vittoria di Varsavia, davanti a centinaia di migliaia di persone e tutto il governo comunista della Polonia. Durante la sua omelia, il Papa parlò di Dio, della libertà e dei diritti umani; temi disapprovati dal regime comunista. Secondo quanto predicava il Papa, la gente incominciò ad approvare in coro: Vogliamo Dio; vogliamo Dio, e non tacquero per quindici incredibili minuti. Durante questa manifestazione della volontà del popolo, Giovanni Paolo si voltò verso i membri del governo e fece loro un gesto, come dicendo: State sentendo? Il comunismo, almeno in Polonia, non si riprese più da quel momento. Di fatto, il governo cadde e, in pochi anni, l’impero comunista sovietico si disintegrò senza necessità di nessuno sparo.
San Giovanni Paolo II rispose senza utilizzare né la rappresaglia, né la fuga, bensì con un gesto sereno e provocatorio che portò l’aggressore ad una nuova coscienza spirituale.
Cristo è certamente il nostro Re e siamo chiamati a unirci a Lui. Ci ha dato la sua vita affinché noi potessimo avere vita. Siamo chiamati a dare anche la nostra vita affinché i nostri fratelli e sorelle possano avere vita.
Molte volte risulta difficile comprendere la misericordia di Dio. Su questo tema, ricordiamo un’osservazione importante del nostro padre Fondatore:
Qui l’unica obiezione che si possa fare, parlando nell’ambito della dottrina, è che Cristo come Dio, invece di liberarci dal dolore per dimostrare la sua onnipotenza o la sua misericordia, ci rivela proprio il modo soprannaturale della sua onnipotenza e della sua misericordia. E lo fa elevando ad un ordine diverso, completamente nuovo, superiore a noi, quello che in noi è naturale e comporta una forma di gloria per il nostro essere nell’eternità. È quello che possiamo denominare la “nostra forma di eternità”, della quale Cristo, antropologicamente, è il modello, il grande teorico.
Che cosa ci direbbe Cristo se gli chiedessimo come è possibile che Egli, essendo onnipotente, permette il dolore umano? Ci direbbe quanto segue:
Posso fare due cose:
- a) Togliere quel dolore umano, considerando che, se non lo faccio, appaio immisericordioso nel campo razionale. Ma io non posso apparire immisericordioso.
- b) Elevare la vostra sofferenza ad un ordine diverso, soprannaturale, passando a fare parte di quella che sarà la forma della vostra eternità. Così non potrete più dirmi immisericordioso, ma la mia misericordia ha una caratteristica, una previsione verso di voi, e che voi non potete capire (L’umanesimo di Cristo).
Il Papa Giovanni Paolo II ci ricorda: La chiamata universale alla santità è intimamente unita alla chiamata universale alla missione. Ognuno dei fedeli è chiamato alla santità e alla missione. Non c’è vera santità al di fuori della missione di cercare il bene spirituale e materiale degli altri.
Pertanto, vediamo che la carità cristiana è più che fare azione sociale. Si tratta piuttosto di portare gli altri a Cristo. La parabola di oggi pone l’accento sul fatto che il servizio del cristiano non è semplicemente lavoro benefico, bensì un servizio al prossimo realizzato per un senso soprannaturale, che è per amore a Cristo che vive in ogni essere umano. Facendo il bene, ci viene chiesto di incontrare Cristo nel bisognoso e contemporaneamente avvicinare coloro che serviamo a Cristo. Questo esige che vediamo Cristo in essi. Questa è una caratteristica del Raccoglimento e della Quiete mistici.
Il Papa Francesco lo esprime chiaramente: Possiamo fare tutto il lavoro che vogliamo, possiamo costruire molte cose, ma se non proclamiamo Gesù Cristo, qualcosa manca. Ci trasformeremmo in una ONG compassionevole e non nella Chiesa che è la sposa di Cristo.
Il poeta francese Charles Péguy riflette mirabilmente sull’audacia della Misericordia divina:
Terribile amore, terribile carità,
Terribile speranza, responsabilità veramente terribile,
Il Creatore ha bisogno della sua creatura, si è messo davanti alla necessità della sua creatura.
Niente può fare senza di essa.
È un re che ha abdicato nelle mani di ognuno dei suoi sudditi
Semplicemente il potere supremo.
Dio ha bisogno di noi, Dio ha bisogno della sua creatura.
Effrayant amour, effrayante charité,
Effrayante espérance, responsabilité vraiment effrayante,
Le Créateur a besoin de sa créature, s’est mis à avoir besoin de sa créature.
Il ne peut rien faire sans elle.
C’est un roi qui aurait abdiqué aux mains de chacun de ses sujets
Simplement le pouvoir suprême. Dieu a besoin de nous, Dieu a besoin de sa créature.
Dio si mette nelle nostre mani, spera in noi. Siamo chiamati ad avere misericordia, perché si è avuta misericordia con noi nella persona di Gesù Cristo. Questo è il motivo per cui una persona pia (o molte di esse), diceva a Dio alla fine di un giorno lungo e faticoso: Dio mio: Non ti preoccupi di noi! Perché permetti le guerre, la fame, la malattia nel mondo? Perché non fai niente davanti a tutto questo? Dio lo guardò con tenerezza e gli disse: Ho già fatto qualcosa, figlio. Ti ho creato.
Dio non è visibile, ma noi si. Un esempio molto appropriato è uno dei molti aneddoti di Madre Teresa di Calcutta: Aveva riscattato un uomo dalla strada. Questo uomo osservò l’attenzione amorosa con cui Madre Teresa curava un moribondo che stava al suo fianco. Si rese conto di come puliva il poveruomo con tenerezza, sorridendogli nel frattempo. Il primo uomo, si volse verso Madre Teresa e le disse: Arrivai qui senza fede, col mio cuore pieno di odio, ma ora credo ed il mio cuore é in pace, perché ho visto l’amore di Dio in azione.
Notiamo che le parole di Cristo nel Vangelo di oggi sono: “Lo hai fatto A me”, e non “Lo hai fatto PER me“. Cristo si identifica specialmente con la persona bisognosa. Ogni volta che trascuriamo l’opportunità di aiutare un fratello, abbandoniamo lo stesso Cristo. I nostri peggiori peccati, le nostre mancanze più pericolose, sono quelle di omissione. Possiamo osservare perfettamente i dieci comandamenti e tuttavia cadere in ciò. La prossima volta che esaminiamo la nostra coscienza di fronte a Cristo, teniamone conto.
Solo un profondo amore a Cristo ci darà la visione spirituale per vedere in che misura quando facciamo qualcosa per il più piccolo di questi, lo facciamo per Cristo viceversa, se non lo facciamo, ci rifiutiamo di farlo a Cristo, perché egli si identifica con ogni essere umano, specialmente col povero e con colui che è solo. Questi si trovano non solo fuori dallei mura di casa nostra, ma anche più probabilmente tra i nostri fratelli.
Una volta di più, è salutare ricordare l’insistenza del Papa Francesco nella concrezione, molto in linea con quello che dice il nostro padre Fondatore sulla vita ascetica:
Per questo, sei sicuro che la seguente storia sia troppo semplicistica per te?:
Una donna sognò che Dio sarebbe andato da lei il giorno dopo. Allora, di mattina pulì la casa secondo coscienza, preparò un cibo squisito e si mise il suo miglior vestito. Dopo, arrivò una vicina a chiederle in prestito un pò di denaro, perché quello che le mandava suo marito dall’estero non le bastava per le necessità quotidiane. Ma ella non prestò attenzione alle difficoltà della vicina, perché la sua mente era occupata pensando all’importante visita. Un altro vicino le chiese di custodire suo figlio malato mentre egli andava a comprare medicine, ma lei respinse anche quella richiesta perché la sua mente era occupata pensando all’importante visita. Una terza amica arrivò a chiederle aiuto per risolvere un malinteso nella famiglia, ma neanche questa volta lei le fece caso perché la sua mente era occupata pensando all’importante visita. Nel frattempo, Gesù non arrivò alla casa della donna. Quando di nuovo le apparve in sogno, la donna gli domandò perché non aveva mantenuto la sua promessa. Cristo le rispose: Sono venuto a visitarti tre volte, ma tu mi hai respinto in tutte e tre le occasioni.
Mentre aspettiamo l’arrivo di Cristo, non ci sorprendiamo per le molte forme che ha di venire a noi …anche nelle situazioni e nelle persone più inaspettate.
La misericordia non è mai astratta. È una pratica dell’amore e, come tutte le pratiche, si concretizza facendo qualcosa a qualcuno …e sempre. Ha luogo nell’ombra, nelle periferie e nelle realtà mondane della vita quotidiana. Perfino nella sua discrezione, la misericordia è l’antidoto alla disperazione; è l’opera della speranza che è impossibile da spegnere.
La misericordia è una forma di vita che fluisce dal fianco perforato di Cristo. È una forma di vita che ci mette a disposizione degli altri. Praticando le opere corporali e spirituali di misericordia (che sono più di 14…), cancelliamo la pena che pesa sulla nostra anima a causa dei peccati: Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Celebrando la festività di Cristo Re, ricordiamo che anche noi, come missionari, condividiamo la leadership di Cristo. Realmente siamo contemporaneamente discepoli e maestri e in modi differenti. Siamo contemporaneamente pecore e pastori. Ognuno di noi serve in posti diversi. Il segreto della leadership sta nell’essere coscienti che siamo prima pecore e poi pastori. Dobbiamo vivere in uno stato costante di orazione e riflessione, offrendo i nostri atti, impotenza, pensieri e desideri, prima di poter essere buoni pastori. Devo conoscere l’Afflizione di Cristo ed i segni dello Spirito Santo che agisce nel mio prossimo, prima di poterlo avvicinare di più al nostro Padre Celestiale.