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Il mio diario di campeggio

Lì ho capito cos’è la libertà

Durante il campeggio della Gioventù Idente 2025, a Larniano (AR), una missionaria ha raccolto in un diario ciò che ha vissuto in prima persona.
Un racconto semplice, nato dall’ascolto e da ciò che accade quando si condivide davvero la vita. Lo pubblichiamo per camminare insieme, da pellegrini, con lo sguardo aperto.

Diario di una missionaria

Quest’anno la Gioventù Idente compie 50 anni e questo campeggio, iniziato a Larniano (AR) proprio il 6 luglio, giorno dell’anniversario della fondazione, è stato il regalo più bello della Provvidenza per tutti noi: bambini, professori e missionari.

Il Fondatore e il suo sogno di restaurare l’umanità ferita erano con noi, nello spirito che si è creato giorno dopo giorno e che ci ha avvolti con la sua potenza, rendendoci una cosa sola.

All’inizio ho visto tutti arrivare con le proprie riserve, con i propri pesi sulle spalle. C’era una fatica generale nell’entrare nella nuova società del campeggio. I primi giorni sono sempre così: di assestamento, di conoscenza, di abbassamento delle difese, ognuno alla ricerca del proprio posto.

Poi arriva l’Esame Genetico e c’è la svolta. Mai avrei creduto che un semplice atto come quello di condividere la propria vita con altri potesse dar vita a tutto ciò che ho visto nei giorni seguenti. L’Esame Genetico è il cuore della Gioventù Idente. È lì che avviene la vera restaurazione di sé stessi: quando mi fido di chi ho davanti e gli consegno le mie fragilità, i pensieri e le emozioni peggiori che porto dentro, scopro che cos’è la libertà. La libertà di amare perché sono stata amata. Perché qualcuno mi ha guardata nel punto peggiore e non mi ha giudicata, ma ha continuato a parlarmi, a volermi bene, a prendersi cura di me.

Così la piccola società dei campeggianti sorge, più forte che mai; lo spirito si sprigiona dai cuori presenti. Una società dell’amore, dove ci si muove per donarsi, per fare del bene, per divertirsi e far divertire. Bambini, ragazzi e adulti che si sentono liberi di essere sé stessi.

Dice il canto dell’Inno al Fuoco: “il sorriso nato senza fretta del ragazzo che è felice perché è pieno d’amore”.

È tutta una questione d’amore. Siamo esseri alla ricerca di amore. E poiché dove c’è amore lì c’è Dio, devo proprio dire che non ho mai incontrato il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo come in questo campeggio: una presenza viva, pigiata e traboccante, che si è riversata nei cuori di tutti e ci ha permesso di sentirci una cosa sola, tanto da non volercene più separare.

 – di Elisabetta Atza