di p. Luis Casasús, Superiore Generale dei missionari Identes New York, 22 settembre 2019, XXV Domenica Tempo ord.
Amos 8, 4-7; Prima Lettera Timoteo 2, 1-8; Luca 16, 1-13
È la domanda che, nel Nuovo Testamento, molte persone fanno a loro stesse. La moltitudine, i pubblicani ed i soldati si rivolgono a Giovanni Battista domandando: Che cosa dobbiamo fare? Il fattore ricco della parabola si fa la stessa domanda: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti? (Lc 12,17). Gli ascoltatori del discorso di Pietro il giorno di Pentecoste si dicevano tra loro: Fratelli, che cosa dobbiamo fare? È la domanda di chiunque si trovi di fronte ad una decisione decisiva nella sua vita, per il momento presente o per il resto della sua esistenza.
A volte, certe situazioni sfidanti paralizzano la nostra iniziativa; questo può essere causato dalla pigrizia, dalla paura, dalla mancanza di capacità analitica o dalla mancanza d’informazione… e, in ultima istanza, dalla mancanza di vera orazione.
Le perplessità nella scelta possono dare luogo a patologie come un’avversione alla presa di decisioni (questa si chiama apofasofobia). A volte cadiamo in risposte predeterminate dall’esperienza o da abitudini precedenti, o da modelli di comportamento che spostano o ritardano la scelta.
Ma la nostra vita, in particolare la nostra vita spirituale, è un tessuto di scelte. Scegliere implica respingere qualcosa, spesso ammettere che abbiamo bisogno di un cambiamento profondo nel nostro modo individuale di pensare e di prendere decisioni. In fin dei conti, un vero discepolo di Cristo dovrebbe riformulare qualunque domanda, così come già fanno molti cattolici e protestanti: Che cosa farebbe Cristo? ispirata alla celebre Imitatio Christi (L’imitazione di Cristo, Tommaso da Kempis, 1380-1471).
Una delle domande più pratiche nella nostra vita spirituale, tanto per i credenti come per i non credenti, è questa: Che cosa devo fare per salvarmi? in altre parole, Come posso vivere una vita piena… in questo stesso momento? Ovviamente, è una domanda a cui non possiamo rispondere solo con la nostra intelligenza o forza di volontà. Perfino se siamo stati fedeli a Dio nel nostro servizio, San Paolo ci ricorda che non c’è niente di cui vantarsi perché è Dio che ha lavorato in noi e attraverso di noi.
Solo attraverso la nostra purificazione unitiva possiamo farlo. Ovviamente, questo significa che dobbiamo cercare continuamente l’aiuto di Dio, per questo il Vangelo di oggi è tanto rilevante ed utile. La Seconda Lettura inizia con una supplica: Raccomando che si facciano a Dio domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini.
Che cosa c’insegna oggi Cristo con la sua parabola?
1. Non siamo proprietari, bensì amministratori. L’uomo è un pellegrino, vive come un estraneo in un mondo che non è il suo. È un vagabondo che attraversa il deserto. Possiede una gran quantità di terra, tanto quanto i suoi piedi ne pestano. Però, man mano che avanza, niente è suo.
Non siamo padroni ma amministratori dei beni di Dio. È un’affermazione ripetuta insistentemente dai Padri della Chiesa. San Basilio disse: Non sei un ladro, quando consideri tue le ricchezze di questo mondo, visto che le ricchezze ti sono date solo per essere amministrate?
Dobbiamo amministrare la nostra immaginazione, il tempo, la salute, i talenti, la grazia e il perdono che riceviamo, e perfino le nostre sofferenze e contrattempi.
Questo spiega perché la figura dell’amministratore appare spesso nelle parabole di Gesù. Ce n’è uno fedele e saggio (Mt 24, 25) che non agisce arbitrariamente, ma usa i beni che gli sono stati affidati secondo la volontà del proprietario. Ce n’è un altro che, in assenza del Signore, approfitta della sua posizione per farsi padrone e ubriacarsi e percuotere gli altri domestici (Lc 12, 42-48). C’è anche l’amministratore intraprendente, che ha il coraggio di rischiare ed ottiene guadagni dal capitale del maestro ed un altro che è fannullone e pigro. E poi c’è l’astuto amministratore del quale si parla nel Vangelo di oggi.
Dio mette un tesoro nelle mani di ogni persona. Lo crediamo? Spesso ci preoccupiamo troppo per noi stessi per renderci conto che potremmo soddisfare le necessità del nostro prossimo:
Raccontano di un saggio che un giorno
tanto povero e misero era,
che si sostentava solo
di alcune erbe che prendeva.
Ci sarà un altro, tra sé diceva,
più povero e triste di me?;
e quando il viso girò
trovò la risposta, vedendo
che un altro saggio andava raccogliendo
le erbe che egli buttava. (Calderon della Barca, Autore spagnolo, 1600-1681).
Con le parole di un bambino sudafricano, nato con l’AIDS che si trasformò in difensore dei bambini con quella malattia, prima di morire a 12 anni: Fa’ tutto quello che puoi, con quello che hai, nel tempo che hai, nel luogo dove sei.
Non dobbiamo sottovalutare l’impatto di una piccola azione. Pensa ad un momento della tua vita, quando qualcuno fece qualcosa obiettivamente piccolo, ti aiutò a completare un questionario, ti offrì una parola di sostegno, ti invitò ad una riunione, menzionò una opportunità… che ebbe grandi benefici per te. E, la cosa più importante, la risposta dello Spirito Santo è mostrare alla persona generose nuove forme, modi nuovi e più profondi di aiutare gli altri. Dio ci dà il suo Spirito Santo ed opererà meraviglie in noi e attraverso di noi.
2. Molti di noi, nella nostra vita secolare o professionale, ce la caviamo molto bene, ma perché allora non usiamo sempre i talenti e le risorse date da Dio per servire gli altri e per proclamare il Vangelo? Gesù segnala che i figli di questo mondo sono più astuti dei figli della luce, nel trattare con i loro compagni. Questo è quello che Cristo loda.
Sicuramente non usiamo tutte le nostre risorse, tutta la nostra esperienza e tutta la grazia che riceviamo per diffondere il Vangelo. Ci vediamo riflessi in queste parole di Cristo: Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? (Lc 12, 56). Noi, come l’amministratore disonesto, abbiamo il necessario per sapere che cosa dobbiamo fare ora per il regno. Egli non chiese l’opinione di nessuno perché conosceva già tutti i trucchi del mestiere. Capì da se stesso quale fosse la scelta corretta ed immediatamente entrò in azione.
Un esempio innocente di come i figli di questo mondo sono buoni imprenditori è quello di un impiegato di un negozio che batté tutti i record di vendite. Senza essere presuntuoso, modestamente, spiegò al suo capo: Entrò un cliente e gli vendetti alcuni ami. Quindi gli dissi: “Avrai bisogno di una canna per quegli ami”, e gliene vendetti una. Quindi aggiunsi: “Hai bisogno di una scialuppa gonfiabile per andare con la canna”, e gliene vendetti una. Quindi gli dissi: “Avrai bisogno di un rimorchio da barca” e si convinse anche di quello. Infine, dissi: “Come porti il rimorchio senza un’auto? e sa che cosa fece? Comprò la mia auto”. Ed il capo disse: “Ma io ti ho assegnato al reparto dei biglietti di auguri”. “E’ vero”, assentì il venditore. “Quel cliente era venuto a comprare un biglietto di auguri per la sua fidanzata che si era rotta l’anca. Dopo averlo ascoltato, gli dissi: “Non hai niente da fare per sei settimane, penso che dovresti andare a pescare”.
Ovviamente, Gesù non ci incoraggia ad imitare le azioni disoneste dell’astuto amministratore, bensì a reagire, cambiando la nostra vita già fin da ora, subito, con un senso di urgenza; il Regno è qui e dobbiamo agire di conseguenza.
Questa è la saggia scelta che Gesù c’invita a fare, e ci assicura il successo di quell’operazione: le persone beneficate in questa vita saranno sempre al nostro fianco e daranno testimonianza a nostro favore il giorno in cui il denaro non avrà più valore.
L’amministratore era intelligente perché sapeva su cosa scommettere: non sui beni, su quello a cui aveva diritto, che potevano marcire o essere rubati, bensì sugli amici. Seppe rinunciare ai primi per conquistare i secondi. Non c’è regalo più grande dell’amore di una persona, sia divina che umana.
Posso dire che io uso tutti i mezzi per il servizio del Vangelo e dei miei simili? Mi sono donato disinteressatamente agli altri affinché Dio sia glorificato? O semplicemente ho servito me stesso e alcuni esseri cari ai quali sono affezionato? Quando ci preoccupiamo solo per loro, ci preoccupiamo per noi stessi perché la nostra felicità dipende dalla loro.
Come fece l’amministratore a trovare istantaneamente degli amici? Visitò i debitori del suo maestro uno ad uno e ridusse i loro debiti (un modo sicuro di guadagnare amici ed influire sulle persone, perfino oggi). Per loro, ovviamente, si trasformò immediatamente in un buon tipo. Perfino il suo capo a cui aveva rubato, rimase impressionato dall’amministratore per avere egli agito con astuzia.
3. Come discepoli missionari, possiamo imparare dal maggiordomo infedele a trattare gli altri. Sebbene sia un peccatore che protegge solo i suoi interessi, egli ci offre un comportamento che noi discepoli possiamo emulare. Invece di essere vittima delle circostanze, trasforma una cattiva situazione in un’altra che beneficia lui e gli altri. Riducendo i debiti degli altri, crea nuove relazioni, basate non sul trattamento verticale tra usurai e debitori, bensì in relazioni reciproche ed ugualitarie di amici.
Fu astuto perché approfittò dell’opportunità mentre aveva ancora tempo per agire. Interpretò i segni: i suoi giorni erano contati. Stavano per licenziarlo. Cosicché rapidamente entrò in azione, usando la sua autorità mentre ancora aveva tempo, per mettersi dalla parte dei debitori del suo padrone.
Quello che Cristo vuole che capiamo è che l’unica forma intelligente di usare i beni di questo mondo è farlo aiutando gli altri, per farli amici. Ovviamente, il modo più perfetto di aiutare il nostro prossimo è avvicinarlo a Dio, anche se dobbiamo farlo con la pedagogia di Cristo.
In molte occasioni, vediamo San Paolo utilizzare il tatto, la diplomazia e la gentilezza per conquistare i suoi ascoltatori. Così, disse: Fratelli miei, sono anch’io convinto, per quel che vi riguarda, che voi pure siete pieni di bontà, colmi di ogni conoscenza e capaci di correggervi l’un l’altro (Rm 15, 14). Nella Seconda Lettura di oggi, chiede a Timoteo e tutta la Chiesa l’aiuto della loro orazione. Facendolo, fece di essi i suoi amici. Sapeva che, rimproverando, riprendendo o umiliando gli altri avrebbe provocato solo la loro ira, risentimento e resistenza.
Alcuni di noi, invece di essere compassionevoli, gentili e positivi con le persone che dobbiamo curare, tendiamo ad essere autoritari, esigenti e, spesso, scoraggianti e negativi verso di loro. Come l’amministratore disonesto, dobbiamo usare le abilità di questo mondo per trasmettere il messaggio, specialmente in situazioni difficili. Il mezzo è tanto importante come il contenuto. La verità deve essere presentata sempre per amore e con amore se vogliamo che sia ascoltata. Gridare, rimproverare ed incolpare non ci porterà molto lontano. Così infondiamo solo paura e la paura distrugge ogni creatività ed ingegno. Permettetemi di illustrare l’atteggiamento opposto con un esempio reale.
Il popolo yoruba, dell’Africa occidentale, ha un modo particolare di trattare le persone che deviano dalle norme sociali della comunità. Quando prendono un delinquente, lo portano di mattina presto in una capanna, generalmente nel centro del villaggio. Gli si chiede di rimanere lì fino al tramonto. Ogni membro della comunità di ritorno dai suoi campi va ad incontrare il delinquente. Invece di dirgli quanto terribile sia stata la sua azione, ogni persona pensa ad un’occasione concreta nella quale il delinquente si comportò positivamente ed esprime la soddisfazione personale ottenuta da quell’esperienza. E finisce dicendo: Voglio ringraziarti per l’impatto positivo che hai avuto nella mia vita in quel momento, e so che sei capace di fare in modo che molte più persone sperimentino l’allegria e la soddisfazione che ho sperimentato quando lo hai fatto per me. Questo metodo non è usato per negare che si è commesso un delitto né che esiste il rischio che si torni a commetterlo. Ma rinforza il carattere ed i valori di cui, come crediamo, tutti siamo dotati.