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Vangelo e riflessione

Cammina quaranta giorni e quaranta notti

By 12 Agosto, 2018No Comments
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1. Desiderio di controllare. Una delle nostre grandi difficoltà morali è il desiderio di avere un controllo completo sulla nostra vita e sulla vita degli altri. Questo controllo include l’ambizione di comprendere tutto quello che ci circonda, tutti gli eventi della nostra vita. È per questo motivo che gli ebrei mormoravano su di Lui perché aveva detto: “Io sono il pane disceso dal cielo”. E dicevano: “Non è costui Gesù, il figlio di Giuseppe?”.
Il desiderio di una persona di avere controllo su un’altra persona è la ragione principale della violenza domestica e della violenza nella coppie, del bullismo, dell’invidia e degli abusi dei superiori, dei leader e delle autorità. Le mormorazioni ed anche molte forme di disobbedienza hanno la loro radice in questo desiderio di controllo che oggi si vede accentuato a causa di un individualismo crescente. È una reazione che si dà quando ci sentiamo insicuri: di noi stessi, in una relazione, dopo una perdita o un abbandono…. Cerchiamo di controllare gli altri e creare un mondo che ci sembri più sicuro.

Questo desiderio di controllo ci porta a situazioni illogiche ed assurde. C’era una volta un scalpellino che era stanco e scontento del suo lavoro. Una mattina, mentre intagliava pietre, vide passare il re. Egli pregò Dio: Signore, per favore fammi diventare re perché sono stanco di essere un tagliatore di pietre. Sembra buono essere re. Il Signore lo fece istantaneamente re. Quando era già re, un giorno andava per la strada, e sentì che il Sole era troppo forte. perché sudava profusamente. Disse a Dio: Sembra che il Sole sia più potente del re. Mi piacerebbe essere il Sole. All’istante, il Signore lo trasformò nel Sole.

Mentre una mattina stava brillando, scoprì che le nuvole bloccavano la sua luce come Sole, e pensò: Sembra che le nuvole siano migliori del Sole perché possono ostruire la mia luce. Allora disse: Voglio essere nuvola. E si trasformò in nuvola. Più tardi, si trasformò in pioggia che si sparse sulla terra causando un diluvio. Allora disse: Ora sono molto potente. Ma trovò una grande roccia che bloccò la sua corrente. Disse a se stesso: Sembra che la pietra sia più potente di me. Voglio essere questa pietra. Fu così che si trasformò in pietra. Una mattina, uno scalpellino cominciò a tagliarlo in pezzi più piccoli. E disse: Sembra che lo scalpellino sia più potente di me. Voglio essere scalpellino. Allora istantaneamente si trasformò in quello che originalmente era.

Non abbiamo controllo sul nostro desiderio di controllo, non può essere distrutto. Con l’aiuto indispensabile dell’orazione, possiamo scegliere se seguire o no questo desiderio. Questo è precisamente quello che chiamiamo digiuno delle passioni. Ed il nostro desiderio di controllo è uno delle passioni più terribili per due ragioni: In primo luogo, nasce dal nostro attaccamento all’ego e, in secondo luogo, perché ha conseguenze immediate e negative per il nostro prossimo.

* Il digiuno non è qualcosa di facoltativo. È parte della nostra oblazione, un’opportunità per la nostra offerta; digiunerò:
– per le persone che ho ferito e quelle che mi hanno ferito, affinché tutti possiamo essere guariti.
– per tutte quelli persone che mi hanno perdonato e la cui fiducia in me mi ha permesso di crescere.
– per quelle persone che non hanno mai ricevuto da me una testimonianza dell’amore di Dio.

* Il digiuno non è qualcosa di individualistico: il digiuno e l’orazione formano una squadra e sono armi estremamente potenti per aiutare realmente la conversione dei nostri simili: “… I discepoli domandarono: «Perché noi non abbiamo potuto scacciarlo?». Ed egli disse loro: «Questa specie di demoni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera e il digiuno»” (Mc 9, 27-29). Sono davvero complementari: la preghiera significa il dialogo con le persone divine ed il digiuno la rinuncia al dialogo con le passioni. Lo crediamo? O piuttosto ci fidiamo della nostra buona volontà ed esperienza apostolica?

Se non digiuno dalle mie passioni e mi permetto di dialogare con esse (sulle conseguenze, sulla maggiore o minore importanza della mia auto-indulgenza, etc.) allora sto rubando qualcosa che appartiene al mio prossimo: l’oblazione che io dovrei stare offrendo per lui.

Ricordo il caso di un giovane di buona volontà che riconobbe che aveva solamente una difficoltà: i suoi sguardi lussuriosi verso alcune donne. Parliamo dell’incompatibilità tra la sua “piccola debolezza” e l’essere un apostolo. Fece sforzi onesti per digiunare a partire da questo e posso dire che la sua vita spirituale ed apostolica cambiò visibilmente. Mi diede una gran lezione; io conoscevo la teoria, ma egli la mise in pratica. Non solo era interessato nel voler sapere di più, ma era anche docile ed umile nell’imparare.

2. La lezione di Elia, Paolo e Giacomo. Curiosamente, nella Prima Lettura, Dio chiede ad Elia che mangi, non che si privi del cibo… tutto il contrario: Mangia e bevi bene! Elia si lamentava e desiderava perfino di essere morto. Non aveva controllo sulla sua vita perché i suoi nemici lo spiavano e lo perseguivano per togliergli la vita. Noi affrontiamo le stesse difficoltà: ad alcune persone non piacerà il modo in cui lavoriamo, per essi saremo sempre troppo rapidi o troppo lenti; nella loro opinione, parliamo troppo o mai quanto basta; riceviamo accuse false, ingratitudine e critiche distruttive. A volte, tutto il lavoro ricade su di noi e nessuno ci aiuta; in altre occasioni, sperimentiamo le limitazioni dell’età avanzata. Se in qualche modo abbiamo successo, è meglio che ci prepariamo per combattere con la gelosia ed ogni tipo di invidia. In queste situazioni, non è certo che pensiamo in qualche modo di tirare l’asciugamano (cioè di arrenderci)?

L’atteggiamento di Elia fu esemplare, ma non perfetto. Chiese a Dio di prendere la sua vita, mise la sua vita nelle mani di Dio, ma gli chiese semplicemente di mettere fine alla sua vita. La risposta di Dio, come succede sempre, fu sorprendente e potente: diede ad Elia l’alimento necessario per camminare quaranta giorni e quaranta notti fino alla montagna di Dio. Sappiamo bene che il pane simboleggia la presenza, la parola e la forza di Dio. Yahvé gli diede una missione precisa ed unica, solo per lui, solo per quel momento. Realmente Dio prese la vita di Elia… per qualcosa di grandioso e completamente inaspettato in quel momento critico. Questo episodio dell’Antico Testamento annuncia quello che Gesù confermò poi con parole e fatti: Non viviamo di solo pane, bensì di ogni parola che esce dalla bocca di Dio.

E questo è un altro aspetto importante dell’Aspirazione mistica (parlavamo dell’Aspirazione la domenica scorsa): pensate ad un uragano, un aspirapolvere o un mulinello nell’oceano… sono esempi di una forza attraente irresistibile quasi impossibile da superare. Nella nostra vita spirituale, questo è strettamente relazionato con l’Afflizione. Immagina di essere realmente affamato e ti disponi a mangiare il tuo piatto di carne preferito. Improvvisamente, ti rendi conto che ci sono 20 persone intorno a te, guardandoti con occhi ansiosi perché tutti sono stati quasi morendo di fame nelle ultime tre settimane. A meno che tu non sia emozionalmente turbato, non puoi resistere; in qualche modo condividerai il tuo cibo e la tua necessità di mangiare passerà in secondo piano, ora sei animato e condividi la più forte compassione, l’Afflizione delle persone divine.

Questo è quello che successe ad Elia, e quello che Cristo ci dice oggi: Hai più fortuna dei tuoi antenati che mangiarono la manna nel deserto, ma morirono; Questo è il pane disceso dal cielo, e chi lo mangia vivrà in eterno.
Egli dice nel testo del Vangelo di oggi: Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Il Padre ci avvicina a Gesù affinché la sua parola dia forma alle nostre vite e possiamo servire il nostro prossimo come accompagnatori durante il tragitto, come compagni pellegrini.
Pulire la casa, andare a fare la spesa, studiare, scrivere, predicare bene o essere eccellenti lavoratori sono attività lodevoli (ed obbligatorie). Ma possono trasformarsi facilmente nelle nostre zone di comodità, impedendoci di essere veri compagni spirituali dei nostri vicini. Ricordiamo, compagno = “uno che divide il pane con un altro” (in Latino com ‘insieme a’ + panis ‘pane’). Se sono docile allo Spirito Santo, Egli mi dirà dove si nasconde la generosità più profonda del mio prossimo. Egli viene ad illuminarci con saggezza per vedere i tesori più profondi dei nostri simili. I contemporanei di Gesù mantennero una distanza con lui e mormorarono su di lui. Nessuno si lamenterebbe mai contro un “compagno”, qualcuno con cui condivide pane, compiti e sofferenza.

La maggioranza di noi cerca di portare gli altri alla fede attraverso la ragione: È bene per te assistere alla messa, devi pregare di più, devi meditare il Vangelo… le ragioni sono importanti perché la nostra fede non è irrazionale o capricciosa. Ma ricorrere alla generosità nascosta, ai talenti delle persone, al cuore, ha più effetto di ricorrere solo alla ragione. Questo è un tratto del vero apostolo. Abbiamo celebrato recentemente la festa di S. Giacomo e ricordiamo come seguì i passi di Gesù ed immediatamente cercò la compagnia di collaboratori vicini, Atanasio e Teodoro. Si sentirono chiamati ad aiutare Giacomo perché egli non conosceva le abitudini, credenze, abitudini, delle tribù della Galizia e l’apostolo non dubitò di chieder loro aiuto.

Questo è molto visibile anche nella preoccupazione di San Paolo sulla chiesa di Efeso. Non sta parlando agli attivi e laboriosi efesini di qualche nuova impresa, ma li sta incoraggiando ad approfittare di un’opportunità unica per quella comunità multiculturale e varia: dimostrare che l’unità è possibile con (e solo con) la nostra apertura all’amore di Cristo. Permettetemi di concludere ritornando al tema dell’Afflizione. San Paolo ci dice oggi che non dobbiamo rattristare lo Spirito Santo di Dio, col quale fummo segnati per il giorno della redenzione. Sì, condividiamo la sofferenza di Dio e possiamo trasformarla, aumentarla o diminuirla… che privilegio e che miracolo! Questo si deve al fatto che “siamo stati segnati”, siamo stati segnati a fuoco, come il bestiame, e sappiamo di appartenere a Dio, Egli è più vicino a noi di quello che pensiamo e non possiamo negare il fatto neppure con le nostre azioni più insensate ed irresponsabili. Quelle gioiose stigmate spirituali nel nostro essere non possono essere eliminate. Siamo disposti ad approfittare di questo onore?

Consiglio per approfittare al massimo della Santa Messa
2. E con il tuo spirito. Questa è la risposta a il Signore sia con voi. Pensiamo al modo in cui si usa qui la parola ‘spirito’. Significa tutto il nostro essere. Riassume tutto quello che ci fa veramente umani. Fatti ad immagine di Dio, siamo creature con uno spirito, con un soma ed una psiche. Questa frase, sia in greco che in latino, non era usuale per il mondo antico. Appare solo negli scritti cristiani. Fa parte dei saluti alla fine di alcune delle epistole paoline: Il Signor Gesù Cristo sia col tuo spirito. La grazia sia con voi (2 Tim 4:22).
Stiamo rispondendo al sacerdote: In realtà, riconosciamo la grazia, la presenza e lo Spirito di Cristo nel tuo spirito.
Con queste parole riconosciamo l’attività dello Spirito attraverso il celebrante durante la Sacra Liturgia. Ci riferiamo allo “spirito” del sacerdote, il centro stesso del suo essere, dove è stato ordinato per offrire il sacrificio della Messa. Riconosciamo che, dato che Dio agisce attraverso il sacerdote che sta offrendo la Messa, in ultima istanza è Gesù Cristo che presiede la comunità riunita per la Liturgia, ed è il suo Spirito il principale attore nella Liturgia, indipendentemente da chi sia il sacerdote che celebra la Messa.