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Vangelo e riflessione

Avete qualcosa da mangiare?

By 14 Aprile, 2018Aprile 21st, 2018No Comments
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di p. Luis Casasús, Superiore Generale dei Missionari Identes
Commento al Vangelo dell’15-04- 2018 Terza Domenica di Pasqua , New York. (Atti Apostoli 3, 13-15.17-19; 1° Lettera Giovanni 2, 1-5a; Luca 24, 35-48)

La nostra tendenza è cercare Cristo nelle cose straordinarie, in ciò che è  spettacolare, in ciò che è impressionante. Nel famoso film, quando Superman rivela per la prima volta al mondo i suoi super-poteri, una signora sta penzolando da un cavo, nella parte alta di un grattacielo, gridando con tutte le sue forze. Giusto quando comincia la sua lunga caduta a terra, appare Superman con la sua inconfondibile tenuta e si lancia in picchiata per prenderla al volo in aria.  Non si preoccupi, giovane – la rassicura – l’ho presa. Proprio in quel momento l’elicottero che era posato sul bordo dell’edificio comincia a cadere direttamente verso di loro e la folla che sta sotto. Ma Superman semplicemente l’afferra col suo braccio libero e delicatamente posa la signora e l’elicottero in modo sicuro sulla piattaforma di atterraggio. Quando sta per partire, la signora, attonita, domanda: Chi sei? Un amico, risponde affettuosamente Superman, e subito sale nell’aria facendo una specie di mezza rovesciata.

Questo è il modo in cui a volte ci piacerebbe che Cristo venisse a noi. Al contrario, il Vangelo ci racconta oggi una storia nella quale Cristo si rivela come ha fatto sempre. Come fa? Possiamo comprenderlo a partire dal Nuovo Testamento, dall’esperienza dei santi e dalla nostra esperienza.

  1. Questo può avere luogo sotto l’apparenza esterna di una persona che apparentemente non ha niente a che vedere con la nostra missione, la nostra vita spirituale o i nostri piani: Un pellegrino (il Vangelo di oggi), un giardiniere (che Maria Maddalena credeva avere visto), un compagno di lavoro, un compagno di classe o una persona qualsiasi in un giorno qualunque della nostra vita. Presto o tardi, ci renderemo conto che era Lui. A volte, come nell’incontro di Emmaus, questo succede quasi immediatamente, ma, nella maggioranza dei casi, siamo ciechi e non comprendiamo l’importanza del momento e le conseguenze delle nostre decisioni. Il giusto mai ricorderà di averlo visto in una situazione disperata: affamato, assetato, come straniero, nudo, malato, incarcerato. Ovviamente, questo è l’aspetto che ora ci interessa di più: realizzando questo umile servizio a persone umili, partecipando ad atti che probabilmente dimenticheremo e a cui non daremo importanza, stiamo realmente facendo un lavoro per il Regno dei cieli, dando onore e gloria a Gesù.

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  1. Dio risveglia la nostra sensibilità e cambia la nostra visione degli avvenimenti quotidiani, delle parole del Nuovo Testamento e della vita dei nostri simili. Nella nostra mente, ha luogo questo Raccoglimento Mistico, un raccolto sempre nuovo nel deserto della nostra routine, della nostra sofferenza.

Cleofa ed il discepolo che l’accompagnava, erano scoraggiati e delusi e perciò non potevano comprendere quello che stava succedendo loro. Ma, improvvisamente, ogni cosa ebbe senso. Gesù, come Maestro sperimentato, che in questa occasione ci ricorda Socrate, fa uso della visione distorta e limitata dei discepoli, per portarli gradualmente a vedere la vera prospettiva delle loro vite e degli avvenimenti della Passione. Li conduce ad una comprensione più profonda del mistero pasquale e della loro vocazione più elevata in questa vita; come ascoltiamo oggi: Allora aprì loro la mente per capire le Scritture. 

Di fatto, questa trasformazione della nostra intelligenza è qualcosa di permanente, tranquillo e discreto. Per questo motivo il nostro Padre Fondatore lo chiama Canone (= norma, regola) e per questo attribuiamo allo Spirito Santo la missione di scolpire e modellare la nostra anima con la pazienza della brezza: Il vento soffia dove vuole, e tu ne odi il rumore, ma non sai né da dove viene né dove va; così è di chiunque è nato dallo Spirito (Gv 3, 8).

Possiamo approfittare di qualunque evento dentro e fuori di noi per fortificare la nostra fede, purché siamo disposti ad ammettere che lo Spirito Santo sta compiendo la sua missione in modo permanente… e noi compiamo la condizione essenziale, di conoscere la volontà di Dio non solo in forma intellettuale: la forma in cui possiamo essere sicuri che lo conosciamo è custodire i suoi comandamenti, i comandamenti minori che sussurra al nostro orecchio. Chi dice: «Io l’ho conosciuto», e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e la verità non è in lui; ma chi osserva la sua parola, in lui l’amore di Dio è veramente completo. Da questo conosciamo che siamo in lui (Seconda Lettura).

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  1. Cristo ci dona sempre la sua pace. E quella sua pace non significa che staremo sempre saltando con allegria. La pace di Cristo significa: Io sono qui e starò con voi sempre. Questo è quello che Egli disse ai discepoli quando erano afflitti e dubbiosi. Ed è per questo motivo che ci salutiamo nella Sacra Eucaristia dicendo La pace sia con te. Questo è un promemoria della presenza di Cristo nelle nostre vite, nei momenti allegri, difficili o “normali”: Dio non è un Dio di confusione bensì un Dio di pace (1Cor 14, 33). Una volta di più, questa pace è un dono, manifestato in primo luogo nella nostra volontà con la Quiete Mistica che è estremamente stimolante. È un preludio della nostra unione intima con Dio; quando odoriamo un buon aroma di un cibo squisito, ci sentiamo fortemente attratti e siamo portati ad avvicinarci al saporito piatto, alle cose di Dio, per trasformarci nei suoi strumenti di cura e di grazia.

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  1. Gesù sparì silenziosamente dalla vista dei due apostoli quando comprese che erano pronti per cominciare la loro missione. Anche quando gli altri discepoli si allarmarono e rimasero terrorizzati e pensarono che stavano vedendo un fantasma, Egli permise loro di vedere che potevano già fare qualcosa per gli altri: . Avete qualcosa da mangiare? Questo è solo un esempio di come la nostra estasi, la nostra capacità di uscire da noi stessi, può essere educata, migliorata e perfezionata. E questo è portato a termine principalmente dallo Spirito Santo attraverso i suoi doni spirituali.

Ogni volta che vinciamo le nostre paure, ci troviamo con Cristo Risorto, perché sappiamo bene che non è alla nostra portata vincere le nostre debolezze, ma lo facciamo solo per Cristo ed il Suo Spirito in noi. Quando l’anima è ferita, la mente e la volontà sono in disaccordo, agendo l’una contro l’altra. La nostra mente crede che un’azione è buona, ma la nostra volontà ci trascina ad un’altra: sappiamo che dobbiamo essere pazienti con tutti, ma rimaniamo senza forza di volontà e malediciamo il povero conduttore che si dimentica di segnalare che fa un giro senza avvisare.

Quando cresciamo in generosità verso gli altri, diventiamo sempre di più come Dio. Come conseguenza, ci identifichiamo veramente col nostro prossimo. È per questo che Gesù disse ai discepoli che avrebbero ricevuto la ricompensa dell’unione con una famiglia più grande, quello che in realtà è il dono di pietà. Con le parole di Papa Francesco: Il dono di pietà ci fa crescere nella nostra relazione e comunione con Dio e ci porta a vivere come figli suoi; contemporaneamente, ci aiuta a spargere questo amore anche negli altri e a riconoscerli come fratelli. Pertanto, il frutto dell’estasi è sempre l’unità e la comunione: E chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi a causa del mio nome, ne riceverà cento volte tanto, ed erediterà la vita eterna (Mt 19, 29).

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Dopo il nostro incontro intimo con Cristo Risorto, naturalmente, (e soprannaturalmente) sentiamo la necessità di condividere la Buona Notizia. Non dobbiamo e non siamo capaci di conservarlo per noi, perché la conversione ed il perdono risultanti da questo incontro sono davvero essenziali: il peccato non è tanto fare cose scorrette, ma, innanzitutto, il peccato significa la separazione tra Dio e l’uomo ed anche tra persona e persona, qualcosa che non possiamo sopportare per molto tempo, perché contrasta con la nostra natura.

Per questa ragione, quando finisce la Messa, il sacerdote dice: Potete andare in pace, cioè, siamo testimoni, come lo fecero gli apostoli, annunciando con le nostre vite la presenza di Dio in mezzo a noi. Di fatto, la parola Messa proviene dal verbo latino mittere che significa inviare; tutti siamo inviati, in modi diversi, ad una missione comune, per annunciare o vivere la presenza e l’opera di Cristo nelle nostre vite. Come era stato indicato prima, questa è la pace di Cristo.

Quando siamo realmente guariti, quando realmente sentiamo che la nostra vita comincia ad essere differente, abbiamo il desiderio di condividere questo incontro con gli altri. Forse tu ed io possiamo identificarci col protagonista della seguente storia:

Un missionario viveva in un paese che aveva un accesso controllato. Per molti anni, il governo di questo paese aveva insegnato alla gente che non esisteva nessun Dio. Il missionario ebbe l’opportunità di parlare regolarmente con un non credente di quel paese che era un professionista altamente educato. Dopo avere sviluppato un’amicizia con questa persona, il missionario ebbe l’opportunità di condividere il Vangelo con lui. Il missionario rimase sorpreso dalla risposta di quell’uomo: Quello che mi dici non può essere certo. Se fosse certo, è una notizia tanto buona che qualcun altro me l’avrebbe detta molto prima. 

Al contrario, quando abbiamo un incontro profondo con Gesù Cristo, niente può fermarci. Le nostre vite si trasformano ed abbiamo un profondo desiderio di annunciare Gesù come la Buona Notizia, il vero Salvatore di tutta l’umanità. Essere apostolo non è solo un obbligo, semplicemente non possiamo promettere di smettere di proclamare quello che abbiamo visto e sentito. 

Venerdì scorso abbiamo letto la storia di come Gesù chiama Simone ed Andrea per farne pescatori di uomini. La pesca miracolosa è un simbolo dei frutti inaspettati ed abbondanti dei nostri umili sforzi. Quando vedremo come si risvegliano la compassione e la generosità dei nostri simili, esclameremo con gli apostoli: È il Signore! La nostra orazione, parola e servizio sono strumenti inseparabili, capaci di produrre il miracolo della conversione se ascoltiamo accuratamente il suo consiglio: Gettate la rete dall’altro lato della barca. 

Di più ancora, se non condividiamo la nostra esperienza spirituale con altri, con la nostra comunità più vicina o nella Sacra Eucaristia, cominceremo a dubitare ed a domandarci se vale la pena continuare la nostra lotta. E quello che è anche più importante, oltre il fattore psicologico ed emozionale, Gesù manterrà la sua promessa e starà tra noi, anche quando non lo vediamo.

Questo ci aiuta a comprendere il valore del nostro Esame Ascetico-mistico ed il fatto che nessuno può camminare solo. È più facile dirlo che farlo, ma dobbiamo incoraggiare tutte le persone a trovare una comunità ed una direzione spirituale, qualcosa che non tutti oggi capiscono. Ma gli effetti della sua presenza in mezzo a noi sono sufficientemente chiari: le nostre esperienze sono convalidate e confermate, e ci trasformiamo in suoi testimoni perché stiamo condividendo ciò che abbiamo di più prezioso: la Sua vita.