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Vangelo e riflessione

Un’autostrada per il cielo | Vangelo del giorno, 2 giugno

By 29 Maggio, 2024No Comments
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Vangelo secondo San Marco 14,12-16.22-26:

Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».

Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.

Un’autostrada per il cielo

Luis CASASUS Presidente delle Missionarie e dei Missionari Identes

Roma, 2 giugno 2024 | Corpus Christi

Esodo 24, 3-8; Ebrei 9, 11-15; Marco 14, 12-16.22-26

 Nel Vangelo di oggi, Cristo offre il maggiore segno d’amore ai suoi discepoli, invitandoli a mangiare il suo corpo e a bere il suo sangue. Naturalmente, non chiedeva di essere mangiato come se i suoi seguaci fossero antropofagi. Allora era qualcosa di semplicemente simbolico? forse una forma poetica di parlare?

Niente di tutto ciò; è un patto, un’alleanza che, in poche parole, significa: Se fate questo gesto semplice in memoria mia, io risponderò rimanendo con voi. La sua intenzione essenziale NON è che i discepoli comprendano questo gesto, ma che lo pratichino. Questo spiega perché non dà maggiori spiegazioni a quelli che gli dicono “questo è troppo duro” e, ancora di più, invita i discepoli ad andarsene, se questo sembra loro inadeguato o insensato.

In questo senso, la risposta di Pietro è ispirata, geniale e molto intelligente, perché, anche senza comprendere tutto, capisce che Cristo è l’unica possibilità di una vita in pienezza e in libertà: Signore dove andremo, solo tu hai parole di vita eterna. 

Come tanti temi nella sequela di Cristo, si tratta di un problema di fede. Crediamo in Lui fino ad un certo punto. Quando la sua proposta si scontra con la mia piccola esperienza o con la mia opinione di quello che è veramente prezioso… o la mia obbedienza finisce o mi limito ad un compimento privo di passione, come i cristiani che ricevono l’Eucarestia e tornano al loro posto a contemplare le orecchie di chi è seduto davanti a loro. Questa mancanza di fede produce un’autentica dissonanza unitiva: ci uniamo a Cristo Sacramentato in modo  incompleto, superficiale. Realmente, non è lo stesso modo  di agire, né la stessa attenzione che abbiamo con un amico che viene a visitarci a casa.

Non mancano i casi opposti, di chi sfrutta Cristo per avere con Lui  un dialogo “da cuore a cuore”, come ha detto Papa Francesco. Si tratta di condividere, specialmente in quei momenti, le maggiori preoccupazioni, i sentimenti che ha Dio, come realtà trinitaria e familiare. Questo dialogo ha sempre conseguenze che cambiano la nostra vita. Normalmente avviene in modo intimo e segreto, ma, a volte, Dio decide che sia con segni visibili per tutti, per cui tutti possiamo sentirci confermati con la promessa di Cristo di accompagnarci fino alla fine dei tempi.

Questo fu il caso di Marthe Robin. Ella nacque in Francia nel 1902, a 2 anni soffrì una grave malattia ed ai 28 rimase completamente paralitica. Ma la sua fede in Dio, la sua devozione alla Santissima Madre, rimasero forti come sempre. Il suo dolore non indebolì mai la sua fede. Tuttavia, a 28 anni non poteva mangiare, né bere a causa della sua malattia. Il suo unico sostentamento era l’ostia consacrata, la Sacra Eucaristia. E così sarebbe stata tutta la sua vita, per 51 anni, senza cibo, senza acqua; solo l’ostia consacrata. Nel novembre del 2014,  Papa Francesco dichiarò Marthe “venerabile“, ad un passo dalla proclamazione della sua santità, manifestata nei suoi sforzi per aiutare la famiglia in mezzo alla sua estrema debolezza, nel ricevere numerose persone per confortarle e nel suo intervento nella fondazione di una famiglia religiosa, oggi estesa nel mondo.

Questo è solo un esempio. Ci sono molti altri miracoli in tutto il mondo che ci dicono che questa ostia consacrata, presente in tutte le chiese cattoliche del mondo, è la presenza reale di Gesù. Con le parole del giovanissimo beato Carlo Acutis (1991-2006) che sarà canonizzato tra breve, l’Eucaristia è veramente la nostra autostrada per il cielo.

Ma la cosa più importante sono i miracoli intimi che l’Eucaristia continua e continuerà a produrre. L’iniziativa di donare il suo Corpo ed il suo Sangue è di Dio, ma lo è anche la sua decisione su come e quando saremo trasformati da questo alimento. Molti di noi non sono pienamente coscienti degli effetti di questo sacramento, sicuramente perché abbiamo pregiudizi o aspettative – quasi superstiziose – di come dovrebbe agire la grazia.

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Non è la stessa cosa trovare un tesoro che riceverlo da una persona. Non è la stessa cosa rallegrarsi col ritrovamento che poter ringraziare e corrispondere a chi ci fa un regalo.

Un esperto cacciatore di una tribù africana cacciò due tacchini selvaggi. Nel suo viaggio di ritorno a casa ebbe l’impressione di essere seguito; si voltò e vide un ragazzo magro ed affamato che  camminava dietro di lui con le mani tese. Il cacciatore si commosse e lasciò a terra i tacchini  e fece un gesto al giovane affinché li prendesse. Nonostante la sua fame, il ragazzo si mantenne a distanza. Non voleva raccoglierli. Solo quando il cacciatore glieli mise nelle mani, il ragazzo li prese.

L’Eucaristia dopo la consacrazione non rimane sull’altare, Cristo ha bisogno di essere ricevuto da noi con ogni riverenza, ascoltando la sua chiamata su di noi, l’unica forma in cui vuole la nostra cooperazione. Dobbiamo trasformarci in quello che riceviamo affinché Cristo possa venire nel nostro mondo. Prendete e mangiate, questo è il mio corpo offerto per voi. Questo è il mio sangue versato per voi. Il patto si suggella quando lo riceviamo con fede, affinché ci renda capaci di rischiare la nostra vita per gli altri e trovare l’espressione nel nostro patto mutuo.

Nell’Eucaristia, Gesù viene per stare con noi, per camminare con noi. Ma vuole che riceviamo il dono della sua parola e che diciamo: Faremo quello che ci chiedi. Così diventa chiaro, anche per noi, quello che significa avvicinarsi all’Eucaristia: non si tratta di un incontro devozionale con Gesù, bensì della decisione di essere come Lui in ogni momento, pane spezzato a disposizione dei fratelli, ricerca continua di come donare il sangue che è la nostra vita, per il bene del prossimo.

Quando ero nella scuola primaria e c’era qualche conflitto “serio” tra due compagni, per esempio, se un goal fosse valido o no in una partita di calcio durante la ricreazione, si formava un circolo ed i due interessati cominciavano a litigare. La regola non scritta non permetteva di usare altri mezzi che i pugni ed il caso si chiudeva quando uno dei due cominciava a sanguinare dal naso. Il sangue segnava la fine del conflitto. Normalmente,  poco dopo, si vedevano i due contendenti giocare e correre insieme. Non sono sicuro che sia un esempio antropologico rilevante, ma illustra l’importanza universale del sangue, il valore che tutti gli diamo, in tutte le culture, in tutti i tempi.

Anche alcuni popoli semitici ed altre culture suggellavano i loro patti col sangue. Si sacrificava un animale e lo spargere del sangue equivaleva a dire: che succeda questo a colui che non compie questo patto. 

La Comunione sacramentale è il momento di assumere la volontà del Padre (per questo recitiamo il Padre Nostro), un momento per metterci in pace gli uni con gli altri, e dopo avvicinarci all’Eucaristia per ricevere Gesù come Signore nei nostri cuori, mentre facciamo delle nostre mani un trono per riceverlo e poi mangiare e bere in fede. È un banchetto sacramentale in cui si riceve veramente Cristo che ora vuole agire in noi per il prossimo.

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Nella Prima Lettura, il variopinto gruppo di schiavi ebrei, liberati da Dio dal giogo della schiavitù, arrivò sul monte Sinai, dove Mosè ricevette e lesse ad alta voce i Dieci Comandamenti. Mosè promulgò allora un patto tra il popolo ed il suo Dio; un Dio che aveva promesso: Io sarò il tuo Dio e voi sarete il mio popolo. Si eresse un altare, si sacrificò un animale, e Mosè raccolse il sangue dell’animale in una cavità e spruzzò una metà sull’altare e l’altra metà sul popolo, dopo che questi aveva accettato di osservare tutti i comandamenti.

Sapevano che Dio aveva preso l’iniziativa. Nel patto del Sinai, Dio promise al popolo di stare sempre con lui e badare a lui come al proprio popolo, guidando il suo futuro, purché compisse fedelmente il patto, vivesse nell’amore e si occupasse dei poveri.

Dio è rimasto sempre fedele, anche il suo popolo si è allontanato dal compimento dell’alleanza. Oggigiorno sentiamo parlare di persone che fanno un “accordo prenuziale”. Ma quello non è un patto, bensì un contratto, che praticamente dice: “Se non compi i termini del nostro accordo, allora io andrò via. Voglio essere sicuro di quello che è mio prima di cominciare”. Quella è la logica della giustizia e dei contratti di questo mondo.

Ma un patto significa mettere la mia vita in gioco per quella dell’altro. Se hai bisogno del mio sangue per una trasfusione, è tuo! È un impegno di amore mutuo, perché ognuno sceglie l’altro e promette di essergli fedele nei momenti buoni e in quelli cattivi, nella salute e nella malattia, fino a che la morte non li separi. Per questo motivo, i matrimoni si celebrano con un senso pieno durante la Messa. Perché durante la celebrazione eucaristica vediamo che Gesù ci dona tutto il suo essere, tutto il suo corpo e tutto il suo sangue. La nuova alleanza è diventata realtà nel Sangue di Cristo. La notte prima della sua morte, Gesù disse: Questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti. Mise tutta la sua vita sull’altare.

San Giovanni Maria Vianney disse molto giustamente: Non c’è niente tanto grande quanto l’Eucaristia. Se Dio avesse avuto qualcosa di più prezioso… ce l’avrebbe dato. Solo l’Eucaristia ha la capacità di unirci, sostenerci, fortificarci ed orientarci adeguatamente, non solo durante il percorso di questa vita, ma anche durante il cammino verso la vita eterna. Sapendo questo, quando la vita diventa aspra, inquietante e difficile, possiamo confidare ed aggrapparci a questo dono che abbiamo nella presenza reale di Cristo. Questo incontro reale con Dio celebra l’amore incondizionato di Dio per noi e ci fonda nella verità di quello che siamo in un modo che nessun altro potrebbe fare.

Non dimentichiamo come Cristo, istituendo l’Eucaristia, dichiara il proposito e la finalità di questo nuovo e definitivo sacrificio: versare il suo sangue in favore di tutti, per il perdono dei peccati.

Per questo il Vangelo dice che, nel momento della morte di Gesù sulla croce, la tenda che chiudeva il santuario del tempio si squarciò in due, dall’alto in basso (Mc 15, 38). La barriera, eretta per il peccato, che separava gli uomini da Dio, fu abbattuta per sempre.

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Nei Sacri Cuori di Gesù, Maria e Giuseppe,

Luis CASASUS

Presidente