Skip to main content
Vangelo e riflessione

Qual è il tuo Monte Oreb? | Vangelo del giorno, 11 agosto

By 7 Agosto, 2024No Comments
Print Friendly, PDF & Email


Vangelo secondo San Giovanni 6,41-51:

In quel tempo, i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?». Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre.
In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Qual è il tuo Monte Oreb?

Luis CASASUS Presidente delle Missionarie e dei Missionari Identes

Roma, 11 agosto 2024 | XIX Domenica del Tempo Ordinario

1Re 19, 4-8; Efesini 4, 30-5, 2; Giovanni 6, 41-51

È chiaro che il Vangelo di oggi fissa lo sguardo sulle mormorazioni che gli ebrei facevano su Gesù. Prima di parlare delle intenzioni o della mancanza di comprensione dei suoi compatrioti, conviene sottolineare che quello che percepirono chiaramente era un cambiamento nella vita di Cristo. Per loro, Gesù era, prima di tutto, il figlio di Maria e Giuseppe, un ragazzo appartenente ad una famiglia ordinaria. Ora invece vedevano in Lui qualcosa che… non potevano spiegare.

Quando, a motivo della nostra condizione di peccatori. riflettiamo sull’evoluzione del nostro cammino spirituale, la prima cosa che ci viene in mente è la conversione: dalla vita di peccato alla vivenza della virtù, per grazia di Dio. Ma non è questo l’unico cambiamento possibile. Nella vita di Cristo c’è una trasformazione che rende evidente la presenza di Dio Padre nel suo modo di pensare, parlare ed agire.

Questo è un segno universale che si dà quando c’è un cambiamento profondo nelle persone… o nelle cose. Rimane chiaro l’intervento di un Padre, di una forza, di un apostolo, dello Spirito Santo… Darò loro un cuore nuovo e uno spirito nuovo metterò dentro di loro; toglierò dal loro petto il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne, perché seguano i miei decreti e osservino le mie leggi e li mettano in pratica; saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio., (Ez 11, 19-20).

Nel secolo XVII, Isaac Newton, genio della Fisica, scrisse le tre famose leggi del movimento che sono alla base della Meccanica Classica. La prima dice così: Ciascun corpo persevera nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme, salvo che sia costretto a mutare quello stato da forze applicate ad esso. In questa formulazione, apparentemente semplice, si stabilisce una strada per scoprire l’esistenza di una forza.

In modo analogo, i cambiamenti che gli ebrei osservarono nella vita di Gesù, non avevano un’altra spiegazione che l’intervento della Provvidenza. Non c’è da stupirsi che ci producano una curiosità profonda l’infanzia e l’adolescenza di Gesù, per cercare di comprendere che cosa facesse nella sua giovinezza e come Dio Padre lo portò fino alla pienezza della sua missione redentrice. Il libro L’Infanzia di Gesù, di Papa Benedetto XVI si occupa di analizzare questo tema.

In una stupenda opera di finzione, L’adolescenza di Gesù mai raccontata (1997), José María Sánchez Silva cerca di immaginare come il giovane Gesù fu spinto ad attuare azioni che erano sempre  più chiaramente e visibilmente nel nome di suo Padre. 

Nelle suo libro Trasfigurazioni, il nostro Fondatore, Fernando Rielo scrive: L’esistenza di Dio ha solo una prova: tu stesso. Abituati alla nostra cultura individualista, possiamo pensare che questo si limita alla nostra personale certezza della presenza o azione di Dio, ma si tratta anche dell’effetto che producono sul mio prossimo i cambiamenti nella mia povera vita e che rivelano l’azione delle Persone Divine.

Come gli ebrei, benché le persone possano mormorare (che non significa solo avere riserve, bensì criticare qualcuno alle sue spalle), davanti ai cambiamenti di chi pretende di seguire Cristo, l’intervento divino lascia la sua impronta nell’anima di chi tocca e di coloro che lo conoscono.

                                                         — ooOoo—

La storia del profeta Elia è particolarmente rilevante per comprendere il modo di agire di Dio in noi. È proprio quando Elia desidera morire, che Yahveh richiede il suo aiuto. In effetti,  nella Prima Lettura è come se stesse dicendo: Basta, Signore! Toglimi la vita che io non valgo più dei miei genitori! La paradossale risposta divina è dargli una missione enorme, titanica: affrontare il re Acab e la sua potente sposa Gezabele che aveva portato Israele alla corruzione, ai culti pagani, all’ingiustizia sociale ed ai crimini causati dalla fame di potere.

Prima di tutto, dobbiamo riconoscere che, al di là delle evidenti differenze di epoche e del nostro ruolo personale, la nostra situazione è simile a quella di Elia. Naturalmente non siamo chiamati, come lui, ad eliminare 400 profeti di Baal, e neppure ad essere strappati dalla terra in un carro di fuoco.

Ma ognuno di noi, come Elia, ha sperimentato qualche difficoltà particolare, difficile da dimenticare, ad esempio:

-un tempo molto lungo di contrarietà per il maltrattamento da parte di qualcuno, forse un’autorità o qualcuno  più anziano;  

 -un dubbio severo sulla vocazione, considerando altre alternative per il resto della mia vita;  

-un ambiente difficile in famiglia o nella comunità non sentendomi ascoltato, piuttosto, a volte, vittima dell’invidia;    

-una persona che era per me modello, esempio positivo ed improvvisamente appaiono atti o intenzioni deplorevoli nella sua vita. Cade dal piedistallo dove l’avevo messa; 

-una qualche solitudine, anche fisica prodotta nel momento di intraprendere una missione che speravo di realizzare con qualcuno di fiducia: educare i figli, assistere coloro che cercano Dio, un lavoro inaspettato o di emergenza… 

Il Vangelo e l’Antico Testamento sono importanti per molte ragioni, ma oggi dobbiamo fissarci su come agisce Dio Padre nei momenti più critici dalla nostra esistenza: fa come con Elia, non lo libera dalla stanchezza, ma gli dà alimento e l’obbliga a camminare nel deserto 40 giorni e 40 notti. Il messaggio è questo:

So che sei angosciato e stanco, ma devi camminare ancora di più. Ti dò ora la forza affinché tu possa intraprendere una nuova missione, e ti assicuro che renderò fecondo quello sforzo che ora ti sembra eccessivo e di poco valore. Questa è la prova della mia fiducia; senza nessun paternalismo, come non l’ho avuto con mio Figlio molto amato.

San Paolo ci dice nella Seconda Lettura che Dio ci ha segnati, come si faceva con gli schiavi, affinché non potessero scappare. Certamente, il marchio originale è il Battesimo, ma riceviamo continuamente questo marchio, un vero segno impossibile da cancellare che è uno stigma spirituale, non fisico. Come successe ad Elia, possiamo negarci a questa missione, possiamo fuggire da questa amorevole “schiavitù” di figli…ma questo presuppone una vera morte. Questa è la triste reazione di molti, della maggioranza dei chiamati che non sono disposti a soffrire, a meno che non possano toccare la ricompensa, i frutti, subito. Ma non fu quella la risposta di Elia, di Mosè (che era già salito quattro secoli prima sullo stesso Monte Oreb),  neanche di Maria e Giuseppe che videro la loro fama crollare di fronte alla famiglia ed ai conoscenti.

Dio conosce la nostra sofferenza fino in fondo, cosa  impossibile al nostro prossimo, per quanto ci ami.

Una volta, un giovane di una provincia molto remota andò alla capitale del paese a cercare lavoro. Un giorno inviò una foto su Facebook. Era appoggiato a un’automobile molto costosa, una Lamborghini. Sua madre vide la foto e gli rispose dicendo: Oh, figlio, mi rallegro che finalmente hai ottenuto un lavoro e un’automobile tanto costosa.  Ma il figlio le inviò un messaggio rispondendo: Mamma, devo appoggiarmi all’automobile o sverrò, perché è da giorni che non mangio.

Come dice il poeta Henry W. Longfellow: Tutto il mondo ha pene segrete, che il mondo ignora. Spesso diciamo che qualcuno è freddo, quando in realtà si sente solo. Questo è certamente frequente. A volte giudichiamo facilmente le persone, pensando: Si sente bene, ma in realtà non è così. Oppure, questa persona è antipatica, ma in verità quello che le succede è che è triste.

Dio seppe trattare la profonda depressione e la paura di Elia, ne è prova il fatto che riuscì ad ottenere che il profeta dormisse, cosa non semplice per chi è tanto angosciato e depresso. L’attenzione che la Provvidenza ha con noi, l’alimento che ci dà, non comprende solo i tesori del Battesimo e dell’Eucaristia. Se Cristo proclama che è il pane di vita, non si riferisce solo alla sua presenza nel Santissimo Sacramento, bensì ai doni che c’invia, per mezzo dello Spirito Santo:

* Per darci la sapienza di riuscire ad avere una visione differente delle difficoltà. Normalmente si dice che “ogni momento di crisi è un’opportunità”. Questo suona come un ottimismo, ma non sempre è così. Cristo, e solo Lui, illumina il senso e la direzione di ogni lacrima.

* Per darci – come ad Elia – il pane e l’acqua che ci permettano di camminare, sicuri e fortificati perché sappiamo che lo facciamo insieme a Lui.

* Affinché si realizzino in te ed in me i segni del vincolo che menziona la Seconda Lettura: Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo. Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato sé stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore.

Così diventa possibile  assomigliare a nostro Padre la cui prima caratteristica è la misericordia (Es 34, 6).

Cristo può accompagnarci nel dolore e noi possiamo accogliere il suo aiuto, perché sappiamo che anche Lui ha sofferto. A volte non prestiamo attenzione a chi cerca di incoraggiarci perché in fondo non crediamo che comprenda esattamente quello che ci sta passando. Non è così con Gesù. Quando il Vangelo ci dice che il Verbo si fece carne (Gv 1, 14), non si riferisce solo al fatto evidente che il Figlio di Dio assunse l’apparenza esterna di un uomo, ma piuttosto al fatto che si fece simile a noi, accogliendo perfino la cosa più precaria della nostra condizione, perché il concetto semitico di “carne” non è la forza dei muscoli, bensì la parte più debole, più fragile della persona: Lo spirito è pronto, ma la carne è debole (Mt 26, 41).

Il salire faticosamente il Monte Oreb significa riconoscere la propria debolezza e trovare consolazione e conferma sicuri nella persona di Cristo, per quanto le persone di buona volontà possano aiutarci in certi momenti. Io sono il pane di vita. (…) questo è il pane che discende dal cielo, affinché chi lo mangia non muoia.

_______________________________

Nei Sacri Cuori di Gesù, Maria e Giuseppe,

Luis Casasus

Presidente