“Martire carmelitana di origine ebrea, importante filosofa e incessante ricercatrice della verità, che trovò dopo la lettura dell’autobiografia di santa Teresa di Gesù. Compatrona d’Europa e patrona della Giornata Mondiale della Gioventù nel 2005”.
Questa donna straordinaria portò la sua ricerca della verità fino alle ultime conseguenze credendo con fede che Dio era con lei. Nacque a Breslau (ora Polonia, allora Germania), il 12 ottobre 1891, in piena celebrazione dello Yom Kippur ebraico. Sua madre, di profonda fede ebraica, accolse gioiosa l’undicesimo dei suoi figli che venne al mondo proprio il giorno dall’Espiazione. Questo segno premonitore avrebbe segnato la vita di Edith che si vincolò alla Passione redentrice di Cristo. La sua strada fu costellata di rinunce e sofferenze di distinta indole, cominciando dalla perdita di suo padre quando aveva appena 2 anni. Era di temperamento nervoso ed irascibile, ma dietro di esso si nascondeva una privilegiata intelligenza che la portava a riflettere con inusuale maturità già all’età di 7 anni. Tuttavia, arrivando all’adolescenza, in una crisi acuta propria dell’età, lasciò i suoi studi e le pratiche pie che sua madre le aveva inculcato. Passò gran parte del 1906 ad Amburgo da sua sorella Else e l’anno seguente, riconciliata con sé stessa e con la vita in generale, ritornò a scuola.
Era una studentessa speciale. Per puro interesse economico, dato che nel futuro avrebbe dovuto guadagnarsi il sostentamento, nel 1911 dopo avere realizzato la convalida frequentò gli studi di storia tedesca e psicologia nell’università di Breslau. Ma la sua vera passione era la filosofia. Perciò, nel 1913 entrò nell’università di Göttingen. Le tesi di Edmund Husserl, promotore della corrente fenomenologica, facevano furore. Ed Edith, come molti studenti, a quella corrente si aggregò. Husserl fu il suo professore e direttore di tesi. In quegli anni ebbe contatti con Max Scheler, ed il barlume di luce che aveva percepito già nella sua ricerca della verità vicino a Husserl, sebbene fosse incompleta, ascoltando Scheler, sgombrò la sua strada e le mostrò la via del cattolicesimo. Era un passo cruciale, poiché la sua traiettoria era stata marcata da un ferreo ateismo.
Superò l’esame di Stato nel 1915 con la brillantezza abituale, e partecipò a un corso di infermeria per aiutare i feriti della Prima Guerra Mondiale in un ospedale militare austriaco. Nel 1916, dopo avere visto da vicino la sofferenza e la morte di tanti giovani combattenti, preparò e difese la tesi che meritò la più alta votazione. Alcuni dei suoi amici e compagni poterono influire su di lei durante il tragitto della fede, ma gli eletti affinché desse il salto definitivo furono il collaboratore di Husserl, Adolf Reinach, e sua moglie, convertiti al cattolicesimo. Quando Adolf morì, Edith si trovò di fronte alla fede e speranza della vedova che attendeva fiduciosa l’incontro con lui nella vita eterna. Rimase disarmata: “Questo è stato il mio primo incontro con la croce e con la forza divina che trasmette ai suoi portatori…. Fu il momento in cui si sgretolò la mia irreligiosità e brillò Cristo.”
Edith fu assistente di Husserl dal 1916 fino al 1918. Non lo rivide più fino al 1930. Preoccupata per il ruolo della donna, della quale fu attiva patrocinatrice in conferenze e scritti, la sua condizione femminile le creò molti problemi per esercitare la docenza. Inoltre, la sua origine ebrea costituì un veto per ottenere l’abilitazione necessaria per insegnare. Ritornò a Breslau e si concentrò sulla redazione di articoli. Tra le sue diverse letture, introdusse quella del Nuovo Testamento e gli Esercizi di sant’Ignazio di Loyola. Nel corso di un breve soggiorno nel domicilio della sua amica Hedwig Conrad-Martius nel 1921, lesse la vita della santa di Avila e una profonda commozione l’invase: “Quando chiusi il libro, mi dissi: questa è la verità”. si battezzò nel gennaio del 1922 ed in febbraio ricevette la cresima. Passò per il duro momento di vedere con quanto dolore sua madre accoglieva la notizia. Volle entrare nel Carmelo, ma neanche questo fu facile. Gli anni seguenti lavorò come insegnante, si dedicò a tradurre testi, tra gli altri, di san Tommaso d’Aquino, a tenere conferenze, e a scrivere opere di grande profondità filosofica.
Nel 1933, quando l’olocausto ebreo era già esploso, le aprirono le porte del Carmelo di Colonia. Ritornò a casa sua e salutò sua madre in mezzo ad una indicibile sofferenza. Le lacrime di entrambe, rotolando sulle loro guance, non erano più che la pallida ombra di due cuori che, senza rompersi mai, seguivano due cammini di fede divergenti. Quando Edith abbandonò la sua casa, insieme al peso dell’offerta che fece a Cristo, brillava con inusitata forza la lucerna della speranza evangelica: “Chiunque lascerà suo padre e sua madre…”. Sapeva che quei brandelli della sua vita andavano riconvertendosi in otri nuovi nel momento in cui si allontanava dai suoi per addentrarsi nel suo appassionante destino. Prese l’abito nel 1934, a 42 anni, ed il nome di Teresa Benedetta della Croce. Nel 1936 terminava la sua emblematica opera “Essere finito ed essere eterno”. Professò nell’aprile del 1938 e in quello stesso mese moriva Husserl.
La sua mirabile vita, forgiata da lavoro, umiltà, orazione e sacrifici continuava a svilupparsi in questo convento e poi in quello olandese di Echt dalla fine del 1938. Fino a che il 2 agosto 1942 i nazisti fermarono lei e sua sorella Rosa che aveva seguito il suo esempio ed era portinaia del convento. “Vieni, andiamo per il nostro popolo”, le disse. In “Amore per la croce” aveva scritto: “Solo può aspirare all’espiazione colui che tiene gli occhi dello spirito aperti al senso soprannaturale degli avvenimenti del mondo; questo risulta possibile solo negli uomini nei quali abita lo Spirito di Cristo, uomini che, come membri del Capo, trovano in Lui la vita, la forza, il senso e la direzione”. Da Amersfoort passarono al campo di stermino di Westerbork. Recluse lì fino al 7 agosto, il 9 le trasportarono ad Auschwitz-Birkenau insieme a 987 ebrei, finendo sacrificate nella camera a gas. Di fronte all’ignominia e all’ingiustizia senza senso della Shoah, Edith trovò ai piedi della croce la luce redentrice di Cristo.
Giovanni Paolo II la beatificò il 1° maggio 1987, e la canonizzò l’11 ottobre 1998. Il 12 Luglio 1999 la proclamò compatrona d’Europa.
© Isabel Orellana Vilches, 2018
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