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Santo

Santa Caterina Drexel, 3 marzo

By 2 Marzo, 2024Aprile 17th, 2024No Comments
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“Il gratis data fatto vita sintetizza l’esistenza di questa fondatrice che essendo figlia di un filantropo imparò insieme ai suoi la grandezza della generosità. L’est e il sud-est degli Stati Uniti furono segnati dalla sua donazione”.

L’importanza dell’educazione dei figli non sarà mai sufficientemente ponderata. Quello che i genitori trasmettono, benché esistano molteplici condizionamenti interni ed esterni che hanno influenza sulla condotta, ha un peso capitale nelle loro vite. Essi sono i principali educatori. La Gaudium et spes ricorda che “la fecondità dell’amore coniugale si estende ai frutti della vita morale, spirituale e soprannaturale che i genitori trasmettono ai loro figli attraverso l’educazione” (Cfr GS 47-52).

Caterina ebbe la fortuna di essere venuta al mondo in una casa formata da persone generose, e la straordinaria pedagogia che ricevette, non solo teorica ma anche pratica, con speciale enfasi nella virtù del distacco, segnò la sua esistenza. Nacque a Filadelfia (Pennsylvania, Stati Uniti) il 26 novembre 1858. Era la seconda figlia di un filantropo, il conosciuto finanziere Francis Anthony Drexel. Perse sua madre Hannah Jane Langstroth alla sua nascita. Francis contrasse nuovo matrimonio con Emma Bouvier, ed entrambi educarono le tre bambine – due avute nel primo matrimonio del banchiere – affinché condividessero i loro proprietà, inculcando loro l’idea che gli abbondanti beni erano un semplice prestito che avevano ricevuto.

La santa applicò alla lettera questo insegnamento. Nella sua casa si aprivano costantemente le porte ai bisognosi. Inoltre, suo padre esercitava un mecenatismo su di loro con l’aspetto evangelico dell’anonimato: dare senza che nessuno lo sappia. In quell’ampio ventaglio di recettori, il Sig. Drexel includeva i sacerdoti che esercitavano il loro ammirevole lavoro pastorale tra gli svantaggiati. Insieme a queste azioni caritatevoli, pregavano ed assistevano a messa comunitariamente. Le tre sorelle ricevettero una splendida formazione. La grande visione di Emma propiziò l’inclusione di altri insegnamenti utili e pratiche per la vita quotidiana delle giovani: confezione e cucina, complementari all’efficace apprendistato che forniva  loro il lavoro assistenziale che portavano a termine. In questo modo si abituarono ad apprezzare il valore dello sforzo e ad essere grate per quello che avevano, tra le altre virtù che acquisirono come la semplicità e l’umiltà.

Durante alcuni anni la famiglia godette della situazione vantaggiosa che aveva, viaggiando in completa armonia per diversi paesi dell’Europa. Aprirono gli occhi di Caterina ad un mondo nuovo, sconosciuto, pieno di ricca tradizione spirituale nella loro cultura. Quando aveva 21 anni quel paradisiaco focolare si ruppe per la subitanea malattia di Emma, la madre. E per tre anni ella si trasformò nel suo angelo tutelare. La coprì di attenzioni con squisita tenerezza, e constatò le crude difficoltà del dolore. Nessun bene di questo mondo poté restituire la salute e la vita ad Emma. Caterina capì improvvisamente, ed in maniera definitiva, la futilità delle ricchezze. Nel gennaio 1883, la mamma moriva, e nel novembre di quell’anno il resto della famiglia andò a Venezia. Lì un’immagine di Maria nella basilica di San Marco si fece notare da Catalina ricordandole il gratis data evangelico. Rimaneva marcata la sua vita futura.

Due anni più tardi moriva suo padre ed ereditava una grande fortuna. Ma rimase molto abbattuta, e cercando altre arie andò nuovamente in Europa. Poco prima aveva percorso con la sua famiglia l’ovest degli Stati Uniti ed era stata colpita dalle carenze che aveva scoperto. In Germania cercò missionari per risolverle, e da lì si trasferì a Roma con la stessa idea. Nell’udienza mantenuta con Leone XIII, questa laica sollecitò che le venissero inviate persone dedite alle missioni che avrebbe finanziato. Il pontefice fece notare che lei stessa poteva essere missionaria, una proposta che Caterina accolse con visibile sorpresa poiché non aveva mai pensato a quell’opzione vitale. Conobbe gli indiani americani e gli afroamericani vedendo in situ le loro pessime condizioni di vita. E nel 1887 stabilì la scuola St. Catherine Indian School a Santa Fe, Nuovo Messico. Tredici nuovi centri fondati in quattro anni danno una piccola idea del suo ardore apostolico.

Nel suo animo si nascondeva da molto tempo il suo anelito di essere religiosa, benché il suo direttore spirituale, il vescovo James O’Connor non lo vedesse tanto chiaro. Pensava più alle difficoltà che l’aspettavano e le suggerì di pregare. Dato che nel 1888 continuava a sperimentare l’anelito di consacrarsi, il prelato l’incoraggiò a fondare una Istituzione, fino ad allora sconosciuta, che avesse tra i suoi fini l’assistenza di indiani e negri. “La responsabilità di simile chiamata mi opprime, perché sono infinitamente povera nelle virtù necessarie”, ella disse umilmente. Ma il 19 marzo, sotto la protezione di san Giuseppe, fece il passo. Il vescovo morì senza vedere materializzata l’Opera che infine sorse con l’aiuto dall’arcivescovo di Filadelfia che incoraggiò Caterina.

Emise i voti nel febbraio 1891 e fondò la Congregazione delle Sorelle del Santissimo Sacramento. Donò tutta la sua eredità riservandosi l’imprescindibile per il suo mantenimento, e poco a poco mise in moto quasi 60 scuole e missioni estese nell’ovest e sud-ovest degli Stati Uniti. Creò l’istituzione di educazione superiore “Xavier University” in Louisiana e combatté contro l’ingiustizia e la discriminazione razziale. La strada non fu facile, ma nella contrarietà intravide la ricchezza di un itinerario unico che conduce alla vita eterna: “Ogni prova che soffriamo, disse, è un atto di misericordia di Dio, affinché possiamo slegarci dalla terra ed avvicinarci a Dio”. Soffrì una grave malattia che la tenne praticamente immobile per 18 anni. Allora poté dedicarsi completamente ad una vita di adorazione e contemplazione. Incarnò quello che aveva espresso in un altro tempo: “L’accettazione umile e paziente della croce, qualunque sia la sua natura, è l’opera più elevata che possiamo fare”. Morì il 3 marzo 1955.

Giovanni Paolo II la beatificò il 20 novembre 1980 e la canonizzò il 1° ottobre del 2000.

 

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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