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Santo

San Vincenzo Maria Strambi, 1 gennaio

By 31 Dicembre, 2023Aprile 17th, 2024No Comments
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“Erano tanto grandi le virtù di questo vescovo passionista, che il suo fondatore, san Paolo della Croce, gli affidò la fondazione con la certezza che avrebbe compiuto opere più grandi delle sue. Fu molto stimato dai pontefici del suo tempo”.

 

In questa solennità di Maria Santissima, Madre di Dio, tra gli altri santi, la Chiesa acclama il passionista Vincenzo Maria Strambi, vescovo di Macerata e Tolentino, insigne discepolo di san Paolo della Croce che quando lo conobbe vide già in lui un grande santo.     

Nacque a Civitavecchia, Italia, il 1° di gennaio del 1745. Fu l’unico superstite dei quattro figli nati dal matrimonio del farmacista Giuseppe Strambi ed Eleonora Gori. L’impegno di suo padre per mantenerlo vicino a lui e vedere compiuti nel suo erede i sogni che fece per il suo futuro non fu un impedimento affinché il giovane difendesse fermamente la sua vocazione. Entrambi i genitori gli trasmisero la loro fede e la generosità coi bisognosi che Vincenzo superò in modo così abbondante al punto da dover essere frenato nelle sue ansie di donazione.     

La madre, comprensiva e gioiosa nel conoscere la sua inclinazione al sacerdozio, gli diede la sua benedizione. Si formò nel seminario di Montefiascone. Intelligenza e pietà segnarono questi anni nei quali il suo amore per Cristo crocifisso presiedeva la sua attività. Prima di ricevere il sacramento dell’ordine fu prefetto e poi rettore del seminario di Bagnoregio. Si notavano già i suoi numerosi doni e zelo pastorale. Fu ordinato sacerdote alcuni mesi prima di compiere 23 anni. Ma si sentiva incline alla vita religiosa. Contro la volontà del padre, suonò in primo luogo alle porte dei padri della Missione e poi a quelle dei cappuccini. Non era il suo posto. Gli uni lo respinsero per la sua debole salute e gli altri per la sua condizione di figlio unico fino a che conobbe Paolo della Croce in una missione, e rimase sedotto dal suo ardore apostolico e virtù.     

Quando gli chiese di entrare nei passionisti, Paolo gli aprì le braccia. E a Giuseppe che pregò e ricorse non solo a lui ma anche a tutti coloro che pensava potessero dissuadere suo figlio, rispose: “Dovrebbe rallegrarsi sommamente vedendo che il Signore sceglie suo figlio per farlo un gran santo”. Professò nel 1769. Alcuni anni più tardi, dopo avere infiammato molti animi con la sua predicazione, partì per Roma per occuparsi dei giovani studenti formandoli in tutti gli ambiti. Nel 1775 Clemente XIV, conoscitore delle sue virtù e doti apostoliche che già lo precedevano, lo invitò a predicare in Santa Mara in Trastevere, convertendosi egli stesso in uno dei suoi uditori. Da allora, assiduamente ed a richiesta del papa, quello che era già riconosciuto come “il predicatore passionista santo”, impartì ritiri alla curia pontificale, e ad altri uffici del clero.     

Le sue doti diplomatiche fecero di lui un prezioso strumento per la conciliazione che portò a termine a richiesta dei pontefici. Uomo umile, semplice, abnegato, di intensa orazione e penitenza, fu incluso nel conclave che scelse Pio VII e votato da una parte dei cardinali. Non volle mai distinguersi dai suoi fratelli, e lontano dall’accettare prebenda alcuna in ragione dei suoi incarichi: superiore, provinciale, consultore generale, effettuava i lavori quotidiani nell’orto e nella cucina come uno di più. Fu premiato col dono di profezia e di penetrazione degli spiriti; nelle sue predicazioni accaddero fatti prodigiosi.     

Paolo della Croce sentendo vicina la sua morte gli affidò la Congregazione: “Farai cose grandi, farai molto bene”. Vincenzo aveva 30 anni ed era stato fedelissimo del fondatore nei sei anni passati da passionista. Quindi sarebbe diventato anche il suo biografo. Scrisse la vita di Paolo in ginocchio nella cella che lui aveva occupato. E più tardi fu suo postulatore. Molto devoto del preziosissimo Sangue di Gesù gli dedicò il suo primo lavoro. Fu autore di opere di scuola e spirituali. Nel 1801 Pio VII lo nominò vescovo di Macerata e Tolentino ed egli accettò la nomina benché il suo desiderio fosse stato vivere come semplice religioso passionista. Il papa stimava le sue molte virtù e capacità per dirigere, insegnare e santificare, e lo tranquillizzò: “Sappi che nessuno si è interessato per sceglierti; l’ho fatto io spontaneamente, per la mia personale conoscenza, per ispirazione divina.”     

A Vincenzo si devono grandi conversioni, come quella della sorella di Napoleone, l’imperatore che lo inviò in esilio constatando che non poteva vincere la sua fedeltà al Santo Padre. I poveri, senza escludere gli altri bisognosi, furono oggetto della sua predilezione. Diceva: “I poveri sono i miei patroni. Io non sono altro che il loro economo”. Come pastore dosò la fermezza e la comprensione. Fu un grande rinnovatore. Leone XII che lo mantenne nel suo incarico fino al 1823, affermò: “È sufficiente la sua ombra per governare la diocesi”. Il pontefice lo tenne vicino a sé. Quando alla fine del 1823 si ammalo molto gravemente e Vincenzo andò ad amministrargli il viatico, disse: “Vincenzo mio, io credevo di farti santo, ma qualche altro pontefice lo farà”. L’umile passionista offrì la sua vita per quella del papa, e questi guarì all’improvviso (morirà poi nel 1829), mentre egli moriva improvvisamente nel corso di una settimana il 1° di gennaio 1824. 

Fu beatificato da Pio XI il 26 aprile 1925, e canonizzato da Pio XII  l’11 giugno 1950.  

  

       

 

 

TRADUZIONE ITALIANA
Isabel Orellana Vilches, Gesta d’amore (Epopeyas de Amor)

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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