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Santo

San José María Rubio y Peralta, 2 maggio

By 1 Maggio, 2024No Comments

“Padre dei poveri e apostolo di Madrid. Dopo anni di paziente attesa, accogliendo la volontà di altri nella quale vide la volontà divina, ottenne di diventare gesuita. Fu artefice di una rete apostolica che attrasse innumerevoli conversioni”.

Nacque a Dalias (Almeria, Spagna) il 22 Luglio 1864. Fu il primogenito di dodici fratelli. Sopravvissero cinque. I suoi genitori, agricoltori, praticarono quelle caratteristiche di pietà tanto feconde che avrebbe diffuso il padre Patrick Peyton verso la metà del secolo XX col motto: “La famiglia che prega unita, rimane unita”. Anticipando questo apostolo del santo rosario, la famiglia Biondo lo recitava devotamente tutti i giorni. In quell’ambiente di tenera devozione a Maria, il piccolo mescolava le soglie di una vita santa: umiltà, semplicità, amore a Cristo, rinnegamento, obbedienza, spirito di sacrificio, generosità. Inclinato ad adorare il Santissimo Sacramento, se vedeva la chiesa chiusa, chiedeva la chiave per incontrarsi con Cristo. Studiò nei seminari di Almeria, Granada e Madrid. Nei due primi sollecitato da zii sacerdoti.

Stando a Granada, il suo professore di teologia fondamentale, Joaquín Torres Asensio, canonico della cattedrale, percependo le sue qualità umane e spirituali si convertì nella sua ombra per un quarto di secolo. Persona di forte carattere e decisione, molto influente e con risorse, guidò la vita di José Maria in tutti gli aspetti. Questi visse con discrezione e prudenza la sua rottura col prelato granadino per dissapori, poi si trasferì a Madrid nel 1886 come suo fedele compagno. Joaquín aveva ottenuto lì un canonicato. Allora il santo entrò nel seminario della capitale.

Si ordinò nel 1887. Le destinazioni verso le quali andò, come vicario in Chinchón, dove fu cappellano delle clarisse per due anni, parroco in Estremera, e finalmente il suo trasferimento a Madrid, tutto fu diretto dal padre Joaquín. Quello che questi non ottenne fu che superasse l’esame a canonico, ma riuscì a farlo diventare professore di latino, filosofia e teologia pastorale in San Dámaso. L’obbedienza di José Maria che non gli costò mai, era guidata dalla consegna: “fare quello che Dio vuole, volere quello che Dio fa”. L’attività docente gli produsse esaurimento. Ed il suo mentore non risparmiò sforzi affinché si ristabilisse. Lo curò nella sua casa di Segovia, e non migliorando viaggiò con lui a Cerdedilla, Mondariz, terme di Gandara, Troncoso, coste del Portogallo e Lourdes. Quindi lo piazzò come notaio nell’arcivescovato e cappellano delle monache di S. Bernardo. Quindici anni di servizio in queste missioni. Nel frattempo formava nelle verità della fede i poveri, i malati e si dedicava alla confessione della quale fu autentico maestro.

Peregrinarono in Terra Santa nel 1904, passarono per Roma e videro Pio X. Nel suo cuore conservava gelosamente il sentimento di essere gesuita. Suo padre non vide mai di buon occhio questo desiderio. Neanche Joaquín, che intervenne evitando che il superiore dell’Ordine l’accogliesse a Granada, mentre vissero lì. Temeva di perdere una persona che giudicava vitale per lui a causa delle sue doti naturali e virtù. Cosicché quando questi morì nel 1906, José Maria entrò nel noviziato di Granada. Notificò alla sua famiglia la decisione e regalò l’abbondante eredità che gli lasciò il canonico al seminario di Teruel, città della quale fu oriundo. Passò per Siviglia nel 1909 coincidendo con Francesco da Paola Tarín e Tiburzio Arnaiz, e svolse diverse missioni, tra le altre la confessione e l’assistenza ai malati. Tutte le notti pregava davanti al Santissimo insieme a fedeli dell’Adorazione notturna.

Stava a Manresa quando il suo antico maestro di novizi José Maria Valera che era il provinciale e conosceva la sua grandezza, lo richiamò a Madrid. Lì la sua fama di confessore si consolidò. I penitenti vedevano nelle sue semplici e chiare parole, sprovviste di affettazione, la voce di un uomo di Dio che non faceva concessioni ad un bene minore e che non dubitava di esigere a tutti le radicalità evangeliche. Si prendeva tutto il tempo necessario. Li incoraggiava a realizzare gli esercizi spirituali, ad assaporare le benedizioni della preghiera, a realizzare un esame di coscienza e ad assumere le contingenze del giorno per giorno per amore a Dio. L’intensità del suo apostolato si biforcò in diverse vie: confessione, missioni popolari, predicazione, catechesi… I popolosi quartieri di Cuatro Caminos, Puente de Vallecas, la Ventilla, Entrevias, el Matadero, in particolare i giovani ed i bambini, avevano familiarizzato con la sua presenza ed azione caritatevole. Mise in moto scuole domenicali in Mesón de Paredes, e gli “straccivendoli” cominciarono a sentire Cristo vicino.

I suoi superiori constatarono le sue doti organizzative e gli affidarono la Guardia d’onore del Sacro Cuore durante il Congresso Eucaristico Internazionale realizzato a Madrid nel 1911. Cosciente di quello che significava che ci fossero sacrari abbandonati, incoraggiò le Marie dei Tabernacoli, benché non fosse il loro fondatore, e partecipò all’istituzione delle Dame Apostoliche del Sacro Cuore. Volle creare l’Opera dei discepoli di San Giovanni. Con l’Ora Santa suscitò autentiche trasformazioni spirituali. Le genti accorrevano in massa ad ascoltare i suoi sermoni. Con la sua abituale forma di parlare, spoglio di ogni artificio, lasciava trapelare la sua grande vita interiore. Dovette lottare col giudizio di alcuni presbiteri che non vedevano bene le sue incursioni nei sobborghi della capitale dove abitava la rovina e erano agglomerati ogni tipo di rifiuti umani. Le mormorazioni e le invidie pretendevano di inchiodarsi nel suo cuore come graffianti dardi, ma non ci riuscirono. Era più forte il suo combattimento interiore.

Nel 1917 attraversò una crisi di scrupoli che gli causò molta sofferenza. Davanti alle umiliazioni ed incomprensioni, diceva: “Non so come mi vede Dio. Sicuramente male, temo. Pregate per me. Cammino pieno di confusione vedendo lo stato della mia anima. I miei amici otterranno che Gesù abbia misericordia di me”. Diceva sempre che voleva morire un primo giovedì del mese. E Dio glielo concesse. Gli avevano diagnosticato un’angina di petto, e morì il 2 maggio di 1929. Per la sua azione apostolica inarrestabile fu denominato “padre dei poveri”, e dopo la sua morte “apostolo di Madrid”. Giovanni Paolo II lo beatificò il 6 ottobre 1985, e lo canonizzò il 4 maggio 2003.

 

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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