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L’Ipocrisia è qualcosa di più della Inconsistenza

By 3 Maggio, 2020No Comments
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di p. Luis CASASUS, Superiore Generale dei missionari Identes.                       

New York,   3 maggio 2020 | IV  Domenica di Pasqua                                           

Atti Apostoli 2, 14.36-41; 1° Lettera Pietro 2, 20-25; S. Giovanni 10, 1-10

Gesù Cristo parlò ai discepoli in molti modi. A volte si riferiva alle virtù, altre volte ai comandamenti, ma quando parla di se stesso dobbiamo raddoppiare la nostra attenzione. Di fatto, il Vangelo di oggi ci dice che, benché Egli usasse vari tipi di linguaggio, i discepoli non capirono bene quello che voleva dire, dicendo che era il pastore, il guardiano e la porta delle pecore. 

Nel Vangelo di oggi, le ultime parole di Cristo sottolineano l’importanza di quello che significa “essere la porta”. in primo luogo, dare accesso ad una vita piena e, contemporaneamente, proteggere da quelli che sembrano dare vita, ma che, in realtà, sono fonti di morte, come Egli stesso disse una volta, sepolcri imbiancati. 

Quando riconosci una persona come ipocrita, svaluti lei ed il suo messaggio. Indipendentemente della sua importanza o valore, la sua testimonianza può essere disistimata o contaminata dalla mancanza di fiducia nella fonte. Quando oggigiorno Cristo si riferisce a certi leader o guide spirituali, va più in là, e li chiama ladroni che vengono solo a rubare, ad ammazzare e  a distruggere. 

Tu ed io possiamo identificare rapidamente l’ipocrisia negli altri, ma siamo altrettanto coscienti delle nostre proprie inconsistenze? Sicuramente è utile ricordare i segni che Cristo scopre negli ipocriti, o nei comportamenti ipocriti che molti di noi mostrano. 

In primo luogo, non è la stessa cosa essere ipocrita che essere incoerente o carente di consistenza. I primi discepoli non furono coerenti nella loro misericordia, nella loro orazione (Mt 26, 40), né nella loro umiltà (Lc 22, 24), Cristo li rimproverò, ma non li chiamò ipocriti. La differenza è che molti farisei e scribi erano coscienti della loro mancanza di coerenza tra il dire e il fare. Perfino giustificavano e vedevano le proprie inconsistenze come virtù. Siamo come loro quando diciamo: Non essere disonesto, e poi, quando ci sorprendono ad essere disonesti, rispondiamo: Non sto facendo il disonesto, ero solo diplomatico. Totalmente differente. 

In secondo luogo, l’ipocrita tenta continuamente di ricordare agli altri i loro obblighi, le responsabilità e i temi pendenti, incolpandoli degli errori di cui probabilmente è proprio lui il principale responsabile. Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito. (Mt 23, 4). L’ipocrita ha un metro per misurare gli altri che non usa mai per se stesso. Perfino la saggezza popolare riflette questo atteggiamento nei suoi detti: Chi vive in una casa di vetro non deve tirare pietre. 

L’ipocrita non può vivere un’autentica carità, perché perde la sensibilità al dolore e  alle limitazioni degli altri: Rompono le canne rotte e spengono i lucignoli fumanti (cf. Mt 12, 20). Tutti commettiamo errori quando agiamo con buone intenzioni e, ovviamente, tutti pecchiamo e a volte abbiamo intenzioni contraddittorie, ma gli ipocriti sono esperti nell’attribuire tutti gli errori degli altri alle loro cattive intenzioni, all’arroganza, a dottrine erronee o al desiderio di essere ammirati ed apprezzati. Questo spiega perché San Pietro mette in relazione l’ipocrisia con l’invidia: Deposta dunque ogni malizia e ogni frode e ipocrisia, le gelosie e ogni maldicenza, come bambini appena nati bramate il puro latte spirituale, per crescere con esso verso la salvezza: (1Pt 2, 1-2). 

Infine, gli atti dell’ipocrita sono orientati ad impressionare gli altri. Allo stesso tempo, si caratterizzano per creare ostacoli al progresso degli altri.  Sperano che gli altri accettino senza discutere che essi sono una classe superiore di  esseri umani. Ovviamente, questo è un modo di rubare la vita di altre persone. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filattèri e allungano le frange; (Mt 23, 5). E, a differenza di Gesù, non sono una porta, bensì un muro insuperabile: Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; perché così voi non vi entrate, e non lasciate entrare nemmeno quelli che vogliono entrarci  (Mt 23, 13). 

Osserviamo come, nella Prima Lettura di oggi, gli apostoli fanno esattamente il contrario, dando una luce affinché la gente cambi ed una risposta alla loro onesta domanda: Che cosa dobbiamo fare, fratelli miei? 

In generale, le persone ipocrite evitano di chiedere perdono, in primo luogo, perché  compensano internamente i loro errori ed offese (Primo punto) ma anche perché  considerano che questo distruggerebbe la loro reputazione. È ironico, ma sappiamo che succederebbe esattamente il contrario, come capitò a San Pietro e a tanti peccatori che si avvicinarono a Gesù. 

Per mantenere la loro posizione di dominio, gli ipocriti evitano azioni che rendano gli altri più forti, danno molta importanza alle piccole cose, mentre banalizzano ciò che è veramente essenziale, ed evitano il ragionamento basato sui fatti, ostacolando così la  missione e lo sviluppo dei propri simili. Creano anche l’impressione di essere o fare più di quello che fanno in realtà, per guadagnare più credito o elogi di quelli che si meritano. 

Cristo riassume, nella sua ultima frase di oggi, la missione che ha ricevuto, venendo al mondo: Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. Nel Battesimo, moriamo e resuscitiamo con Cristo. Ci trasforma, dall’essere una tomba, un luogo di morte spirituale, all’essere templi dello Spirito Santo. Come dice San Pietro ai primi cristiani: Eravate erranti come pecore, ma ora siete tornati al pastore e guardiano delle vostre anime (1Pt 2, 25)

Nella prima parte del suo messaggio di oggi, Gesù si riferisce ai pericoli, nemici e rapinatori che cercano solo i propri interessi. Allude specialmente alle guida e  ai leader spirituali che apparentemente desiderano il bene degli altri, ma in realtà  cercano solo i propri interessi. Gli ipocriti. 

Un’osservazione importante è che, sebbene gli ipocriti possono ingannare le loro vittime per un po’, arriva il momento in cui le pecore riconoscono la voce del vero pastore, della persona o persone che realmente li avvicinano a Dio. 

Ma forse la forza di quell’allegoria, la porta, si radica nel fatto che avvicinarsi a Dio non è un metodo, neppure seguire una legge, e neanche una disciplina. Senza disprezzare il precedente, Cristo ci rivela che Egli è il passaggio, la porta. Ci invita a prendere la sua vita come norma e criterio proprio in ogni pensiero, desiderio e motivazione. In tutto quello che facciamo o diciamo, dobbiamo consultare e cercare il consiglio di Cristo nel prendere decisioni; questo è lo spirito che deve presiedere la nostra mente, volontà e cuore. Questo è lo Spirito del Vangelo…. Perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore (Mt 6, 21)

Attraverso la porta le pecore entrano… ed escono anche. Dobbiamo ricordare questa osservazione, perché ci dice come essere diligenti avvicinandoci ai nostri simili. I nostri incontri con gli altri devono avere sempre luogo dopo essere passati da Cristo, quindi non secondo il nostro carattere, la temperatura emozionale o la visione che abbiamo dell’altra persona. Gesù è una porta stretta (Mt 7, 14) perché esige il rinnegamento e l’amore incondizionato per gli altri, ma è l’unica che porta alla vita. 

Le pecore riconosceranno la voce del vero pastore. Questo è letteralmente certo. Un  uomo fu portato davanti ad un giudice in India, accusato di rubare una pecora. L’accusatore portò le prove per dimostrare che la pecora era sua; ma anche il prigioniero aveva testimoni, e non fu facile in assoluto decidere di chi fosse la richiesta giusta e corretta. Il giudice pensò subito alle abitudini dei pastori per badare le loro greggi ed ordinò che si portasse l’animale in tribunale. Inviò uno dei due in una stanza contigua, mentre a quell’altro fu detto di chiamare le pecore, per comprovare se la pecora conoscesse la voce dello sconosciuto, ma essa rimase impassibile; intanto il prigioniero, impaziente, nell’altra stanza, fece un “chuck, chuck”, un suono peculiare con la sua bocca, e le pecore immediatamente si diressero verso il suono. Questo “chuck, chuck” era la chiamata peculiare che aveva utilizzato sempre per badare al suo gregge e che decideva chiaramente e immediatamente che egli era il padrone autentico e legittimo. 

Quando cerchi di parlare con un bambino che non ti conosce, la cosa più probabile è che ti ignori, che fugga dalla sua mamma o che perfino pianga. 

Le pecore riconosceranno la voce del vero pastore. Questa affermazione è importante. Va oltre quello che insegnava l’Antico Testamento, dicendo che la legge di Dio sta scritta nei nostri cuori, Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo. (Ger 31, 33) e ci fa capire che è incarnata nella persona di Cristo, quello che rende più umano, più naturale, (e potremmo dire più  soprannaturale), conoscere e seguire la volontà di Dio. 

Come so che Dio mi ha parlato realmente? Come so che non è stata solo la mia immaginazione, ma è stato realmente Lui? Siamo capaci di discernere i messaggi inaudibili di Dio attraverso quello che l’esperienza c’insegna: 

1. Il suo messaggio normalmente è qualcosa di inaspettato (nella forma e nel momento), ci sorprende con la guardia abbassata e contiene qualcosa che va chiaramente contro la nostra volontà e preferenze. Non possiamo confondere questo con nessuna forma di “repressione”, perché Dio chiama sempre a fare qualcosa di nuovo, a mettere in atto quello che era latente dentro di me. Questa caratteristica di essere qualcosa di inaspettato va oltre i processi puramente razionali, e succede come con i primi cristiani (Prima Lettura): ci lascia il cuore afflitto, che è un’altra forma di descrivere la Stigmatizzazione, il doloroso marchio di fuoco, nell’anima e  nello spirito, che ci mette in stato di allerta e ci fa camminare, con una compassione che  non è più quella naturale di ogni essere umano, bensì quella che sentono le persone divine. Come disse San Paolo, Non sapete che siete tempio dello Spirito Santo? Egli abita in voi e parla in voi con gemiti inesprimibili. 

Questo fatto di essere inaspettato ed opposto ai miei istinti (come perdonare ed amare un nemico) è probabilmente il segno più inequivocabile della nuova ed abbondante vita che il Buon Pastore desidera concederci. È come una visita inattesa. 

2. Combacia con la vita e la personalità di Cristo. Continuando con la metafora del  visita inattesa: Dopo avere aperto la porta al visitatore insospettato, ci rendiamo conto di chi è, la sua personalità, le sue intenzioni. Ci rendiamo conto che vuole invitarci a una nuova vita. Non importa se pensiamo di essere già i suoi discepoli. Ci avvolge in una nuova pace che il mondo non può dare e che viene solo da Lui, una Beatitudine che è il soffio dello Spirito Santo sulle nostre candele (Espirazione). Sappiamo allora che il Buon Pastore ci visita, disposto a portarci ai verdi pascoli. Non solo questo; ci fa comprendere che tutto il resto non è necessario, né vale la pena (Purificazione), benché sia qualcosa di buono e di bello. 

Questo carattere esclusivo del suo invito, questa chiamata a non distrarsi per altre cose, mi conferma che sto ascoltando la sua voce nel Vangelo, nell’esempio di una persona o nella sofferenza e nei sogni dei miei simili. 

3. Che succede quando la visita finisce? Quando medito sull’esperienza che ho  avuto, sui momenti più o meno intensi che ho vissuto, vedo che le conseguenze sono durature, e che percepisco la mia vita e quella degli altri in modo differente. Sono sicuro che non mi abbandonerà nei momenti difficili, che, quando il lupo attaccherà, Egli non sparirà. Ed allora, gioisco di una felicità che non è temporanea o una pseudo-felicità, bensì un’allegria duratura. 

Allo stesso tempo, sento la necessità di condividere questo incontro con altri. 

Alcune settimane fa, un giovane della mia famiglia aveva assistito ad un concerto e fu ricevuto con un saluto speciale dal suo cantante preferito. L’ha detto a tutto il mondo, più e più volte, in ogni pranzo, in ogni rete sociale, a tutti i vicini ed amici. Ovviamente, questa è una ombra di quello che ci succede quando ci incontriamo con Cristo. Quando abbiamo un incontro autentico con Cristo, nessuno deve ricordarci che dobbiamo vivere e predicare il Vangelo. Parafrasando San Paolo, diremmo che non possiamo evitarlo, non possiamo fare nient’altro. 

Gesù è una porta stretta, ma chi altri ha parole di vita eterna?