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Santo

Beata María Antonia Bandrés y Elósegui, 27 aprile

By 26 Aprile, 2024No Comments
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“Questa Figlia di Gesù offrì la sua vita per un familiare agnostico, avendo dato prove nel convento di una edificante fortezza che fu posta in rilievo nel trascorso della sua dolorosa malattia. Morì a 21 anni”.

In una casa benestante di Tolosa (Guipuzcoa, Spagna) nacque questa beata il 6 marzo 1898. Suo padre Raimundo Bandrés era un celebre giurista che aveva formato una grande famiglia insieme a Teresa Elósegui. Antonia fu la seconda di quindici fratelli. Nacque fragile e ricevette attenzioni e tenerezza a fiumi che colpirono il suo modo d’essere. Tanta abbondanza di attenzioni si riversarono sulla sua personalità in tale grado che durante i primi anni fu una persona immatura nella quale si notava un’ipersensibilità preoccupante.

Sua madre si era preoccupata di inculcarle molti valori che, uniti alla sua grande devozione a Maria, andarono aprendole luminosi cammini. Ma nel corso della sua adolescenza, questa madre generosa e piena di pietà, non nascose la sua inquietudine: “Che ragazzina tanto fastidiosa! diceva, quanto soffrirai con quel carattere! “. Tuttavia, il germe di tanto buon esempio era già entrato nel cuore della giovane.

Cominciò un lavoro caritatevole coi poveri e i bisognosi che vivevano faticosamente nei sobborghi accompagnando sua madre dalla quale imparò a contemplare il viso di Cristo in essi. Contava anche sulla discrezione di una domestica che la seguiva sollecita in questa azione solidale che portava a termine e che andava lasciando un’impronta indelebile nei poveri gratificati, commossi dal suo spirito umile, semplice e generoso. La finezza di trattamento ed il tatto che germogliava dalla sua carità le permisero di ammorbidire gli spigoli che trovò in persone difficili con abitudini violente.

Aveva frequentato gli studi nella scuola di san Giuseppe di Tolosa, eretta dalla Madre Candida, fondatrice delle Figlie di Gesù, che, nel conoscerla, sedotta dalla sua virtù, scorse in lei una futura vocazione. La spiritualità mariana del centro, che aveva come oggetto diretto della sua devozione la Vergine dell’Amore Bello, fece sì che in Antonia rivivesse l’amore per Maria che la sua buona madre le aveva infuso. Nel 1915, all’età di 17 anni, dato che in mezzo alla sua fragile salute emergeva la forza che proviene dalla grazia divina, non dubitò di consacrarsi. Si compiva così il vaticinio che la fondatrice le fece quando era un’adolescente: “Tu sarai Figlia di Gesù”. 

Antonia intravide la chiamata in mezzo all’orazione mentre stava compiendo gli esercizi spirituali a Loyola. Il profondo e legittimo affetto che la vincolava alla sua famiglia non fu una insormontabile difficoltà. E benché sperimentasse il dolore della separazione, seguì la chiamata di Cristo. Avrebbe comunque riconosciuto con tutta semplicità nel noviziato: “Solo per Dio li ho lasciati”. Un suo zio, Antón, agnostico dichiarato, non vide di buon occhio questa decisione, sentimento che non passò inosservato dalla beata.

Nel 1918 professò a Salamanca e, quasi nello stesso momento, la sua salute cominciò a peggiorare irrimediabilmente. Il sorriso in mezzo alla sofferenza era una costante nel suo viso, come lo fu la conformità e la pace che mostrò in ogni istante lasciando commosso il suo medico, l’egregio Dr. Filiberto Villalobos. Questi commentava con dotti amici, come il grande Miguel di Unamuno, l’impatto che gli causava vedere tanta rassegnazione e fede nella sua paziente che camminava gioiosa verso una fine inevitabile perché sapeva che l’aspettavano le braccia del Padre celestiale. “Quanto è sbagliata la nostra vita! – esclamava -. Questo sì che è morire! “. 

Una riflessione che si impresse nell’animo dei suoi interlocutori. Il fatto è che Antonia aveva offerto la sua vita a Dio per la conversione di suo zio Antón, grazia che le fu concessa e che si materializzò quando egli notò la grandezza di sua nipote, trovando la pace nel perdono e nella misericordia divina davanti all’immagine della Vergine di Aránzazu.

Chi l’avrebbe mai detto che quella fragile adolescente che mostrava la ferita dei suoi sentimenti al primo ostacolo, spinta da una sensibilità malaticcia, sarebbe riuscita ad agire con tanta interezza! Che si fosse proposta con quella fermezza con cui lo fece: “È necessario arrivare in cima”, affrontando con coraggio una morte inevitabile che assunse unendosi a Cristo sicura che Egli mai l’avrebbe abbandonata, e credendo che sarebbe stata accolta la richiesta che fece per il suo caro padrino. Se Cristo aveva sofferto, perché non avrebbe potuto farlo lei. Risoluta, chiara, incrollabile in questa determinazione di morire per essere datrice di vita con Lui, le era chiaro che quell’affanno di offerta doveva compierlo sotto questo aspetto: “di farlo, farlo interamente.”    

In mezzo alle sue sofferenze, Dio non volle lasciarle orfana di consolazione, ed ella arrivò a manifestare: “Questo è morire? Che dolce è morire nella vita religiosa! Sento che la Vergine sta al mio fianco, che Gesù mi ama e io l’amo…”.

Il 27 aprile 1919, festività di Nostra Signora di Montserrat, terminò il suo calvario ed entrò nella gloria. Aveva 21 anni appena compiuti.

Fu beatificata da Giovanni Paolo II il 12 maggio 1996 insieme alla sua fondatrice, la Madre Candida Maria di Gesù.

 

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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