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Santo

Santa Rosa Venerini, 7 maggio

By 6 Maggio, 2024No Comments

“Educare per salvare: convinzione di questa fondatrice delle Maestre Pie, la cui origine borghese non le impedì di aiutare le ragazze povere, in mezzo a numerose critiche. Per un certo tempo, seguì una strada simile a quella di Lucia Filippini”.

Nacque a Viterbo il 9 febbraio 1656. Era figlia di un medico che esercitava la professione nell’Ospedale Grande della città, ed aveva anche tre fratelli. Emerse subito per la sua brillante intelligenza tanto quanto per il suo gran cuore arricchito dalla formazione spirituale che riceveva. A 7 anni professò voto di consacrazione, benché poi la gioventù gli portasse le arie della seduzione del mondo, e contro di essa lottò vincendo la contrarietà con preghiere e sacrifici. Le due strade che si offrivano alla donna: matrimonio o convento, la interrogavano a 20 anni. Senza disistimare nessuno, percepiva una chiamata a servire la Chiesa ed il suo ambiente. La strada si adeguò percependo interiormente la risposta di Dio. Nel 1676 entrò nel monastero di Santa Caterina di Viterbo. Nelle visite precedenti alla sua zia materna Anna Cecilia Zampichetti, religiosa del convento, era stata molto colpita dall’ambiente austero, pieno di bontà. Ma sette anni dopo essersi vincolata alla comunità, l’inaspettata morte di suo padre l’obbligò a lasciarla per accompagnare sua madre. A questa tragedia seguirono: la morte di suo fratello Domenico a 27 anni, e quella di sua madre che partì da questo mondo, affranta di dolore per la perdita del figlio.

Non incrociò le braccia contemplando il dolore. Questa fu per lei una feconda via purgativa che la condusse a cercare unica consolazione in Dio. Mise al centro della sua vita Cristo crocifisso ed aprì le porte della sua casa affinché le bambine e le vicine potessero pregare il rosario con lei. Cominciava e finiva con una lezione catechetica. Ogni giorno constatava la scarsa se non nulla preparazione, in tutti i sensi, di quelle che appena avevano risorse. Ed osservò in ciò la luce che la portò a mettere in moto un’altra nuova missione stabile diretta a coprire queste necessità: una scuola per l’educazione delle bambine. Aveva chiaro il suo obiettivo: ” Il mio desiderio è liberare i giovani dall’ignoranza e dal male affinché il progetto di Dio che ogni persona possiede, diventi visibile”. Le sue due eccelse passioni, quella che sperimentava per Dio sostenendo la sua esistenza, e la salvezza di ogni essere umano, infondevano nel suo animo celesti affanni che cesellavano la sua attività. Preghiera costante e dalla croce uno sguardo intorno a lei, suscitavano nel suo cuore l’anelito di farsi lei stessa pura oblazione. Univa tutte le fatiche al sacrificio eucaristico incessantemente rinnovato in tutta la Chiesa. Da tutto ciò estrasse la forza che sparse nei suoi innumerevoli atti di virtù.

Questa caritatevole ed umile donna che non si tratteneva davanti a nulla, il 30 agosto 1685, col consenso del vescovo di Viterbo, cardinale Sacchetti, e la collaborazione di due compagne, abbandonò il domicilio familiare. Allora, senza smettere di portare quella fiamma dell’amore che la bruciava, creò la Scuola Pubblica femminile. Era la prima delle sue fondazioni, pioniera per l’Italia. Non fu una decisione spontanea, bensì il frutto della sua preghiera e della sua incessante ricerca della volontà divina. In un’occasione disse: “Mi sento tanto legata alla volontà di Dio che non mi importa né la morte né la vita: voglio quello che Egli vuole, voglio servirlo per quanto Egli vuole essere servito da me e nient’altro!”. L’obiettivo di questa iniziativa era dare una formazione umana e cristiana. Ma il compito non era facile; trovò molti contrattempi. Nel clero alcune giudicarono come “ingerenza” il suo insegnamento del catechismo. Dalla società intellettuale le rimproverarono che insegnasse a bambine povere, lei che proveniva da una famiglia borghese, pregiudizi che neppure la sfiorarono. Rosa seguì la sua strada. Giustamente la contraddizione le assicurava che stava compiendo la volontà di Dio.

Alla fine ottenne le congratulazioni dei parroci testimoni della gioia delle madri che vedevano crescere umanamente e spiritualmente le loro figlie chiamate a scuola col semplice tocco di una campanella agitata per le strade da una delle alunne. Preghiera, catechesi, apprendistato di lettura e scrittura, così come lavori manuali, erano le formule di questo fecondo lavoro che giunse all’orecchio del vescovo di Montefiascone, cardinale Barbarigo. Vedendone la bontà, chiese la presenza di questa istituzione nella sua diocesi. Tra il 1692 e il 1694 Rosa aprì lì e nei paraggi dieci scuole. Ad esse sarebbero seguite altre nella regione del Lazio. Fu allora che conobbe Lucia Filippini ed entrambe seguirono per un certo tempo strade quasi uguali, sotto la protezione del cardinale. Quando dovette partire, lasciò alle sue scuole in mani di Lucia. Essendo richiesta la sua presenza nel centro che questa dirigeva a Roma mediando una difficile situazione, Rosa accorse con premura. Fino a che Lucia ricorse al pontefice per risolverla. Da allora ognuna seguì la propria via, benché in fondo l’azione educativa delle Maestre Pie che entrambe portarono a termine avevano obiettivi simili.

A Rosa la fondazione di Roma resistette per sei anni. Il primo tentativo fallì e ciò suppose alcuni dispiaceri e contrarietà. Le autorità diedero l’autorizzazione alla fine del 1713. Con l’aiuto dell’abate Degli Atti, amico della sua famiglia, aprì la sua prima scuola nelle vicinanze del Campidoglio. Clemente XI rimase impressionato quando la visitò. Egli e gli otto cardinali che l’accompagnarono constatarono l’eccellente formazione integrale che ricevevano le alunne. Senza nascondere la sua soddisfazione, il papa disse: “Signora Rosa, lei fa quello che noi non possiamo fare! La ringraziamo molto perché queste scuole santificheranno Roma! […]. Desidero che queste scuole si diffondano in tutte le nostre città”. Fu la spallata definitiva per la sua fondazione, ed anche un altro momento pieno di preoccupazioni e di incessanti viaggi per lei. Ma ebbe la gioia di vedere in marcia più di quaranta scuole. Morì nella casa di San Marco a Roma il 7 di maggio 1728. Pio XII la beatificò il 4 maggio 1952. E Benedetto XVI la canonizzò il 15 ottobre 2006.

 

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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