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Santo

Santa Mariam Thresia Chiramel Mankidiyan, 8 giugno

By 7 Giugno, 2024No Comments
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“Paradigma della pazienza nella tentazione. Fu atrocemente perseguitata dal maligno. Alcune delle sue esperienze ricordano quelle sofferte dai grandi padri del deserto. Fondò insieme al P. Vithayathil la congregazione della Sacra Famiglia”

Due idee dovrebbero rimanere fisse nella mente di chi si voglia immergere nelle profondità della biografia di questa santa. Entrambe indicate nel vangelo: che non ci sarà chiesto niente che superi le nostre forze (1Cor 10,13), e che la grazia di Dio ci basta per assumere quello che ci corrisponde (2Cor 12, 9). Conviene tenerli sempre presenti per il divenire della vita spirituale benché non sia intrisa dei soprassalti che caratterizzarono quella di Mariam Thresia. Soffrì atroce persecuzione del maligno che l’assediò e la maltrattò brutalmente per anni nel corpo e nell’anima. La minuziosità dei fatti, raccontati al suo direttore spirituale e co-fondatore dell’Ordine che istituì, producono veri brividi. Alcuni conservano somiglianza con quelli sperimentati dai grandi maestri del deserto: Antonio, Pacomio e Ilario. L’evangelica risposta che diede loro rivela la sua eroica fede e pazienza. Accettò quello che accadeva sempre umile e fiduciosa. Misteriosamente fece parte del piano tracciato da Dio che non l’abbandonò mai. Ebbe la consolazione della Vergine Maria e fu premiata con numerosi carismi. Commuove la sua ardente carità e l’amore che professò a malati e moribondi, esaurendosi per Cristo, passando al di sopra delle sue sofferenze. Costituisce un paradigma di pazienza nella tentazione.

Considerata precursore di Madre Teresa di Calcutta, Thresia nacque il 26 aprile 1876 a Puthenchira, Kerala, India. Le imposero quel nome battezzandola, e dopo aggiunse quello di Mariam perché fu la risposta della Vergine quando le domandò come doveva chiamarsi. Era la terza di cinque figli di un’umile famiglia. Avrebbero potuto avere buone risorse, ma il nonno dovette fare fronte ad abbondanti doti per sposare i suoi figli e finirono in rovina. Crebbe con l’anelito di amare Dio; era tanto potente questo anelito che l’induceva ad abbandonare i giochi infantili per concentrarsi nella sua presenza. Guidata dal suo anelito di imitare Cristo Redentore, non risparmiava sacrifici. L’intensità delle sue preghiere, dei suoi digiuni e delle sue veglie notturne preoccuparono sua madre perché colpivano la sua salute; vigilava sulla sua alimentazione affinché fosse quella dovuta, ma ella si ingegnava per dare il suo cibo ad altri. Aveva gran devozione per Maria, normalmente pregava il rosario varie volte al giorno e quotidianamente ascoltava anche la messa insieme a sua madre. Tre delle sue amiche dell’infanzia sarebbero state i primi membri della sua fondazione.

A 12 anni perse sua madre, una donna di fede e gran cuore che ebbe molta influenza su di lei, e questo suppose la fine della sua formazione accademica. Ma il suo obiettivo era portare avanti una vita di orazione e penitenza. Perciò, nel 1891 abbandonò la sua casa scegliendo la vita eremitica. Fallì nel suo proposito e si inserì nella parrocchia. Insieme a tre compagne aprì una feconda via caritatevole a beneficio dei poveri ed emarginati del Kerala. Allo stesso modo offriva le sue preghiere e penitenze per la conversione dei peccatori. Accrebbe il calice del suo sacrificio con gli spietati attacchi del maligno -a volte furono legioni di demoni- in un tentativo di impadronirsi della sua volontà con moltitudine di forme distinte. Vollero macchiare la sua purezza, indurla alla disperazione, a rinunciare alla penitenza, fu battuta e ferita… non si può entrare qui in dettagli, ma l’assalivano senza darle tregua durante il giorno e la notte, qualunque fosse la sua attività. Riceveva la grazia per sopportare tanti tormenti con mansuetudine ed umiltà. Accoglieva anche con spirito vittimale quello che sopravveniva dall’alto. Perché ella, come Padre Pio, ricevette le stimmate della Passione che teneva gelosamente nascoste sotto i vestiti. Tuttavia, ci furono altre manifestazioni che non poté occultare. Delle sue levitazioni furono testimoni numerose persone. Nelle sue frequenti estasi vedeva la Sacra Famiglia ed altri santi, come Teresa di Gesù.

Rese conto delle torture che soffriva al suo confessore, il servo di Dio padre Joseph Vithayathil le cui indicazioni seguì rigorosamente. Questo sacerdote, nato nel 1865 a Ernakulam, Kerala, aveva ricevuto l’ordinazione sacerdotale nel 1894, e dopo essere passato per varie parrocchie della diocesi di Trichur si trasformò nel suo direttore spirituale. L’accompagnò ed orientò apostolicamente. In una delle sue lettere Thresia gli disse: “Dio darà la vita eterna a coloro che convertono i peccatori e li portano sulla retta via”.  

In un momento dato, padre Vithayathil informò il vescovo dei fenomeni che capitavano alla santa, fatti che furono particolarmente intensi tra 1902 e 1905, ma che si dilatarono fino al 1913. In un primo momento il prelato dubitò dell’autenticità di quello che ella esponeva, e fu sottoposta a numerosi esorcismi. Nel 1903, in mezzo a questo doloroso processo, confidò al vicario apostolico di Trichur il suo progetto di creare una casa di ritiro e orazione. Le suggerirono di entrare nel convento delle clarisse francescane, e poi la mandarono alle carmelitane di Ollur. Thresia ubbidì, ma si rese conto che nessuno di questi carismi colmava la sua inquietudine spirituale: aveva un’altra vocazione. Questa si orientava ai moribondi a coloro che veniva già consolando; per loro supplicava fortezza, e cercava il modo di farli morire in pace.

Quando il vescovo constatò che Dio voleva suscitare per mezzo di lei una nuova fondazione, l’autorizzò a metterla in moto. Nella sua decisione pesarono i dieci anni trascorsi da quando cominciò a tenerla in osservazione. In tutti loro constatò l’autenticità della sua vivenza, la sua visibile risposta piena di pazienza, umiltà ed obbedienza. Il 14 maggio del 1914 fu eretta canonicamente la Congregazione della Sacra Famiglia. Il padre Vithayathil fu co-fondatore di questo Ordine religioso. Thresia morì l’8 di giugno 1926 come risultato di una caduta che le produsse una ferita in una gamba, lesione che non si poté controllare e si aggravò per il suo diabete. Il padre Vithayathil morì l’8 giugno 1964. Fu seppellito vicino alla tomba di Thresia, in Kerala.

Giovanni Paolo II la beatificò il 9 aprile 2000. Francesco la canonizzò il 13 ottobre 2019.

 

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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