“Segnò la sua vita la passione per Cristo crocifisso. Fu gratificata con le stimmate e molti altri doni. I suoi molteplici patimenti, circondati da fatti inesplicabili, non furono compresi. Si offrì come vittima per i peccatori.”.
I suoi 25 anni di vita furono segnati nella loro maggioranza da fenomeni mistici davanti ai quali ci furono disparità, incomprensioni e numerosi disprezzi. Nacque a Borgonuovo di Capannori (Toscana, Italia) il 12 marzo 1878. Era la quarta di otto fratelli e la prima bambina che rallegrava la casa. Sua madre non voleva battezzarla col nome di Gemma che fu suggerito da uno zio della piccola, perché nel martirologio non esistevano ascendenti di nessuna donna canonizzata che si era chiamata così. Il parroco Olivio Dinelli con ispirato giudizio aggiunse: “Molte gemme ci sono nel cielo; speriamo che anch’ella sia un giorno un’altra Gemma del paradiso”.
Quando aveva un mese di vita la famiglia si trasferì a Lucca, dove la santa passò il resto della sua esistenza. A 4 anni pregava teneramente Maria, amore che le inculcò Aurelia, sua madre, insieme alla devozione per Gesù crocifisso: “La prima cosa che mi ricordo è che mia mamma, quando ero piccolina, soleva prendermi spesso in braccio e, piangendo… mi indicava un crocifisso e mi diceva che era morto sulla Croce per gli uomini”. La catechesi materna diede i suoi frutti seminando nel cuore di Gemma una passione straripante per Cristo: “Gesù, io voglio arrivare con la mia voce fino ai più lontani confini dell’universo per raggiungere tutti i peccatori e gridar loro che entrino tutti dentro il tuo Cuore”. Intuendo Aurelia la sua imminente morte, volle che la bambina si preparasse per la cresima. E mentre la riceveva capì che Gesù le chiedeva il sacrificio di vedersi privata di sua madre.
Aurelia morì il 17 settembre 1885 a 39 anni. Gemma aveva 7 anni e si rifugiò nella Vergine: “Perdendo mia madre terrena mi donai alla Madre del cielo. Prostrata davanti alla sua immagine, le dissi: ‘Maria, non ho più madre sulla terra; sii tu dal cielo mia Madre’ “. Per fortuna, ebbe la certezza che Ella la proteggeva perché il suo personale calvario era appena iniziato. A 9 anni iniziò i suoi studi nella scuola di Santa Zita fondato dalla beata Elena Guerra. In quell’epoca, avendo conosciuto la Passione di Cristo sentì un dolore che la lacerava dentro, accompagnato da febbre alta. Il 17 giugno 1887, festività del Sacro Cuore, decise di essere religiosa, sentimento unito a “un ardente desiderio di soffrire e di aiutare Gesù a portare la croce”. Questo desiderio si sarebbe realizzato abbondantemente.
Nel 1894 perì Gino, il primogenito della famiglia, che ella amava in modo singolare. Nel 1896 fu operata per una lesione al piede, operazione effettuata senza anestesia, dovendo quindi sopportare un immenso dolore, ed il 25 dicembre di quell’anno consacrò privatamente a Dio la sua castità. Nel 1897 morì suo padre Enrico che era stato farmacista, e con la sua morte arrivò un periodo di dispiaceri per la famiglia dei Galgani. Persero tutto ed i fratelli si separarono. Gemma fu accolta da alcuni zii e passò un breve e convulso periodo. Mise da parte le pratiche religiose e le rimpiazzò con i divertimenti. Ma la sofferenza la perseguitava. E senza darle tregua, a 20 anni le si presentò un’osteite alle vertebre lombari che le impedì di camminare. I dolori alla testa erano insopportabili, la malattia avanzava ed i medici la dichiararono inguaribile.
Benché si fosse proposta di portare la croce, non nascose la sua contrarietà: “dissi a Gesù che non avrei più pregato se non guarivo. E gli domandai che cosa pretendeva tenendomi così. L’angelo custode mi rispose: ‘Se Gesù ti affligge nel corpo è per purificarti sempre di più nello spirito’ “. Guarì con la mediazione di s. Margherita Maria Alacoque. La corteggiarono due cavalieri che si invaghirono della sua bellezza, ma non ci fu niente da fare; Dio era il suo unico padrone. Nei circoli del vicinato la conoscevano come “la ragazzina della grazia.”
L’anno 1899 fu cruciale. L’8 giugno si manifestarono per la prima volta le stimmate della Passione. Sarebbero state visibili in numerose occasioni quando pregava, momento in cui sudava sangue. Mesi più tardi, nel corso di una missione conobbe i padri passionisti. Allora sentì che Cristo le diceva: “Tu sarai una figlia prediletta del mio Cuore”. Questi religiosi la guidarono alla famiglia Gianni il cui aiuto sarebbe stato decisivo per affrontare quello che stava per arrivare. Era caduta nelle sue mani la vita di san Gabriele dell’Addolorata, scritta da padre Germán di San Stanislao, C.P, che sarebbe diventato il suo direttore spirituale, e da allora la sua vita diede un cambio radicale. Le visioni, le estasi e i vaticini cominciarono a succedersi mentre la sua salute peggiorava. La sua virtù oltrepassava la dimora ed i fatti inspiegabili facevano parte del suo quotidiano. Invariabilmente le stimmate si riproducevano dal giovedì al venerdì. Affinché non vedessero le sue piaghe usava guanti neri e si acconciava con un discreto vestito dello stesso colore. Anche così, non poté evitare che questi favori diventassero di dominio pubblico. E la stessa gente che prima l’ammirava, ora si prendeva gioco di lei e la tacciavano di isterica e commediante. Anche il vescovo Volpi che fu suo confessore, ebbe i suoi dubbi. Parallelamente, gli scienziati non riuscivano a dare spiegazione dei fatti che le accadevano.
Padre Germán la sostenne spiritualmente davanti all’esigenza di prove e l’aumento delle difficoltà. Gemma sopportava il suo dolore in silenzio. Per la sua mediazione si operavano grandi conversioni. Con tutto ciò, nella sua traiettoria spirituale ci furono molte incursioni violente del diavolo. Nel 1901 il suo direttore di indicò di scrivere la sua biografia: “Il quaderno dei miei peccati”. In essa si percepisce il suo profondo senso vittimale: si era offerta in olocausto per i peccatori. Sollecitata da Cristo a fondare un monastero per i passionisti a Lucca, nel 1901 ammalò gravemente. Nell’ultimo periodo della sua vita l’oscurità e l’angoscia per i suoi peccati le pesarono come una lastra di marmo. Morì il sabato Santo, 11 aprile 1903, in mezzo a spaventosi dolori che offrì con carattere espiatorio. Quell’anno Pio X autorizzò l’erezione del monastero.
Pio XI la beatificò il 14 maggio 1933. Pio XII la canonizzò il 2 maggio 1940.
© Isabel Orellana Vilches, 2018
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