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Santo

San Riccardo Pampuri, 1 maggio

By 30 Aprile, 2024No Comments
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“Questo giovane chirurgo, conosciuto come il dottore santo, e parte integrante dell’Ordine dei Fratelli Ospedalieri (Fatebenefratelli) portò avanti un intenso lavoro apostolico nella sua vita professionale ed ecclesiale. Fu un grande medico dei corpi e delle anime”.

In questa festività di San Giuseppe Operaio, si celebra anche la vita di questo santo che nacque il 2 agosto 1897 a Trivolzio, Pavia, Italia. Battezzandolo gl’imposero il nome di Erminio Filippo, mentre prese quello di Riccardo nella sua vita religiosa. Era il decimo di undici fratelli. A tre anni perse sua madre e la sua famiglia materna si occupò di lui. Nel 1907 morì suo padre in un incidente di traffico. Curato dai suoi zii Carlo e Maria che gli fece da madre il meglio che poté, si impregnò della fede che c’era nella casa. Normalmente pregava davanti al Tabernacolo, mostrava grande devozione per l’Eucaristia, era abituato a pregare giornalmente il rosario -del quale poi disse: “questo è la mia arma prediletta, con questa corona il diavolo fugge-, erano frequenti le sue opere di misericordia e fu eccellente catechista. Uno stato permanente di preghiera avvolgeva le sue azioni quotidiane.

Il suo anelito era essere sacerdote e missionario, ma la sua salute era delicata ed i suoi parenti lo dissuasero, benché non gli mettessero ostacoli per collaborare con l’Azione Cattolica, mentre riceveva formazione in diversi centri. Terminati gli studi del Liceo si iscrisse alla facoltà di medicina dell’università di Pavia. Suo zio Carlo, medico, l’aveva incoraggiato. Sapeva che una persona sensibile come lui, fervente cattolico inoltre, avrebbe potuto assistere i malati con una qualità che era molto al di sopra del fatto puramente strumentale, clinico, e di un lavoro professionale impeccabile che si suppone e si spera da ogni medico. Ed effettivamente, il santo ebbe chiaro che chi aveva di fronte era una persona con le sue necessità spirituali e materiali. Che un medico deve cercare rimedi per il corpo del paziente, ma in qualche modo non può trascurare la sua anima.

Nell’aprile del 1917, in mezzo alla Prima Guerra Mondiale, fu reclutato e dovette partire. Essendo studente di medicina fu portato in prima linea. Lì vide la tragica fine dei suoi compagni in mezzo ad innumerevoli atrocità, inutile massacro che accompagna la barbarie. Poi fu destinato in un’altra zona più lontana dalla battaglia, rimanendo fuori pericolo. Quando il 24 ottobre di quell’anno l’esercito italiano stava per essere sconfitto, ci fu l’ordine di retrocessione per tutti i soldati che abbandonarono l’ospedale di campagna e le risorse che aveva. Allora Riccardo raccolse il materiale sanitario in una carretta tirata da una vacca che condusse per 24 ore in mezzo ad una brutale e persistente tempesta. Inzuppato fino alle ossa, tremando di freddo, mise in salvo tutto. Gli concessero la medaglia di bronzo e una promozione, ma gli rimase come ricordo una pleurite di grave ripercussione per la sua vita successiva.

Nel 1921 ottenne il titolo di dottore in medicina e chirurgia, e si dispose a mettere in pratica le sue conoscenze innanzitutto vicino a suo zio Carlo, e poi come supplente a Vernate, fino a che ottenne la piazza di medico rurale in Morimondo, Milano. In questa località fu di grande aiuto per il parroco. Fondò con lui il Circolo della Gioventù di Azione Cattolica, della quale fu il suo primo presidente, ed organizzò anche una banda musicale, iniziative che affidò a san Pio X. Esercitava anche il suo apostolato su altri fronti, come segretario della commissione missionaria della parrocchia, dava impulso agli esercizi spirituali per giovani e lavoratori, e molte volte si faceva carico delle spese.

Lavorò come medico rurale per sei anni. Fu un professionista esemplare, (non solo dotto che pure lo era) che assisteva i malati senza misurare i rischi. I suoi pazienti erano in maggioranza poveri, e mosso dalla sua carità e generosità forniva loro sollecitamente non solo l’assistenza gratuita ma anche le medicine, gli alimenti, i vestiti e perfino il denaro. Nel frattempo aveva completato gli studi per altri due anni, ottenendo la specializzazione in ostetricia e ginecologia. Nel 1923 fu abilitato come ufficiale sanitario nell’università di Pavia. Lì si integrò nel circolo universitario Severino Boezio, e collaborò con le conferenze di San Vincenzo de Paoli. Nella primavera di quell’anno conobbe p. Riccardo Beretta che si convertì nel suo direttore spirituale. Grazie a lui scorse la sua vocazione religiosa. Cercò di vincolarsi ai gesuiti ed ai francescani, ma la sua salute era tanto precaria che lo respinsero.

Nel giugno del 1927 entrò a Milano nell’Ordine dei Fratelli Ospedalieri (Fatebenefratelli). Fece il noviziato a Brescia e professò nel 1928 prendendo il nome di Riccardo in onore al padre Beretta. In questa città i Fratelli di San Giovanni di Dio avevano un ospedale e lui fu nominato direttore del gabinetto di odontologia. A questo centro accorrevano fondamentalmente i più bisognosi e gli operai, che curò caritatevolmente, come aveva sempre fatto. Coloro che ricevevano direttamente le sue attenzioni lo stimavano e lo consideravano una persona fuori dal comune, benché questa ammirazione per la virtù che apprezzavano in lui l’avevano anche i suoi fratelli di comunità, i suoi compagni medici, ed il personale sanitario in generale. Compiva i lavori umili con la stessa eleganza e dedicazione che il suo lavoro come medico.

Della sua vita spirituale, cesellata dalla santità nell’ordinario, danno anche costanza le 66 lettere che indirizzò a sua sorella María Longina, francescana missionaria del Cuore Immacolato di Maria che si trovava destinata in Egitto. Il colloquio che entrambi mantennero evidenzia la grandezza di cuore di questo santo che ebbe in sua sorella un modello da seguire. La vita di Riccardo fu breve. Morì a 33 anni il 1° maggio 1930 dopo che si era aggravata la pleurite contratta in guerra e che si trasformò in una bronco-polmonite. Il suo breve soggiorno in Torrino nel 1929 obbligato dall’infiammazione polmonare non gli servì a niente, come neanche il trasloco suggerito dai suoi parenti da Brescia a Milano per curarlo convenientemente. Non ci fu modo di allungare la sua esistenza. Giovanni Paolo II lo beatificò il 4 ottobre 1981, e lo canonizzò il 1° novembre 1989. I suoi resti si venerano nella chiesa parrocchiale di Trivolzio, dove era conosciuto come “dottore santo”.

 

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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