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Santo

San Lorenzo Giustiniani, 8 gennaio

By 7 Gennaio, 2024Aprile 17th, 2024No Comments

“Patriarca di Venezia, modello di Pastore della Chiesa che diede un costante esempio di pietà e carità. Benché appartenesse alla nobiltà, non dubitò di farsi povero con i poveri. Fu un grande oratore e confessore”.

 

 

Giovanni XXIII che fu patriarca di Venezia come Lorenzo, lo prese come esempio di buon governo e modello per il suo pontificato. Nacque a Venezia (Italia) il 1° di Luglio del 1381 all’inizio del Rinascimento. I suoi genitori appartenevano alla nobiltà. Bernardo, suo padre, morì quando Lorenzo era ancora bambino, e sua madre si occupò dell’educazione di lui e dei suoi fratelli. Molto bene lo fece Querina, riempendo la vita dei suoi figli con somme dimostrazioni di pietà. In Lorenzo vide plasmati segni illustri di virtù che erano già barlumi della santità alla quale molto presto si sentì chiamato. Con tutto ciò, la buona madre pensò di sposarlo convenientemente, benché i piani di Lorenzo fossero diametralmente opposti.     

Attorno ai suoi 20 anni perseguiva con zelo tutto quello che conducesse alla scienza e all’amore di Dio. Era stata Maria che, in un’apparizione, quando non si erano ancora dissolte le glorie di questo mondo col quale Lorenzo sognò, lo abbordò con queste parole: “Oh giovane gentile, perché dividi il tuo cuore in tante cose inutili? Quello che cerchi tanto sconsideratamente te lo prometto io se vuoi prendermi per moglie”. Chiedendole il suo nome e il suo lignaggio, ella mi disse che era la sapienza di Dio. Le diedi la mia parola senza vacillazione alcuna, e, dopo esserci abbracciati, sparì”. Grande penitente si caratterizzava per le sue severe mortificazioni effettuate in uno stato di orazione continua, al punto che sua madre temeva per la sua salute. Lorenzo si trasferì in san Giorgio in Alga, dove un suo zio era canonico, ed i suoi saggi consigli gli diedero la luce per discernere tra l’offerta del mondo e la sua rinuncia allo stesso per amore a Dio. Affrontò coraggiosamente la proposta che gli fece il suo parente di soppesare entrambe le opzioni: “Sono capace di disprezzare questi diletti per accettare una vita di penitenza e mortificazione?”. Guardando il crocifisso, non ebbe dubbi: “Tu, oh Signore! sei la mia speranza. In Te troverò l’albero della fortezza e della consolazione”. “Vedo che i martiri camminarono verso il cielo spargendo il sangue ed i confessori macerando la carne; non trovo altri cammini”.    

In Alga ebbe la fortuna di trovare altri giovani, appartenenti anch’essi alla nobiltà, coi quali condivise i suoi ideali e forma esemplare di vita. Uno di essi era il futuro pontefice Eugenio IV. Nel 1404 fondarono la Congregazione di san Giorgio dei canonici secolari. Il giovane, nato in buona culla, prese il suo fagotto e si dispose a percorrere la città da punta a punta, chiedendo elemosina per i poveri, senza escludere le porte della sua casa materna. Non avrebbe potuto facilmente essere riconosciuto perché la sua tenuta era quella di un povero quasi straccione. Quando la persona che l’accompagnava voleva evitare i posti principali per passare inosservati, Lorenzo gli diceva: “Camminiamo coraggiosamente. Niente anticipiamo con il rinunciare al mondo a parole se non lo disprezziamo anche coi fatti. Portiamo il sacco come una croce, e trionfiamo così sul nostro nemico.”   

Mise tutto il suo sforzo nel vincere le sue abitudini come quella dell’auto-giustificazione e della discolpa quando era rimproverato per qualcosa che giudicava ingiusto; per ciò si mordeva le labbra, fino a vincere la sua tendenza. Sarebbe diventato anche un modello per la sua umiltà. Fu un grande predicatore e confessore. Tra gli altri favori, come l’estasi, ricevette il dono di lacrime che non poteva contenere quando officiava la Santa Messa. Conoscitore delle sue virtù, Gregorio XII gli affidò il priorato di Sant’Agostino di Vicenza a capo del quale rimase fino al 1409, data nella quale fu scelto come priore della Congregazione che aveva fondato. Nel 1423 diede eroica testimonianza prestando aiuto e consolazione ai colpiti dall’epidemia di peste. L’anno seguente fu designato generale del suo Ordine.     

Nel 1443 fu nominato arcivescovo di Castello da papa Eugenio IV e continuò dando esempio di pietà e di carità, assistendo in modo particolare i poveri, oltre ad intraprendere una feconda riforma. Nel 1451 Nicola V lo nominò patriarca di Venezia (con suo dispiacere, perché avrebbe desiderato non esercitare un incarico per il quale non si sentiva dotato) e nel suo esercizio pastorale proseguì con la stessa caratteristica: austerità di vita segnata dalla carità, pazienza, sapienza e zelo apostolico. Né si fermò per le accuse e critiche che ricevette, né accettò lusinghe di nessun tipo. La gente in massa andava ad ascoltarlo, a chiedergli consiglio, ed egli dispensava a piene mani beni materiali, (particolarmente in cose concrete, affinché non sprecassero il denaro) e spirituali.     

Furono anni intensi di orazione, lavoro e studio. Scrisse diversi trattati di ascesi, l’ultimo “I gradi di perfezione” quando aveva 74 anni. Concludendolo l’assalì una grave malattia, e si rifiutò di accettare un trattamento speciale: “Preparate quel letto di piume per me?”, domandò. Davanti all’ovvia risposta dei suoi confratelli vicini, replicò: “No! Questo non deve essere così…. Il mio Signore si addormentò su un tronco duro e grezzo. Non ricordate che san Martino, nei suoi ultimi momenti, affermò che un cristiano deve morire avvolto in tessuti grossolani e su un letto di cenere?”. E steso su un pagliericcio di paglia, benedisse la moltitudine che si avvicinò per visitarlo. Morì l’8 gennaio 1456. 

Fu canonizzato da Alessandro VIII il 16 ottobre 1690.  

    

  

TRADUZIONE ITALIANA
Isabel Orellana Vilches, Gesta d’amore (Epopeyas de Amor)

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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