“Il fondatore dei Salesiani fu un seminatore di allegria. Sparse generosità tra l’infanzia e la gioventù abbandonata alla quale diede ogni tipo di risorsa. Con una pedagogia eccezionale condusse molti alla conversione”.
Questo grande maestro di santi che oggi la Chiesa celebra nacque ai Becchi, Castelnuovo d’Asti (Piemonte, Italia) il 16 agosto 1815. Un sentimento incoraggiò la sua santa vita: “Signore, dammi anime!… Anime, anime, soprattutto di bambini e di giovani, per portarli a Te”. Molto piccolo orientò tutta la sua capacità creativa organizzando giochi con altri bambini che interrompeva allo scampanio di campane per condurli in chiesa; cominciava allora a farsi manifesto il suo innegabile carisma con questo collettivo. A 9 anni vide in sogno i tratti inequivocabili dell’abbandono. Un’infanzia duramente castigata dalla lontananza affettiva trasformava la prateria in uno scenario di graffiante condotta: furti, bestemmie ed altre malefatte, davanti alle quali il santo reagiva con violenza, battendo i ragazzi.
Nello stesso stato di veglia si sentì ammonito ed esortato a mettersi in mezzo a loro; gli veniva fatto capire che doveva mostrar loro la bruttezza del peccato e la bellezza della virtù: “Non con dei colpi, bensì con la mansuetudine e con la carità dovrai guadagnarti questi tuoi amici. Io ti darò la Maestra sotto la cui disciplina arriverai ad essere saggio; e senza la quale, ogni sapienza si trasforma in sciocchezza”.
A sua volta, in un’apparizione, Maria, che sarebbe stata quella Maestra annunciata, gli mostrò un branco di animali strani e feroci che presto si trasformarono in miti agnellini. “Guarda quello che ti aspetta!”, disse la Vergine, aggiungendo: “Diventa umile, forte, buono, e vedrai quello che farai”. Giovanni si mise a piangere, ed Ella lo rassicurò che un giorno avrebbe capito tutto. Così fu. Nel suo momento capì il significato della visione attraverso la quale gli veniva raccomandato il recupero di bambini e giovani malviventi. Maria per lui sarebbe stata sempre l’ “Ausiliatrice” dei cristiani.
Era rimasto orfano di padre quando aveva 2 anni, e sua madre fece il possibile per farlo studiare, qualcosa che ottenne in mezzo a non poche privazioni e sacrifici. Erano tanto poveri che dovette mendicare per finanziare la sua formazione. Anime caritatevoli gli diedero ora la giacca, ora il cappotto, e perfino le scarpe. Egli univa intelligenza e sforzo che, insieme alla sua pietà, presto fecero meraviglie. Frequentati i primi studi a Chieri, proseguì realizzandoli nel seminario maggiore di Torino. Allora le sue doti teatrali erano già conosciute. I bambini rimanevano affascinati e stupefatti davanti alle acrobazie e ai numeri di magia che realizzava davanti a loro. Erano alcune delle sue tattiche per tenerli lontani dal male. Con la stessa formula a Torino si circondò di ragazzi che vagavano senza meta e si accattivò la loro amicizia senza sforzo.
Fu ordinato sacerdote nel 1841. Ebbe come guida san Giuseppe Cafasso che sostenne la vocazione alla quale si sentiva chiamato: “Prosegui il tuo lavoro coi ragazzi abbandonati. Quello e non altro è ciò che Dio vuole da te”. E gli consigliò: “Cammina ed osserva intorno a te”. Il suo ambiente gli restituiva stampe desolate, miseria spuntata nelle pupille dell’infanzia e della gioventù delle zone periferiche che ben conosceva. “Fino all’ultimo respiro per i giovani”, si disse. Con essi, in particolare i poveri ed abbandonati, condivideva preghiere, giochi, e li invitava a mangiare ogni tanto.
Contava per tutto sull’inestimabile aiuto di sua madre Margherita Occhiena che esercitò grande influenza su di lui, e insieme a lei fece fronte alle critiche e pettegolezzi. Nel dicembre 1841 un ragazzo fu accolto dal santo e dietro di lui ne arrivarono altri. Presto la tettoia Pinardi si riempì di giovani che furono il seme dell’Oratorio di San Francesco di Sales. Quando in un’occasione una benefattrice gli fece scegliere tra il gruppo di bambini e giovani rumorosi, privi di educazione e buone maniere che non avevano ricevuto affetto, e destinare il luogo che aveva per le ragazze, Giovanni non li abbandonò, ma li portò con sé.
Rischiò di perdere la vita a causa di una polmonite, ma si rimise e continuò a lottare per i ragazzi. Riuscì a riscattarli dalle influenze altrui e dai pericoli che li spiavano lontano dalla casa che aveva creato per loro. La chiave di tutto era l’amore che seminava intorno a sé: “Con la bontà e l’amore cerco di guadagnare questi miei amici per il Signore”. Un amore donato a piene mani in modo personalizzato, in un modo che ognuno poteva pensare che era unico per lui. La sua creatività che sembrava non avere frontiere, diede luogo ad officine diverse dove, mentre li teneva al riparo, forniva loro formazione.
Il “metodo preventivo” consistente nella pratica della carità, col senso paolino, diede i suoi frutti, materializzandosi in una solida educazione cristiana ed umana. La continuità di questa opera si produsse attraverso la Pia Società di San Francesco di Sales, i Salesiani, e delle Figlie di Maria Ausiliatrice, le Salesiane, fondate insieme a Maria Domenica Mazzarello. La pedagogia salesiana, conosciuta e stimata ovunque, include le risorse che gli fornì il suo fondatore: scuole tipografiche, riviste e case editrici, tra le altre. Dalla penna del santo sorsero libri didattici avviati sempre ad evidenziare i più alti ideali. Le opere che intraprese ebbero come finalità insegnare che l’amore e la fiducia nei giovani dissolve tutti i mali.
Uno dei suoi alunni, il migliore, fu San Domenico Savio, elevato agli altari a 15 anni. Questi, prima di morire, glossò lo spirito che aveva inculcato loro il suo fondatore, affermando: “Noi qui facciamo consistere la santità in molta allegria”. In un momento nel quale tutti i suoi collaboratori, meno uno, abbandonarono Don Bosco, egli pensò di formare Domenico affinché l’accompagnasse nella sua delicata missione. Tra le sue molte azioni comandò di erigere anche varie chiese. Alla fine della sua vita poté dire con tutta proprietà: “…Quello che ho fatto, l’ho fatto per il Signore… si sarebbe potuto fare di più…. Ma lo faranno i miei figli… la Nostra Congregazione è condotta da Dio e protetta da Maria Ausiliatrice”. Morì a Valdocco il 31 gennaio 1888.
Fu beatificato da Pio XI il 2 giugno 1929, e questo stesso pontefice lo canonizzò il 1° aprile 1934.
TRADUZIONE ITALIANA
Isabel Orellana Vilches, Gesta d’amore (Epopeyas de Amor)
© Isabel Orellana Vilches, 2018
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