Skip to main content
Santo

San Giovanni di Dio, 8 marzo

By 7 Marzo, 2024Aprile 17th, 2024No Comments
Print Friendly, PDF & Email

 

“La pazzia d’amor divino fece di questo santo fondatore dell’Ordine Ospedaliero una manna di incredibile tenerezza per i poveri e i malati. Leone XIII lo dichiarò patrono degli ospedali e degli infermi”.

Juan Ciudad Duarte nacque nel 1495 a Montemor-o-Novo (Évora, Portogallo). Ma Granada fu la croce di questo imponente uomo di Dio, così come lo avvisò il Bambino Gesù che sarebbe successo, mostrandogli una granata socchiusa con una croce nel centro. Lì è amato e venerato da secoli per la sua mirabile carità e misericordia coi poveri ed i malati. È conosciuto come “il santo”. Come successe ad altri fondatori, non avrebbe mai potuto immaginare che sarebbe stato l’artefice di un Ordine religioso.

L’ardua strada verso quel momento fu seminata di episodi diversi, a volte quasi rocamboleschi, poiché fu precoce avventuriero. Se ne andò da casa a 8 anni e si fece pastore a Oropesa, Toledo. Lottò nella compagnia del conte di questa città al servizio dell’imperatore Carlo V, difendendo la piazza di Fuenterrabía attaccata dal re Francesco I di Francia. E vinta la battaglia, non riuscendo a custodire un deposito militare non fu impiccato per miracolo.

Ritornato ad Oropesa si liberò di un matrimonio desiderato dal suo padrone per sua figlia, ma non da lui. Partì per proteggere la città di Vienna minacciata dai turchi, e poi cominciò un periplo come viaggiatore instancabile. Passò per le Fiandre e ritornò in Spagna per mare. Penetrò a La Coruña, visitò Santiago di Compostela e poi si diresse alla casa paterna. Arrivando seppe che i suoi genitori erano morti. Andò allora a Siviglia, vivendo un tempo a Ceuta e Gibilterra.

In questi posti lavorò come boscaiolo, muratore semplice e libraio. Nel 1538 andando a Gaucín, Malaga, gli apparve il Bambino Gesù. Allora gli vaticinò: “Granada sarà la tua croce”. Immediatamente si stabilì nella città dell’Alhambra e mantenne il mestiere di libraio. Distribuiva testi e stampe religiose nel negozio che reggeva di fianco alla conosciuta Porta Elvira. In mezzo a tanto viavai, si sentiva mosso dalla pietà e dalla carità con intensità crescente.

Il 20 gennaio 1539 visse la sua conversione. San Giovanni d’Avila pronunciava un sermone nell’eremo dei martiri. Fece un tale ritratto della virtù di fronte alla bruttezza del peccato che lasciò Giovanni Ciudad commosso. Con grande afflizione ed ansie di penitenza supplicava prostrato a terra: “Misericordia, Signore, misericordia”. Diede i suoi libri alle fiamme, si staccò dai suoi scarsi beni, e si lanciò per le strade, scalzo, per confessare pubblicamente i suoi peccati senza prestare attenzione alle voci della gente che l’insultava gridando: “Al matto, al matto…! “.     

Il Maestro Avila l’aiutò a contenere quella divina pazzia conducendolo ad un effettivo lavoro di carità. Ma prima, passò per un inferno. Due persone in buona fede, credendo di fargli del bene, lo condussero al manicomio, situato in uno spazio dell’Ospedale Reale di Granada. Questo fatto, che per forza aveva dovuto essere traumatico, a lui aprì le porte della missione per la quale fu scelto. Per esperienza seppe del trattamento quasi inumano che si applicava nell’epoca a questo tipo di malati, ed uscì di lì disposto a rimediare a tanta sofferenza. “Gesù Cristo mi porti in tempo e mi dia la grazia affinché io abbia un ospedale, dove possa raccogliere i poveri abbandonati e privi di giudizio, e servirli come io desidero.”    

Peregrinò a Guadalupe per chiedere l’aiuto della Vergine, d’accordo con Giovanni d’Avila, col quale previamente parlò a Montilla e poi a Baeza. A Guadalupe gli apparve la Vergine e mise nelle sue braccia il Bambino Gesù. Consegnandogli alcuni pannolini, gli raccomandò: “Giovanni, vestimi il Bambino per imparare a vestire i poveri”. Commosso per la visione, si formò su quello che era necessario per affrontare la sua opera e cominciò la sua azione a Granada, per indicazione del padre Avila che lo incoraggiò in questa sua attività.

Alla fine del 1539 un piccolo ospedale aperto nella strada di Lucena presto si riempì con poveri abbandonati il cui unico patrimonio era la sofferenza che portavano incisa sulla loro  fronte: orfani, vagabondi, prostitute, anziani, vedove, pazzi, malati diversi, ecc. Li curava, consolava, puliva e forniva loro cibo. Senza arretrare, chiedeva per loro nelle strade con una sporta e due marmitte appese al collo: “Fratelli, fate il bene a voi stessi.”    

Le notti erano testimoni della sua mendicità: “Chi fa bene a se stesso dando ai poveri di Cristo?”, diceva. Gli aprirono le porte e gli fornirono l’aiuto richiesto, perché le genti si commuovevano davanti alla potente presenza di quell’uomo minuto dal quale germogliava l’aureola dell’amore divino. Sulle rive del fiume Darro, nell’avvincente ambiente dell’Alhambra, andava carico con le sue fatiche ed anche con le sue nostalgie per il divino. L’arcivescovo Ramírez di Fuenleal l’impose l’abito e gli diede il nome di Giovanni di Dio. Spiritualmente soffrì gli agguati del maligno.

Nel 1549 accadde uno spaventoso incendio nell’ospedale, e subito cercò di salvare i suoi malati penetrando nel recinto, benché gli consigliassero di non esporre la sua vita. Le sue spalle furono la tavola di salvezza per tutti loro. Miracolosamente, perché lo videro muoversi avvolto dalle fiamme, non soffrì danno alcuno. Numerose donne fuorviate alle quali leggeva la Passione di Cristo si convertirono e cambiarono vita.

Uno dei suoi successi apostolici fu l‘essere riuscito a riconciliare Antón Martín con Pedro di Velasco, assassino di suo fratello. La carità di Giovanni era straripante. Ai primi di febbraio del 1550 seppe che il fiume Genil trascinava legno in gran quantità e ne aveva bisogno per i suoi malati. Stando sulla sponda, vide una persona che annegava. Era molto debole, ma si lanciò lo stesso nel fiume e la salvò. Nonostante ciò, un così grande sforzo gli costò la vita a causa di un esaurimento dal quale non poté ristabilirsi.

Questo eccelso samaritano, penitente e caritatevole, morì con fama di santità l’8 marzo 1550 nella casa dei Pisa dove, a richiesta dell’arcivescovo, l’avevano accolto sperando che recuperasse le forze. Si era prostrato sulle ginocchia abbracciato al suo crocifisso.

Urbano VIII lo beatificò il 21 settembre 1630. Innocenzo XII lo canonizzò il 15 agosto 1691. E Leone XIII lo dichiarò patrono degli ospedali e dei malati.

 

© Isabel Orellana Vilches, 2018
Autora vinculada a

Obra protegida por derechos de autor.
Inscrita en el Registro de la Propiedad Intelectual el 24 de noviembre de 2014.
________________
Diritti di edizione riservati:
Fondazione Fernando Rielo
Goya 20, 4.º izq. int. 28001 Madrid
Tlf.: (34) 91 575 40 91 Fax: (34) 91 578 07 72
E-mail: fundacion@rielo.com
Deposito legale: M-18664-2020
ISBN: 978-84-946646-6-3