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Santo

San Giovanni D’Avila, 10 maggio

By 9 Maggio, 2024No Comments
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“Maestro di carità, dottore della Chiesa e patrono del clero secolare spagnolo. Influì sulla conversione di San Giovanni di Dio e di San Francesco Borgia. Anche Sant’Antonio Maria Claret apprezzò la sua eccelsa virtù”.

Nacque ad Almodóvar del Campo, Ciudad Real, Spagna, il 6 gennaio 1499 o 1500. I suoi genitori erano proprietari di alcune miniere d’argento in Sierra Morena, ma il piccolo Giovanni non stimava per niente le risorse che possedeva. Formato da loro nel rinnegamento e nell’amore per il prossimo, si staccava facilmente dai suoi possedimenti. Così, per esempio, si disfò della sua casacca nuova che offrì ad un bambino povero. Fu inviato a studiare a Salamanca quando aveva 14 anni. Ed ai 18 ritornò al domicilio paterno dopo avere seguito legge, con il rifugio spirituale che gli lasciò un’esperienza di conversione. Visse in orazione e penitenza fino a che nel 1520, incoraggiato da un francescano, partì per Alcalá de Henares per continuare gli studi. Prese contatto con colui che sarebbe poi diventato arcivescovo di Granada, Pedro Guerriero, e col venerabile Fernando de Contreras. Lì sicuramente conobbe san Ignazio di Loyola. Nel frattempo, perse i suoi genitori. In onore ad essi, quando nel 1526 fu ordinato sacerdote scelse la sua città natale per dire la sua prima messa mettendo il segno di invitare dodici poveri a mangiare alla sua tavola, tra i quali ripartì i suoi beni; cominciò così l’evangelizzazione nel suo paese.

La sua seguente tappa fu Siviglia dal cui porto pensava d’imbarcarsi per andare in America insieme all’appena eletto vescovo di Tlaxcala, Nuova Spagna. I piani della Provvidenza erano altri. Nell’attesa condivise le sue ansie di povertà, preghiera e sacrificio col padre Contreras. Entrambi assistevano i poveri e li istruivano nella fede. Attraverso questo compagno, la bussola segnò per il santo un altro destino per la sua vita. Contreras parlò di lui a mons. Manrique, arcivescovo di Siviglia, e questi chiese a Giovanni di predicare in sua presenza. Stette tutta la notte pregando davanti al crocifisso, pieno di gran timidezza. Come confessò poi, in quei momenti pensava alla vergogna che Cristo sopportò, nudo nella croce. Il sermone causò tale impressione che lo riempirono di lodi, ed egli rispose: “Questo stesso mi diceva il demonio salendo sul pulpito”. Di lì partì per Écija, Siviglia e Cadice, posti nei quali la sua predicazione e il lavoro come direttore spirituale continuarono ad essere eccezionali.

Le sue azioni gli portarono persecuzioni ed inimicizie. Nel 1531 fu processato dall’Inquisizione essendo accusato di gravi fatti non commessi. Passò un anno in prigione senza accettare difesa alcuna perché -così lo riconosceva-, stava nelle mani migliori: quelle di Dio. La cella fu posta di celestiali consolazioni. Nel giudizio rispose alle colpe che gli erano imputate dando testimonianza della sua fede, senza riprovare le cinque testimoni dell’accusa. All’improvviso apparvero 55 persone che testimoniarono in suo favore. In prigione scrisse Audi, Filia. Questo periodo gli insegnò molto più che i libri e le esperienze precedenti. Fu liberato, ma l’ingiusta sentenza segnalava “avere proferito nei suoi sermoni e fuori di essi alcuni proposizioni che non sembrarono suonare bene”. E gli imposero, sotto pena di scomunica, che le dichiarasse in modo conveniente dove le aveva esposte.

Nel 1535 partì per Cordova chiamato dal vescovo Álvarez de Toledo. Conobbe allora frate Luís de Granada. Creò le scuole di san Pelagio e dell’Assunzione, ed un anno più tardi andò a Granada per aiutare l’arcivescovo nella fondazione dell’università. Lì lo sentirono predicare san Giovanni di Dio e san Francisco de Borja; l’influsso delle sue parole cambiò radicalmente le loro vite. Aveva grande devozione per il Santissimo Sacramento e per la Vergine. E sapendo della sua capacità persuasiva, un giorno gli chiesero che patrocinasse a beneficio di un tempio dedicato a Maria che si stava costruendo. Egli stesso si offrì immediatamente: “Io andrò lì, e prenderò una pietra sulle mie spalle per metterla nella casa che si edifica ad onore della Madre di Dio”. Naturalmente, come speravano, questo mosse la generosità della gente. Perfino i poveri risposero alle sue richieste con le loro poche proprietà. La chiave della sua forza nei sermoni si trovava nel “amare molto Dio”. Preghiera, sacrificio e studio erano i suoi pilastri. Al suo spirito di povertà univa pazienza, modestia, prudenza, rinnegamento, discrezione; faceva della frugalità virtù esemplare dando testimonianza con la propria vita di quello che predicava. Rinunciò a dignità cardinalizie ed episcopali.

Formò a Granada un gruppo sacerdotale nel 1537 che ebbe sotto la sua protezione, e nel 1539 aiutò la fondazione dell’università di Baeza, Jaen. Gran scrittore e predicatore, il suo amore per il sacerdozio lo portò a chiedere la creazione di seminari per una vera riforma della Chiesa e del clero. nel 1551 ammalò e dovette rimanere nella località cordovana di Montilla. Per quindici anni continuò a scrivere e a consigliare persone di ogni tipo, età, condizione e provenienza. Mantenne la relazione con san Ignazio di Loyola e santa Teresa di Gesù che gli fece esaminare il “Libro della mia vita”, ed ebbe gran influsso su san Antonio Maria Claret. Nel maggio del 1569 la sua salute che era già rovinata da tempo, peggiorò. In mezzo al dolore, esclamava: “Signor mio, cresca il dolore, e cresca l’amore che io mi diletto nel soffrire per Voi” oppure “Signore, più male, e più pazienza! “. Questa era la sua disposizione. Ma quando la debolezza lo vinceva, manifestava: “Ah, Signore, non posso!”. Una notte nella quale aumentarono i dolori chiese a Dio di sradicarli, e così successe. Alla mattina seguente riconobbe: “Che schiaffo mi ha dato Nostro Signore questa notte! “.

Pronto a partire da questo mondo, non trovava maggiore consolazione che la recezione dell’Eucaristia. “Datti a me Signore, datti a me Signore!”, supplicava. Negli ultimi istanti, in mezzo ad intenso dolore e alla fatica che gli faceva proferire: “Va già bene Signore, va già bene”, non cessava di recitare questa giaculatoria: “Gesù, Maria; Gesù, Maria”. Morì il 10 maggio 1569.

Leone XIII lo beatificò il 4 aprile 1894. Pio XII lo designò patrono del clero secolare spagnolo il 2 luglio 1946. Paolo VI lo canonizzò il 31 maggio 1970. Ed il 7 ottobre 2012 Benedetto XVI lo dichiarò dottore della Chiesa.

 

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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