Skip to main content
Santo

San Corrado Birndorfer De Parzham (Giovanni Evangelista), 21 aprile

By 20 Aprile, 2024No Comments

“Il santo portinaio di Altotting. Esempio di carità e pietà nella vita ordinaria di un cappuccino che da bambino aborriva il peccato e che raggiunse la gloria esercitando la sua umile missione durante più di quarant’anni”.

La testimonianza di vita di questo umile cappuccino mette nuovamente in rilievo che la santità si raggiunge in qualunque missione per semplice che sia. L’architrave del convento e la campanella che avvisava della presenza di qualcuno erano lo scenario quotidiano di Corrado. Innanzitutto appena arrivato al chiostro della città bavarese di Altötting col suo caldo sorriso e semplicità disegnava seducenti aspettative azzardando le benedizioni che potevano spargersi su di essi nel religioso recinto. Per un santo le contrarietà sono veicoli di insolita potenza che conducono all’unione con la Santissima Trinità. Egli rese soprannaturale l’ordinario in circostanze ostili. E conquistò la santità. Non ci furono levitazioni, miracoli, né fatti straordinari, bensì lo scrupoloso compimento giornaliero del suo lavoro realizzato per amore a Cristo. Nella portineria che ebbe a suo carico durante più di quattro decadi non dimenticò che sgomberava l’accesso al suo divino Fratello, specialmente quando i poveri arrivavano a lui ed egli li assisteva con esemplare carità. Con virtù come la gentilezza, carità e pazienza, frutto del suo raccoglimento, forgiava la sua eterna corona nel cielo, benché neppure i suoi stessi fratelli di comunità potevano sospettarlo.

Nacque a Venushof, Parzham (Germania) il 22 dicembre 1818 nel seno di una benestante famiglia di agricoltori che ebbero dieci figli, dei quali fu il penultimo. Questi generosi genitori, con le loro pie pratiche quotidiane realizzate in famiglia, gli insegnarono ad amare Cristo, Maria ed a conoscere la Bibbia. Non era strano che in quell’ambiente essendo bambino gli piacesse tanto pregare e sentirsi felice parlando di Dio. Sua madre notava nel piccolo una scintilla speciale quando narravano le storie sacre, e gli domandava: “Giovanni, vuoi amare Dio?” La risposta non si faceva attendere: “Mamma, insegnami tu come devo amarlo con tutte le mie forze”. Crebbe odiando le bestemmie ed il peccato. A poco a poco si scorgeva il suo amore per l’orazione. A questa età fu manifesta la sua inclinazione per lo spirito francescano. A 14 anni perse i suoi genitori e si trasformò in punto di riferimento per i suoi fratelli. Tutti continuarono ad esercitare le pratiche che essi insegnarono loro. Giovanni, in particolare, sfruttava la notte per pregare e realizzare penitenze che molte volte duravano fino all’alba.

Nel 1837 iniziò la sua formazione coi benedettini di Metten, Deggendorf. Ma si vede che il suo campo non era lo studio. In una visita che effettuò al santuario di Altötting ebbe l’impressione che Maria l’invitava a rimanere lì. Tuttavia, nel 1841 si vincolò al Terzo Ordine di Penitenza, Ordine francescano laico. Dio gli mise altre indicazioni che non seppe interpretare e li espose ad un confessore dopo avere pregato davanti alla Vergine di Altötting. Il sacerdote gli disse: “Dio ti vuole cappuccino”. Ripartì i suoi abbondanti beni tra i poveri e la parrocchia per entrare nel convento di Laufen nel 1851. Aveva 33 anni. Lì prese il nome di Corrado.

Il suo noviziato fu costellato di prove e pubbliche umiliazioni che, nonostante fossero di indubbia durezza, gli sembravano ancora insignificanti per quello che giudicava di meritare: “Che cosa pensavi? – si diceva -, credevi di andare a ricevere carezze come i bambini?”. In quei giorni scrisse questa nota: “Acquisirò l’abitudine di stare sempre alla presenza di Dio. Osserverò rigoroso silenzio non appena mi sia possibile. Così mi preserverò da molti difetti, per intrattenermi meglio in colloqui col mio Dio”. Dopo la professione fu destinato alla portineria del convento di Sant’Anna di Altötting, notizia che lo riempì di allegria. Era un posto dove l’affluenza di pellegrini esigeva l’attenzione di una persona squisita come lui. In quella piccola ridotta si santificò per quarantatré anni, vivendo il raccoglimento in mezzo al chiasso creato dal costante traffico dei pellegrini. “Sono sempre felice e contento in Dio. Accolgo con gratitudine tutto quello che viene dall’amato Padre celestiale, siano pene o allegrie. Egli conosce molto bene quello che è meglio per noi […]. mi sforzo ad amare molto la cosa. Ah!, questo è molto frequentemente la mia unica inquietudine che io l’ami tanto poco. Sì, vorrei essere precisamente un serafino d’amore, vorrei invitare tutte le creature ad aiutarmi ad amare il mio Dio.”   

Un giorno notò una celletta quasi nascosta sotto la scala. Aveva una piccola finestra che dava sulla Chiesa. Ed il suo cuore palpitò di gioia: da lì poteva vedere il Tabernacolo! Era un posto oscuro e ridotto. A forza di insistenza ottenne che gli lasciassero abitare quel posto ed in quella dimora continuò a coltivare il suo amore per Cristo crocifisso e Maria. Aiutava in sacrestia e nelle prime messe officiate nel santuario. I suoi superiori l’autorizzarono a comunicarsi giornalmente, qualcosa di eccezionale in quell’epoca. Nessuno lo sentì brontolare né lamentarsi. Trattava tutti con autentica carità, specialmente le persone che cercavano di scomodarlo e scavare la sua mirabile ed eroica pazienza. Non perse mai la mitezza. “La Croce è il mio libro, uno sguardo a lei mi insegna come devo agire in ogni dettaglia”. Fu un grande apostolo nella portineria, l’uomo del silenzio evangelico: “Sforziamoci molto nel portare una vita veramente intima e nascosta in Dio, perché è qualcosa di molto bello trattenersi col buon Dio: se noi siamo davvero raccolti, niente ci sarà di ostacolo, perfino in mezzo alle occupazioni che la nostra vocazione implica; ed ameremo molto il silenzio perché un’anima che parla molto non arriverà mai ad una vita veramente interiore”.     

Riuscì a convertire persone di bassa risma, uomini e donne che poi si arresero a Dio nella vita religiosa. Nei suoi appunti spirituali si legge: “La mia vita consiste in amare e soffrire […]. L’amore non conosce limiti”. Sentendosi morire, bussò alla porta del padre guardiano dicendogli: “Padre, non ce la faccio più”. Tre giorni più tardi, il 21 aprile 1894, morì.

Pio XI lo beatificò il 15 giugno 1930, e lo canonizzò il 20 maggio 1934.

 

© Isabel Orellana Vilches, 2018
Autora vinculada a

Obra protegida por derechos de autor.
Inscrita en el Registro de la Propiedad Intelectual el 24 de noviembre de 2014.
________________

Diritti di edizione riservati:
Fondazione Fernando Rielo
Hermosilla 5, 3° 28001 Madrid
Tlf.: (34) 91 575 40 91 Fax: (34) 91 578 07 72
E-mail: fundacion@rielo.org
Deposito legale: M-18664-2020
ISBN: 978-84-946646-6-3