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Santo

San Antonio María Claret, 24 ottobre

By 23 Ottobre, 2024No Comments

Nacque il 23 dicembre 1807 a Sallent, Barcellona, zona con una fiorente industria tessile, campo degli affari di suo padre. Era il quinto di undici figli. Un bambino intelligente e pio, innamorato dell’Eucaristia e della Vergine Maria, abituato a visitare il Santissimo Sacramento e a recitare quotidianamente il rosario. L’eternità, con la sua eco di “sempre, sempre, sempre”, lo colpì profondamente quando aveva 5 anni. Temeva di perdere questo amore divino di cui sentiva di poter godere, se lo avesse meritato. “Questa idea dell’eternità del dolore resta così incisa in me che, sia per la tenerezza con cui mi è stata data, sia per le molte volte che ci penso, è quanto di più presente ci sia nella mia mente. È quel che mi ha fatto e mi fa lavorare, e mi farà lavorare finché vivo, per la conversione dei peccatori”, raccontava anni dopo.

Visse in un periodo storico turbolento con la rivoluzione francese, i conflitti tra assolutisti e liberali e l’ostilità contro la Chiesa. Andó avanti comunque; il suo unico obiettivo era Dio e confidava nella Provvidenza. Era amante dei libri che leggeva attentamente, acquisendo una grande quantità di conoscenze. Mentre lavorava, studiava alla Escuela de Artes y Oficios de la Lonja di Barcellona con tale successo che un gruppo di uomini d’affari pensò a lui per dirigere una fabbrica; rifiutò l’offerta. Pensava di diventare certosino e ci furono molte prove per lui: le arti seduttive della moglie di un amico, che però non riuscirono a scalfire la sua virtù; o le avventure di un altro amico che finì in prigione. Voleva vincere la sua anima voltando le spalle al mondo e il vescovo di Vic lo incoraggiò a formarsi per diventare sacerdote. Entrò in seminario, sì, ma senza dimenticare di diventare certosino. Dio aveva i suoi piani: proprio quando stava andando verso il convento, una forte tempesta stravolse tutto.

Maria vegliava su questo figlio amato e lo aiutò a superare una forte tentazione contro la castità. Gli mostrò una corona, dicendogli: “Antonio, questa corona sarà tua se vinci”. Dopo aver frequentato il seminario di Vic, dove incontrò Balmes, fu ordinato sacerdote. Sia lì che a Sallent, dove fu assegnato, mostrò il suo zelo apostolico e la sua pietà. Nel 1839 partì per Roma. La parrocchia non soddisfaceva il suo desiderio di evangelizzare; voleva andare in giro per il mondo a far conoscere Cristo. Il viaggio fu difficile, ma quando arrivò nella Città Eterna incontrò i gesuiti e, dopo il ritiro, pensò di entrare nella Compagnia. Si ammalò gravemente a una gamba e prese questo come il segno che la Provvidenza lo volesse in Spagna. E così tornò.

Nel 1841, a Roma, ottenne il titolo di missionario apostolico e si dedicò a percorrere le strade di tutta la regione. “Sono come i cani, che tirano fuori la lingua ma non si stancano mai”, diceva. I doni di cui era graziato sbocciavano man mano che andava avanti. Allo stesso tempo, era accompagnato da diffamazioni e attentati alla sua vita. Da ogni ostacolo o attacco uscì illeso. Nel 1844 cominciò a pubblicare libri e opuscoli. Quasi un centinaio di opere costituiscono la sua eredità. Aveva sentito che Cristo e Maria lo incoraggiavano in questo lavoro fecondo: “Antonio, scrivi”. E così fece. Le donazioni che riceveva le utilizzava per diffondere i testi, che distribuiva gratuitamente dicendo: “I libri sono la migliore elemosina”. Svolse questo lavoro con l’aiuto della Confraternita del Santissimo e Immacolato Cuore di Maria da lui fondata. Conosceva i pro e i contro e diceva: “Uno dei mezzi che l’esperienza mi dice essere il più potente per il bene è la stampa, così come è l’arma più potente per il male, quando se ne abusa”.

Il suo apostolato lo portò alle isole Canarie e poi a Cuba, dove fu nominato arcivescovo della capitale, una nomina che non poté evitare nonostante i suoi tentativi. Il motto da lui scelto: Charitas Christi urget nos, il quale dà un’idea del suo ardore apostolico. In sei anni bagnò l’isola con la sua passione per Cristo e Maria, portando innumerevoli conversioni. Affrontava con coraggio gli oppressori dei deboli. Era un uomo di preghiera, perspicace, austero, amante della povertà, con senso dell’umorismo, abnegato, un pastore che percorreva senza sosta i sentieri, a cavallo quando non aveva scelta, altrimenti a piedi.

Prima di partire per Cuba, aveva già fondato la Libreria Religiosa, l’Accademia di San Michele, l’Arciconfraternita del Cuore di Maria e i Figli Missionari del Cuore Immacolato di Maria, nati nel 1849. Nel 1855, mentre si trovava a Cuba, fondò le Suore Religiose di Maria Immacolata. Fu il direttore di santi come Micaela del Santissimo Sacramento e Joaquina de Vedruna. Altri fondatori trovarono in lui un fratello generoso che accoglieva tutti allo stesso modo. Molteplici fondazioni devono la loro esistenza a questo grande apostolo.

Dopo il suo ritorno da Cuba, fu confessore della regina spagnola Isabella II; nel frattempo, svolse un ammirevole lavoro missionario in tutto il paese. Fece del monastero di El Escorial, che presiedeva, un centro emblematico di cultura; ne intraprese il restauro e lo dotò di un equipaggiamento formidabile. Fu l’architetto delle biblioteche popolari a Cuba e in Spagna. Tra gli altri doni, fu benedetto con miracoli, estasi, penetrazione delle coscienze e, per nove anni, il miracolo della conservazione delle specie sacramentali da una comunione all’altra. Persecuzioni, diffamazioni e tentativi di porre fine alla sua vita, non infrequenti ma sempre senza esito, lo accompagnarono per gran parte della sua vita, fino alla fine. Infatti, dopo aver partecipato al Concilio Vaticano I nel maggio 1870, arrivò a Prades in luglio già molto malato. I suoi detrattori non rispettarono la sua condizione e volevano imprigionarlo, così fu costretto ad andare in clausura con i cistercensi a Fontfroide. Lì ebbe un ictus, il 4 ottobre. Morì il 24 ottobre. Pio XI lo beatificò il 25 febbraio 1934. Pio XII lo canonizzò il 7 maggio 1950.

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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