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Santo

Beato Giovanni Nepomuceno Zegrí y Moreno, 17 marzo

By 16 Marzo, 2024Aprile 17th, 2024No Comments
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“Apostolo della carità e della misericordia. In una rete di interessi non puliti questo fondatore delle Mercedarie della Carità fu ingiuriato dalle sue stesse figlie. In totale solitudine, pieno di virtù, consegnò la sua anima a Dio”.

“Curare tutte le piaghe, rimediare a tutti i mali, calmare tutti i dispiaceri, eliminare tutte le necessità, asciugare tutte le lacrime, non lasciar fuori, se possibile in tutto il mondo, un solo essere abbandonato, afflitto, senza protezione, senza educazione religiosa e senza risorse”. C’è qualcosa più bello di questi propositi fondati sulla suprema eccellenza della carità, comandamento essenziale donato da Cristo? Furono quelli che incoraggiarono la vita di questo beato che non si stancò mai di spargere a piene mani tutto il bene che concepì, prostrato davanti al Redentore e custodito dalla Vergine della Mercede. Il suo motto era: “tutto per il bene dell’umanità, in Dio, per Dio e con Dio.”    

Nacque a Granada, Spagna, l’11 ottobre 1831. La sua radice cristiana era fortemente inserita grazie alla fede che professavano i suoi genitori Antonio e Josefa, cittadini stimati e di gran rilevanza nella capitale. Questo, e l’accurata educazione che ricevette, furono determinanti per la sua vocazione sacerdotale. Suo padre, celebre medico e professore universitario dell’università, era un uomo sensibile che non ignorava le necessità altrui. Ogni volta che era nelle sue possibilità agì generosamente. Influenzato da tanti valori, Giovanni emerse tra i compagni di classe per la sua applicazione allo studio ed esemplare comportamento. E quando si trovò davanti ad un futuro lusinghiero, potendo acquisire la notorietà che gli permettevano le sue molte qualità personali, insieme allo status sociale familiare di cui godeva, conquistando traguardi circondati dal successo, optò per darsi a Cristo.

Entrò nel seminario nel 1850 e nel corso di quegli anni di formazione si fecero palesi le sue magnifiche doti di oratoria. Quasi duecento sermoni raccolti da lui rendono conto della fecondità della sua parola che germogliava dalla sua orazione. Non era un semplice predicatore, bensì un confessore della fede; per questo motivo arrivava a penetrare nel cuore di tante persone. In questi preziosi scritti rimane palese la sua inclinazione per i deboli abbandonati e coloro la cui esistenza scorreva in una continua valle di lacrime per i motivi più disparati.

Fu ordinato sacerdote nel 1855. Pochi giorni dopo perse sua madre vittima del colera. Abbracciato alla croce iniziò la sua traiettoria pastorale che conciliò con l’insegnamento nella scuola di San Bartolomeo e Santiago. Nel frattempo, proseguiva i suoi studi che culminarono con l’ottenimento del dottorato in teologia, la laurea in diritto civile e canonico, ed un baccellierato in filosofia e lettere.

Questa formidabile preparazione l’abilitò per assumere la cattedra di psicologia, logica ed etica dell’Istituto di Granada, mentre si faceva carico anche delle parrocchie di Huétor Santillán e di Loja. Inoltre, esercitò come predicatore numerario della regina Isabella II, fu sacerdote castrense, formatore di seminaristi, arciprete ed esaminatore sinodale a Granada, Jaen ed Orihuela. La sua finezza umana e spirituale, l’aspetto umile, misericordioso, paziente, affabile, pieno di dolcezza, e la sua manifesta tenerezza verso gli altri, suscitò grande stima verso la sua persona.

Nel 1869 fu destinato alla diocesi di Malaga come vicario generale, canonico della cattedrale e visitatore di religiose. La Provvidenza guidò i suoi passi e lo mise a capo della casa della misericordia di Santa Maria Maddalena e San Carlo. Per uno spirito tanto sensibile come il suo, costernato per le necessità e la sofferenza altrui, l’opportunità di trovarsi immerso in quel collettivo di svantaggiati non fece altro che accrescere l’aspirazione di servirli che faceva parte del suo modo di essere. Contemplava afflitto e pieno di pietà le giovani fuorviate che anelavano modificare la rotta della loro sfortunata esistenza. Nel 1872 morì suo padre. Nel 1878 diede impulso alla fondazione delle Sorelle Mercedarie della Carità associate all’Ordine mercedario. Questa opera sarebbe stata la sua croce e la sua gloria.

Le prime religiose presero l’abito a Granada nella primavera di quell’anno, trasferendosi di seguito a Malaga. In mezzo a tenebrosi e poco chiari interessi, quelli che fomenta il maligno, cinque delle nove prime religiose di questo movimento ecclesiale rimasero sedotte dall’offerta di un sacerdote, Diego Aparicio, che era stato al fianco di Giovanni all’inizio della fondazione, e l’abbandonarono. Optarono per ritornare a Granada insieme al presbitero per tornare a rimettere in moto lì l’Ordine. Col cuore afflitto ed una incontenibile emozione, il beato manifestò: “Con due che rimangano, l’opera prosegue; non si scoraggino, Dio provvederà… “. Fissata la sede di Granada come origine della casa generale e noviziato nel 1880, a tutte rimase chiaro, perché così lo disse il loro fondatore che i loro obiettivi dovrebbero essere: “esercitare tutte le opere di misericordia spirituale e corporale nella persona dei poveri… “.

Dopo un primo periodo di feconda andatura si scatenarono gravi avvenimenti. Nel 1888 Giovanni fu accusato ignominiosamente da una delle sue figlie. Le credettero ed egli fu destituito dalla sua missione alla testa della congregazione. Gli arcivescovi di Granada e di Siviglia, provincia dalla quale procedeva la sobillatrice, intrapresero un lavoro di chiarimento dei fatti che andò avanti in modo confuso, col disaccordo delle religiose di entrambe le città. Inoltre, si mescolarono altre ambizioni rispetto all’Ordine istigate da vari ecclesiastici, per cui padre Zegrí ebbe un colloquio a Roma con Leone XIII.

Si riabilitò la sua immagine e gli fu permesso di riprendere le sue funzioni. Ma non fu ben accolto dall’arcivescovo di Granada né dalle religiose. Nel luglio del 1896 diresse loro una lettera facendo notare la sua innocenza. Non riuscì ad arrivare al loro cuore. Nel 1901 conobbe l’approvazione dell’opera che tante sofferenze gli aveva causato. Ma morì a causa di un pertinace diabete, e lo fece da solo, totalmente abbandonato, il 17 marzo 1905. Due decadi più tardi le sue figlie ripararono al loro errore. Egli contemplò dal cielo quel gesto.

Giovanni Paolo II lo beatificò il 9 novembre 2003.

 

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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