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Santo

Beato Antonio Chevrier, 2 ottobre

By 1 Ottobre, 2024No Comments

“Fondatore della Provvidenza del Prado. Il santo Curato d’Ars fu come un padre per questo grande sacerdote che ebbe come punti centrali della sua vita il Presepe, la Croce e l’Eucarestia e che tanto amò i poveri”.

 

In questa festa degli Angeli Custodi, la Chiesa celebra anche la vita di questo beato che nacque a Lyon (Francia) il 16 aprile 1826. La sua umile famiglia si dedicava a tessere la seta. E forse il conoscere di prima mano la realtà della gente con poche risorse, l’interpellò e segnò la sua vita apostolica. La tenacia materna legata alle sue ferme credenze furono grandi alleate per educare il beato a tutti i livelli. Col risultato che essendo adulto, poteva dire: “Sapete quello che fa uomini? Le sofferenze, le privazioni, le umiliazioni. Chi non ha sofferto niente, non sa niente: è un molliccio”. Poco prima di ricevere la prima comunione gli fu concessa una grazia straordinaria. Durante la messa, nel momento della consacrazione, vide una sfera di luce che si sollevava sul calice, ma allora non apprezzò la portata del fatto soprannaturale.

A 14 anni, dopo la domanda che gli formulò un presbitero circa la sua vocazione sacerdotale, sentì che Cristo lo chiamava per questa strada che prima non si era psto. Trovandosi nel seminario di Argentière percepì l’anelito di integrarsi nell’Istituto di Missioni Straniere, di Parigi. Sua madre si opponeva temendo che potesse perdere la vita. Niente avrebbe frenato le sue ansie, ma siccome Dio aveva altri piani, la sua attività seguì altre rotte. Nel 1850 fu ordinato, e lo designarono vicario di Saint-André de la Guillotière, in un quartiere periferico di Lyon; un campo apostolico complesso che si proponeva evangelizzare con orazione e donazione, dedicato a lui fin dalle prime ore senza concedersi un po’ di riposo. Soffrì lo sgarbo, i mali modali e le aggressioni fisiche senza spaventarsi, facendo della sua povertà un potente baluardo.

Nel 1856 il Rodano travolse le poche cose di quelle povere genti, e lui non dubitò di assisterli ovviando il rischio che correva la sua vita. Fu un anno decisivo, quello della sua “conversione”, il momento in cui la luce dall’alto illuminò il sentiero che avrebbe dovuto seguire. Si trovava davanti al presepe riflettendo sul mistero del Verbo fatto carne per amore al genere umano. Allora si sentì potentemente chiamato a vivere povero tra i poveri che lo circondavano. Quella sintonia personale con loro, portata con radicalità evangelica, gli avrebbe permesso di condividere l’amore insondabile di Dio. L’apostolato sociale esercitato con le genti di Lyon contava sulla consulenza e il sostegno del santo Curato d’Ars, contemporaneo suo, che quale aveva consultato. Ambedue sperimentavano la difficoltà pastorale davanti ad un collettivo che otteneva appena le risorse precise per vivere, e che tanto frequentemente si trovava lontano dalla Chiesa, mosso da un sentimento anticlericale.

Giovanni Maria Vianney l’incoraggiò a dirigere spiritualmente la città dal Bambino Gesù orientata all’assistenza e formazione nella fede di bambini poveri ed abbandonati che aveva spinto il ricco e generoso Camillo Rambaud. Il cardinale di Bonald pensò a Chevrier affinché fosse il suo cappellano. E come fanno sempre coloro che hanno vero spirito apostolico, usciva in strada a cercare i diseredati; era anche la tattica seguita dal Curato d’Ars. I due si ammiravano profondamente. Il flusso di persone che accorrevano per confessarsi da Lyon ad Ars era costante, e Giovanni María Vianney normalmente li incoraggiava a dirigersi al beato: “Perché venite? A Lyon avete un santo, il P. Chevrier. Andate da lui; non vi defrauderà”. È il segno dei santi che riconoscono immediatamente l’alta virtù degli altri.

Nel frattempo, alcuni sacerdoti, più preoccupati per il tema economico che per lo spirituale, sottomettevano a critica il padre Chevrier. Per questo motivo, e dato che la sua orazione gli indicava la rotta da seguire, nel 1859 il virtuoso sacerdote si focalizzò espressamente sui giovani emarginati. Aveva come modello il “Poverello”, ed incoraggiato dall’austera vita di Rambaud, si affiliò al Terzo Ordine Francescano. Contando sull’assistenza di frate Pietro Louat e di due religiose, Suor Amelia e Suor Maria, comprò un salone da ballo di grandi dimensioni, che non godeva di buona fama, stabilendo proprio lì la “Provvidenza del Prado” per l’assistenza dei ragazzi che non avevano risorse. Nel 1867 fu designato parroco di Moulin-à-Vent, a 3 km. dal Prado, missione che svolse fino al 1871. Allora aprì una nuova via apostolica: la formazione di sacerdoti che avevano come obiettivo sviluppare il loro lavoro evangelizzatore tra i poveri. “La conoscenza di Gesù Cristo è la chiave di tutto. Conoscere Dio ed il suo Cristo questo lo è tutto per l’uomo, tutto per il sacerdote, tutto per il santo”, diceva loro. Dentro di sé fremeva il suo zelo apostolico: “Oh!, per un’anima che impartisse bene il catechismo che avesse spirito di povertà, di umiltà e di carità, per quell’anima io darei tutto il Prado.”   

I primi quattro ordinati nel 1877 furono il germe della Società dei Sacerdoti del Prado che fondò. In quei momenti iniziali dovette soffrire per i dubbi e l’abbandono di uno di essi. Allora diceva: “Dio mi ha dato aiuti, alcuni buoni coadiutori, ed ora me li toglie. Benedetto sia il suo santo nome!”. Il Presepe, la Croce e l’Eucaristia erano i tre punti centrali di questa spiritualità, un carisma che aveva la messa a fuoco sugli indigenti. “Noi dobbiamo rappresentare Gesù Cristo povero nel suo presepe, Gesù Cristo sofferente nella sua passione, Gesù Cristo che si lascia mangiare nella santa Eucaristia”. Nella sua preghiera, pura donazione, diceva: “Signore, se hai bisogno di un povero, eccomi qui! Se hai bisogno di un matto, eccomi qui! Che pensino quello che vogliono, che mi guardino come ad un matto, poco m’importa, io sono di Gesù Cristo”. Nel 1879 si dimise come superiore, e in questo ufficio gli successe il padre Duret. Soffriva molti dolori per un’ulcera, ed il 2 ottobre quell’anno consegnò la sua anima a Dio. Aveva 53 anni. Terminò santamente come aveva lasciato scritto in una delle sue lettere: “Conoscere Gesù Cristo, lavorare per Gesù Cristo, morire per Gesù Cristo”. 

Giovanni Paolo II lo beatificò a Lyon il 4 ottobre 1986.

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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