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Santo

Beata Natalia Tulasiewicz, 31 marzo

By 30 Marzo, 2024Aprile 17th, 2024No Comments
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“Fame di santità e bellezza e il perdono liberatore, sintetizzano la vita di questa valorosa polacca, filologa, ricercatrice, narratrice di racconti e documenti, che rinunciò ad un matrimonio e diede la sua vita per Cristo nella camera a gas”

Dei 108 martiri beatificati da Giovanni Paolo II il 13 giugno 1999, 9 erano laici, uomini in maggioranza. Due donne componevano questo gruppo. Una era Natalia. Aveva dato la sua vita per la fede a 39 anni. Volle difendere i pilastri che sostenevano la sua esistenza ed accompagnare i deboli. Una testimonianza di indubbio valore sempre, e specialmente nel periodo che attraversiamo ora.     

Era polacca. Era nata il 9 aprile 1906 a Rzeszów. Fu la seconda di sei figli. La sua famiglia seminò nel suo cuore il seme della fede, e la difesa di questo sacro deposito si trasformò nella cosa più importante della sua vita. Altrimenti, non sarebbe stata agente di pastorale, né si sarebbe esposta coscientemente a mettere la sua vita in pericolo. A causa della professione di suo padre, ispettore fiscale, vissero in diversi posti. A Cracovia studiò nella scuola diretta dalle clarisse.  

Nel 1921, stabilendosi a Poznan, proseguì la sua formazione con le orsoline. Tra il 1931 e il 1932 si laureò in filologia polacca. Durante gli anni appoggiò i suoi principi evangelici che l’avrebbero aiutata ad affrontare la perdita di sua sorella maggiore a causa della tubercolosi, malattia che lei stessa contrasse. Andò a Rabki per ricevere le cure, e lì impartì lezioni nella scuola della Sacra Famiglia di Nazareth. Tutto ciò accadeva nei preamboli di un momento storico-politico algido che avrebbe cambiato la faccia del suo paese.     

Voltando le spalle ad un amore che si rifiutava di condividere con lei la fede, capì, a dispetto di tutto, che il suo posto era nel mondo, non nel convento. Fu onesta, coerente, generosissima. Non entrava nei suoi piani del futuro forgiare un focolare insieme ad un uomo che apertamente professava l’ideale comunista. Otto anni cercando di convertire Jack senza riuscirci le bastarono per chiudere questo capitolo della sua vita, non senza dolore, non senza sacrificio. Nel 1934 cancellò il suo impegno ed aprì le sue braccia ad un nuovo orizzonte. Intelligente, vitale ed inquieta, normalmente si circondava di persone che non cedessero alle banalità. 

Amava la musica – nel 1931 aveva difeso la tesi “Mickiewicz e la musica” – e la letteratura l’affascinava. Inoltre, si dilettava con la natura, col teatro… Era poliglotta, ricercatrice, narratrice di racconti, documenti, ed era incline anche al lavoro giornalistico che ebbe la sua manifestazione in elaborati reportage pubblicati sulla stampa del suo paese. Viaggiò per l’Italia e passando per Assisi dovette sperimentare grande emozione trovandosi nella patria del Poverello che era uno dei santi che ammirava. Tra le sue letture si trovava la sua vita, insieme a quella di Teresa d’Avila, Giovanni della Croce ed Alberto Chmielowski. Una personalità molto attraente, prolungamento del suo incanto naturale.   

Dal 1933 al 1937 nella sua attività di docente andò seminando di speranza il futuro dei suoi studenti che accorrevano alle aule della scuola di San Casimiro di Poznan, e nel liceo diretto dalle suore orsoline. Era una leader apostolica nata. Per influsso dell’eccezionale formazione che aveva ricevuto nella sua casa, da bambina si era andato facendo largo nel suo interno un potente sentimento intriso della beatitudine “quelli che hanno fame e sete di giustizia”. Così lo espresse: “La fame è doppia dentro di me. La fame di santità e la fame di bellezza. In realtà, sono la stessa cosa”. Faceva parte della Società di Maria.    

Non appena avvenne l’invasione di Hitler e Stalin della Polonia nel 1939, responsabili di regimi opposti ad ogni fenomeno religioso dettarono contro di essa un’ordinanza di estraniamento. Di punto in bianco si trovò sprovvista di casa e dell’elementare sicurezza e libertà alla quale ogni cittadino ha diritto. Professionalmente diventò una docente obbligata ad impartire insegnamento in modo clandestino. Visse a Ostrowiec Kielecki e finalmente si trasferì a Cracovia, luogo verso il quale si mosse anche la sua famiglia. In quel momento vide costernata come l’esercizio delle lezioni era totalmente vietato per lei. 

Infinitamente più doloroso fu il vedere che le circostanze drammatiche le impedivano di esercitare il suo apostolato. E sommamente preoccupata per la ripercussione che i fatti che accadevano potevano avere nella vita spirituale di tante giovani come lei, specialmente di quelle che erano state inviate in Germania per realizzare lavori forzati, nel 1943 si offrì volontariamente per partire e andare lì, divenendo una operaia di una delle fabbriche. In quel modo poteva incoraggiare le sue compagne a conservare intatta la fede. La decisione sorse dopo avere visitato uno dei suoi fratelli nel ghetto e vedere le condizioni infra-umane che circondavano tutti.    

Ella faceva parte della resistenza polacca. Non è difficile immaginare lo scoraggiamento e l’angoscia di queste braccianti, ed il balsamo che suppose l’offerta di Natalia che trasmetteva loro la piena fiducia in Dio onnipotente. Insieme al lavoro che svolgeva nella fabbrica Günther-Wagner di Hannover, in modo coraggioso infondeva speranza nel Creatore ed incoraggiava oltre trecento operaie polacche ad affidarsi a Lui. 

Questo intenso apostolato laicale che svolgeva richiamò l’attenzione. E fu arrestata dalla Gestapo nel 1944. La reclusione sembrava loro poco e la torturarono in modo atroce, oltraggiandola nella prigione di Colonia per internarla poi nel campo di sterminio di Ravensbrück, Germania. Quel Dio che implorava le aveva dato una forza di ferro.    

Il venerdì Santo del 1945, nonostante le vessazioni sofferte che l’avevano lasciata estremamente indebolita, diede una lezione nella baracca sulla Passione e Resurrezione di Cristo che infuse grande coraggio nei credenti. Una delle sue eroiche lezioni fu il perdono: “Non si può vivere con l’odio, l’odio porta sempre alla morte […]. non si può odiare neanche quelli che ci hanno fatto male”. Il 31 marzo, domenica di Pasqua, la condussero alla camera a gas, dove consegnò la sua vita al Padre. Due giorni più tardi gli alleati liberarono tutti i prigionieri.   

Fu beatificata da Giovanni Paolo II il 13 giugno 1999, insieme ad altri 108 martiri

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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