“Giovane pianista, prima canadese ad essere beatificata. E’ una mistica del nostro tempo, modello per coloro che si propongono di raggiungere la perfezione. Nella sua breve vita incarnò mirabilmente il suo desiderio di amare e lasciar fare a Gesù e Maria“
Dina Bélanger, la giovane e bella canadese che ebbe la fama a portata di mano per le sue eccezionali doti musicali, non trovava nell’agiografia una donna canonizzata che portasse il suo nome, allora ella si propose di riempire quel vuoto con la propria donazione: sarebbe diventata santa. Così lo confidò alla sua educatrice quando constatò che cercava invano un’altra Dina. Perciò non doveva fare altro che “amare e lasciare fare a Gesù e Maria”. Ebbe appena 33 anni di tempo per impastare le virtù, ma furono più che sufficienti.
Nacque a Québec, Canada, il 30 aprile 1897. Sarebbe stata la primogenita di Olivier e Serafina, ma un maschietto nato successivamente morì pochi mesi dalla nascita, per cui fu l’unica figlia del matrimonio. In questa casa agiata ricevette una squisita educazione seguita attentamente dai suoi genitori. Vigilarono affinché certi tratti del suo appassionato e temperamentale carattere, apprezzati quando era ancora una bambina, non vincessero la battaglia. E certamente li temperò in tempo, mettendoci tutto da parte sua. Questo fece di lei una persona affettuosa, docile, umile ed ubbidiente. Tanto Olivier come Serafina le trasmisero, insieme alla fede, eccezionali qualità come la responsabilità, l’ordine, il senso del lavoro, la discrezione, la pietà, la costanza, l’abnegazione ed altri valori che anche gli insegnanti e le alunne scoprirono.
Dall’età di sei anni studiava nella scuola delle religiose di Nostra Signora e lì ricevette la prima comunione. In quel momento le esperienze mistiche che avrebbero segnato la sua vita, si trovavano sulla soglia della stessa. Dato che già prima aveva fatto entrare Dio nel suo cuore, l’aspettava come qualcosa di naturale e così prese il Corpo di Cristo: “La mia felicità era immensa. Gesù era mio ed io ero sua. Questa unione intima causò nella mia anima, tra le altre grazie: la fame del suo Corpo e del suo Sangue che ha continuato a crescere con le comunioni successive”.
Nel 1905 iniziò gli studi di pianoforte. Gli alti voti che otteneva, il dominio strumentale e la sua capacità ad eseguire con maestria i pezzi le predicevano un futuro professionale splendido. Le inesauribili ansie di perfezione segnavano le sue giornate. Per varie volte al giorno supplicava quella grazia. Al centro della sua vita: l’Eucaristia e Maria. Nel 1910 si vincolò alle Figlie di Maria e un po’ più tardi si consacrò alla Vergine. Completò quell’offerta dandosi completamente a Dio, portata dalla “sete di donarsi al suo amore”. Era parte di un intenso programma che la portò fermamente all’unione divina. A 14 anni poté dire con proprietà: “Gesù ed io oramai non sono più due, siamo uno. Solo Gesù fa uso delle mie facoltà, dei miei sensi, dei miei organi. Egli è colui che pensa, agisce, prega, cerca, parla, cammina, scrive, insegna, in una parola, è Lui che vive…”. Secondo quanto confidò lei stessa, Cristo la chiamava: “mio piccolo io”.
L’esplosione della Prima Guerra Mondiale nel 1914 fece sì che crescessero le sue ansie di martirio: “Siccome ho sentito parlare di questa donazione, conosciuta come l’offerta eroica, immediatamente mi offrii, mi abbandonai completamente alla volontà di Gesù, poiché sono la sua vittima”. Due anni più tardi l’inviarono a completare gli studi di piano, armonia e composizione musicale al conservatorio di New York. Si alloggiò nello scelto pensionato “Our Lady of Peace”, proprietà delle religiose di Gesù e Maria. Lì si trovò con pianisti esperti come la cilena Rosa Renard. Fino al 1918 studiò su un formidabile piano Steinway, piano che nel 1990 si sarebbe inviato a Sillery per essere utilizzato da lei poiché lo strumento esistente nel convento era andato preda delle fiamme nell’incendio che questo soffrì nel 1983. Tutto questo tempo rimase sempre vincolata a Cristo mise molta cura nel non insuperbirsi e sostenere fermamente la vocazione all’amore che batteva nel suo cuore.
Ritornò coi suoi genitori nel 1918, e nel 1921 entrò nel noviziato che queste religiose di Gesù e Maria avevano a Sillery. Il suo ardente anelito di vivere unita a Dio cresceva con una perfetta orazione continua e per questo nel suo itinerario spirituale, ai suoi abituali digiuni, rinunce e mortificazioni aggiungeva la meditazione delle piaghe di Cristo. “La pratica dell’unione col mio Dio continuava ad essere l’oggetto del mio esame particolare. Aggiunsi che volevo agire per amore; solo per Gesù”. La superiora notò che si trovava di fronte ad un’anima singolare, e le indicò: “Lei deve scrivere la sua vita, mia cara sorella”. Benché Cristo in una locuzione le dicesse che avrebbe fatto molto bene coi suoi scritti, ella ignorava che questi non erano altro che il compendio della sua vita, benché fosse autrice di altri testi e poesie. Questo richiese da parte sua un notevole sforzo. La contrariava profondamente parlare in prima persona, vedendosi obbligata a scrivere ripetutamente il pronome “io”. Riconobbe che era quello che più le era costato nella vita. Per fortuna ubbidì, e grazie a ciò si conservano le profonde impronte che l’amore di Dio continuava a tracciare nel suo spirito. Nella redazione si percepisce allegria e speranza, fiducia e fede inalterabili. Professando nel 1923 prese il nome di Cecilia, per il suo vincolo con la musica. Fu insegnante di questa disciplina nella scuola.
Un giorno, in mezzo alla sua “notte oscura” percepì soprannaturalmente che Cristo si prendeva il suo cuore, rimanendo Egli al suo posto. In un’altra occasione tornò con questo organo purificandolo con tanto amore che rimase infocato in lei; lei stessa poté soffiare le ceneri, segno della rottura completa col suo passato. Poi, tornò ad occupare il suo spazio nel petto. Quando Cristo le fece capire che sarebbe morta il 15 agosto1924 alludeva ad una morte mistica, non fisica. Questa arrivò il 4 settembre 1929 dopo una tubercolosi che le produsse innumerevoli sofferenze. Aveva detto: “Nel cielo io sarò mendicante d’amore, quella è ila mia missione e la comincio immediatamente, darò l’allegria”.
Giovanni Paolo II la beatificò il 20 marzo 1993.
© Isabel Orellana Vilches, 2018
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