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Vangelo e riflessione

Resurrezione =perdono + vocazione + ispirazione | Vangelo del giorno, 31 marzo

By 27 Marzo, 2024No Comments
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Vangelo secondo San Giovanni 20,1-9:

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

Resurrezione =perdono + vocazione + ispirazione

Luis CASASUS Presidente delle Missionarie e dei Missionari Identes

Roma, 31 marzo 2024 |Domenica di Pasqua

Atti 10, 34a.37-43; Colossesi  3, 1-4; Giovanni 20, 1-9

Vita, morte e resurrezione. Chi può spiegare e godere completamente del senso della vita? E della morte? Della mia vita e della mia morte, della vita e della morte delle persone care… Se per ognuno di noi e per tutte le culture e religioni questo risulta un compito formidabile, che cosa dire della Resurrezione che celebriamo oggi?

Vita, morte e resurrezione sono tre realtà imponenti, tanto che, per molti, l’unica cosa che si può fare è immergersi ciecamente nel mondo, per vivere un presente che non guardi al morire e tanto meno al resuscitare; oppure non pensare, né parlare di tutto ciò. Il comico Groucho Marx ricorse all’ironia: La mia intenzione è vivere per sempre… o morire nel tentativo. 

Ma tutte le persone e le culture con una sensibilità spirituale, fanno uno sforzo nobile ed umile per essere coerenti e cercare di crescere davanti alle realtà della vita e alla certezza della morte, molte volte intuendo quello che può significare la resurrezione, che alcune tradizioni chiamano “immortalità”.

Un venerato ed anziano maestro spirituale, quando era molto vicino alla morte, chiese di essere portato nella sala dove pronunciava i suoi discorsi. Presto andrò in Cielo – disse ai suoi seguaci – ma vi lascio tutti i miei scritti e, insieme ad essi, il mio spirito. 

Quando suo nipote sentì queste parole, si mise a piangere.  Suo nonno, debole per la malattia, si voltò verso di lui e gli disse, in modo abbastanza oscuro: Solo emozioni? No; anche intelletto. A partire da quel momento, il ragazzo solamente pensò e si consolò con la vita dell’anima di suo nonno, senza più fermarsi alla morte del suo corpo.

Davanti alla morte e resurrezione di Cristo, nella Pasqua del 2009, Papa Benedetto XVI indicò come dobbiamo celebrare il giorno di oggi: Gesù è risorto, non perché il suo ricordo rimanga vivo nel cuore dei suoi discepoli, bensì perché Egli stesso vive in noi ed in Lui possiamo già gustare la gioia  della vita eterna. Vale la pena meditare su queste parole, perché TUTTI abbiamo qualche esperienza di autentica conversione.

Inoltre, la Resurrezione di Cristo risponde alla difficoltà essenziale dell’esistenza umana: come può essere che il vero amore abbia fine? Effettivamente, non è così, la “vita eterna” è una realtà, è qualcosa che va al di là della morte anche non possiamo sapere i dettagli che alla nostra insaziabile curiosità piacerebbe conoscere. Tutti vorremmo penetrare in quello che significano le parole che Cristo pronunciò nella sua preghiera d’intercessione: Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. (Gv17, 3). Davanti ad alcune domande insistenti, aveva già risposto chiarendo gli equivoci: Alla risurrezione infatti non si prende né moglie, né marito, ma si è come angeli nel cielo (Mt 22, 30).

Naturalmente, ogni forma di dolore sparirà e verrà sostituita dalla gioia di essere continuamente sotto la luce divina, servendolo in un modo che non possiamo immaginare:

E non vi sarà più maledizione. Il trono di Dio e dell’Agnello sarà in mezzo a lei e i suoi servi lo adoreranno; vedranno la sua faccia e porteranno il suo nome sulla fronte. Non vi sarà più notte e non avranno più bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli. (Ap 22, 3-5).

Il nostro padre Fondatore ha prestato molta attenzione a quello che è la nostra morte e resurrezione ed anche a quello che significa la vita eterna, sostenendo che in realtà non c’è nessun “annichilimento”, quando parliamo del nostro corpo, ma piuttosto un’autentica e completa trasfigurazione, l’attivazione di tutti gli elementi che erano passivi in quello che egli chiama la nostra costante della chiave genetica.

Si racconta di Santa Teresa di Avila che, in un’occasione, il diavolo le apparve mascherato da Cristo. Ma ella lo scoprì subito e lo respinse immediatamente. Il diavolo, prima di ritirarsi, le domandò: Come hai fatto a scoprirlo? Come hai saputo che io non ero Cristo? La risposta della santa: Non hai nessuna ferita – Cristo le ha. Sicuramente, quelle ferite, che permisero a San Tommaso di riconoscere Cristo risorto, avranno una forma trasfigurata nella vita eterna, così come tutte le opere buone e ognuno degli atti di misericordia dei beati che formeranno parte della loro personalità celeste. Sì; Dio si dimenticherà dei nostri peccati, ma le opere buone sono per l’eternità.

Solo le opere buone rimangono e formano quel tesoro, accumulato nel cielo, dove i ladri non scassinano e non rubano. Perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore. (Mt 6, 20-21).

Se ricordassi che ogni piccolo gesto d’amore è letteralmente immortale, eterno… e non posso immaginare a quanti non ho permesso di nascere!

— ooOoo—

Sì, la vita che celebriamo oggi, la vita che Cristo ha conquistato per noi mediante la Sua morte e resurrezione, è qualcosa di più che la mera sopravvivenza, o una vita libera dai problemi, dai dolori, dagli acciacchi o dai fallimenti. È la vita eterna. È una vita per la quale vale la pena vivere in questo mondo e poi morire. Questa è la nostra speranza ed è quello che ci dà coraggio per affrontare le incertezze del futuro e le oscure ombre del passato.

Da dove viene la Beatitudine delle persone fedeli al Vangelo? In primo luogo, dall’impressione di essere sempre accompagnate dal perdono del Padre, dall’amicizia di Cristo e dall’ispirazione dello Spirito Santo. Ma, poi, in secondo luogo, di vivere la certezza che NULLA di quello che facciamo per Lui è inutile, né sterile, nonostante le apparenze. Queste due realtà sono confermate dalla Resurrezione che celebriamo oggi.

Questo non è qualcosa di cui tutto il mondo possa gustare. Tutti percepiamo che viviamo in un’era dove lo scoraggiamento e la depressione invadono tutto. Non è semplicemente trovare qualche difficoltà sul nostro cammino, ma, in certe occasioni, la vita intera sembra precipitare. Gli esempi sono vari ed innumerevoli:

* La persona che inizia una vita matrimoniale e familiare, fino a che le difficoltà di relazione, di cambiamenti di comportamento, economiche o di salute rendono praticamente impossibile proseguire.

* Il giovane che comincia a comprendere con chiarezza che in tutta la sua vita è stato  sfruttato, abusato, ingannato ed utilizzato dagli adulti e forse anche dai suoi stessi amici e familiari.

* L’uomo o la donna che sono stati abbandonati nella loro anzianità, dopo avere dedicato tutta la vita al coniuge e ai figli.

* Chi ha commesso e continua a commettere offese a Dio e al prossimo e cerca disperatamente giustificazioni per nascondere, per non confessare, per minimizzare le sue azioni.

Per l’immensa maggioranza di persone che non vivono un’autentica intimità con le Persone Divine, è impossibile neppure pensare che possa esistere la Beatitudine. Noi, al contrario, siamo testimoni delle opere quotidiane di Dio nella nostra vita, soprattutto: perdono, vocazione ed ispirazione, per questo motivo nelle due prime Letture oggi siamo invitati ad annunciare con parole e opere quello che stiamo vivendo. Non è necessario vedere Cristo Risorto con gli occhi, anche noi siamo testimoni della sua vittoria sulla morte.

Come se poi fosse poco, sappiamo anche come la Provvidenza agisce contro ogni previsione e al di là del peccato, della logica e della giustizia umane. Per citare solo alcuni esempi dell’Antico Testamento:

* Se Giuseppe non fosse stato tradito dai suoi fratelli e venduto come schiavo, non sarebbe stato il loro salvatore, quando la terra fu flagellata dalla fame.

* Se Mosè non fosse fuggito dall’Egitto con un atto di vigliaccheria, non sarebbe stato scelto da Dio per condurre il suo popolo alla libertà.

* Se David non avesse commesso un omicidio come mandante e l’adulterio con la moglie di Uria, Salomone non sarebbe nato.

La scena della Resurrezione e la nostra esperienza c’insegnano che la fede si basa sul vedere, come successe ai discepoli che videro il sepolcro vuoto. È veramente ridicolo dire che la fede significa “credere senza vedere”, perché sarebbe una specie di crudeltà da parte di un dio che gioca a nascondersi per provare gli uomini.

Chi ha fede, in qualche modo ha visto. Anche con gli occhi del viso. Come disse San Giovanni Paolo II ai giovani nel 1998:

Credere è vedere le cose come le vede Dio, partecipare della visione che Dio ha del mondo e dell’uomo, d’accordo con le parole del Salmo: “La tua luce ci fa vedere la luce”, (Sal 35(36), 10). Questa “luce della fede” in noi è un raggio della luce dello Spirito Santo. 

Ci sono persone che non vogliono vedere i segni della Resurrezione “nel mondo e nell’uomo” ed altre che non hanno avuto la grazia che nessuno gliele abbia mostrate.

Invece di gustare la libertà cristiana ed anticipare un focolare in cielo, coloro che rifiutano la resurrezione sono schiavi del presente, senza una speranza reale, né senso della vita. Questo spiega perché tanti sono bloccati nel pozzo della disperazione e della mancanza di speranza nelle nostre società attuali. Quando l’uomo non crede più nella resurrezione dopo la morte, nella redenzione dopo il peccato, discende nel pozzo del senza senso.

La carriera, la famiglia e le buone opere possono offrire un breve piacere, ma non il tipo di gioia che viene dal sapere che stiamo lavorando per compiere la volontà divina. Per questo motivo, la credenza nella resurrezione non è un punto di dibattito teologico. O crediamo che Cristo è risorto dai morti ed è asceso al cielo, o non lo crediamo. Se respingiamo la sua vittoria sulla tomba, ci neghiamo un posto nell’eternità. Ma se accettiamo la verità, Paolo ci assicura che saremo salvi.

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Nei Sacri Cuori di Gesù, Maria e Giuseppe,

Luis CASASUS

Presidente