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Vangelo e riflessione

Lo Spirito soffia dove vuole | Vangelo del giorno, 2 febbraio

By 29 Gennaio, 2025No Comments


Vangelo secondo San Luca 2,22-40:

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, Maria e Giuseppe portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui.

Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».

C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

Lo Spirito soffia dove vuole

Luis CASASUS Presidente delle Missionarie e dei Missionari Identes

Roma, 2 febbraio 2025 | La Presentazione del Signore

Malachia 3, 1-4; Lettera Ebrei 2, 14-18; Luca 2, 22-40

In questa domenica, in cui celebriamo la Presentazione del Signore, appare la figura di Simeone che non era un dottore della Legge, né un levita. Però, senza avere bisogno di segni speciali, né messaggi di annuncio, riconobbe Cristo in un neonato che, come tanti altri, erano portati al Tempio per compiere i riti degli ebrei. La stessa cosa successe ad Anna, la paziente profetessa “che si presentò in quella stessa ora”.

Le due figure ci interrogano col loro intervento: Siamo sempre capaci di riconoscere le Persone Divine? 

La  risposta dovrebbe essere certamente negativa, perché già Gesù ci dice: Mio Padre  anche oggi, sabato, sta operando e anche io opero (Gv 5, 17), per cui comprendiamo che le Persone Divine ci cercano, ci chiamano, in ogni momento. È ironico come molti di noi ci lamentiamo che Dio non ci parla con chiarezza, mentre molti santi hanno sottolineato la sovrabbondanza di segni e della sua divina ed affettuosa presenza. Così, San Francesco Saverio ripeteva: Basta Signore: se mi mandi tante consolazioni mi farai morir d’amore.

In realtà, basta molto poco per renderci incapaci di distinguere le voci del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Basta una distrazione che non è mancanza di attenzione, bensì rivolgere verso un’ altra realtà la nostra capacità di unirci: un pensiero, un’emozione, un ricordo, la paura…

Questo spiega perché i santi hanno cercato di essere autenticamente disciplinati nei loro pensieri e perché il nostro padre Fondatore ci avverte del pericolo dei pensieri inutili che sono una moltitudine e c’invadono silenziosamente. Alcuni di noi siamo vittime della curiosità, altri delle proprie fantasie, ma non crediamo che l’attenzione sia una risorsa limitata che deve essere utilizzata con prudenza e senso di povertà evangelica.

Vorrei illustrare con una favola come un bambino può insegnarci a rivolgere l’attenzione a ciò che è veramente rilevante e non alle chimere del mondo:

Un bambino che passeggiava nel cortile di una chiesa vide muoversi qualcosa nell’erba. Si inginocchiò e prese una ranocchia. La rana guardò il bambino e gli disse: Se mi baci, mi trasformerò in una bella principessa. Il bambino guardò la rana e se la mise in tasca.

Dopo alcuni minuti che girellava per vedere che altro poteva trovare, la rana tirò fuori la testa dalla tasca del bambino e gli disse: Se mi baci, mi trasformerò in una bella principessa e potrai sposarti con me e saremo principe e principessa. Il bambino guardò di nuovo la rana, riflettè un momento e tornò a mettersela in tasca.

Dieci minuti più tardi, mentre il bambino continuava a girarellare alla ricerca di tesori, la rana,  impaziente, tornò a metter fuori la testa dalla tasca del bambino. Se mi baci, mi trasformerò in una bella principessa e potrai sposarti con me e saremo principe e principessa, ed io mi curerò di te per il resto delle nostre vite. Per la terza volta, il bambino guardò la rana e stava per tornare a metterla in tasca quando la rana disse, con un po’ di imbarazzo: Che ti sembra? Questa volta il bambino le rispose: Vedi, sono ancora  un bambino piccolo. Ancora non mi interessano le ragazze e tutte quelle cose. Ma una rana che parla… questo mi sembra geniale!  

Potremmo pensare che l’attenzione alla voce di Dio sia necessaria perché così evitiamo di cadere nei peccati e di commettere azioni deplorevoli. Ovviamente, ma la ragione essenziale è che solo così, con una attenzione totale, possiamo servire, raccogliere quello che l’Ispirazione ci suggerisce ed essere strumenti per lavorare per il regno dei cieli.

La sapienza dell’Antico Testamento riflette già il lamento di Yahvé per la nostra mancanza di attenzione e per come ci lasciamo sedurre dal mondo:

Non ascoltate le parole dei profeti che profetizzano per voi; essi vi fanno credere cose vane, vi annunziano fantasie del loro cuore, non quanto viene dalla bocca del Signore. (…) Ma chi ha assistito al consiglio del Signore, chi l’ha visto e ha udito la sua parola? Chi ha ascoltato la sua parola e vi ha obbedito? (Ger 23,16-18).

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Il Vangelo di oggi ripete che lo Spirito Santo era su Simeone e che fu lo Spirito Santo che lo fece andare al Tempio…Come tutti i veri contemplativi, Simeone è capace di distinguere la volontà divina, al di sopra di tutti gli avvenimenti superficiali, degli eventi dolorosi o spettacolari, che, senza dubbio lasciano effetti sulla nostra vita emozionale, fisica e spirituale, ma non potranno mai separarci dalla vocazione continua, dalla chiamata a vivere lo Spirito Evangelico nei momenti difficili e in quelli che consideriamo ordinari (Rm 8, 35).

Sappiamo che è così, tuttavia, la realtà dei nostri tempi, del tempo di Gesù e dell’epoca di Malachia, dimostra che, in molte occasioni, emozionalmente o razionalmente, ci succede il contrario:

Avete affermato: «È inutile servire Dio: che vantaggio abbiamo ricevuto dall’aver osservato i suoi comandamenti o dall’aver camminato in lutto davanti al Signore degli eserciti? Dobbiamo invece proclamare beati i superbi che, pur facendo il male, si moltiplicano e, pur provocando Dio, restano impuniti». (Mal 3, 14-15).

Il dolore, davanti alla sofferenza propria e delle persone che amiamo, porta a domandarci: Come può Dio permettere questo? Dov’è il Dio misericordioso del quale parlano l’Antico ed il Nuovo Testamento?  

Queste domande nascono naturalmente da un cuore tormentato dal dolore, ma possono creare confusione nella nostra mente. Tutti ricordiamo che parole molto simili furono pronunciate dal grande Papa Benedetto XVI, quando visitò un campo di sterminio della II Guerra Mondiale: Dov’era Dio in quei giorni? L’unica risposta è la voce di Cristo sulla Croce: Dio mio, perché mi hai abbandonato? Facendoci vedere che l’essere umano non può, né potrà mai comprendere del tutto le tragedie del mondo.

Semplicemente, siamo invitati a ricordare quante volte abbiamo ricevuto perdono, quante volte siamo stati salvati dalle nostre mancanze e limitazioni. Come disse in un’occasione il poeta e pittore britannico Dante Gabriel Rossetti, (1828-1882), il peggior momento per l’ateo è quando deve ringraziare e non sa a chi. 

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La profetessa Anna appartiene alla tribù di Aser, la più piccola ed insignificante di tutte, ma, come Simeone, è capace di godere della presenza di Gesù che agli altri risulta inavvertita. Questo dato della sua appartenenza non è irrilevante, perchè, come nel caso di Simeone, sottolinea come le persone di ogni tipo possono avere un incontro con Cristo in ogni momento, a condizione di vivere un’attenzione simile a quella di questa fedele vedova.

Normalmente si dice che la qualità di una società si può misurare dal modo in cui tratta i più piccoli. In realtà, Maria, Giuseppe, Anna e Simeone c’insegnano come riconoscere il divino che c’è nei nostri figli, nei bambini e nei giovani e a cercare la maniera di consacrarli a Dio, non solamente con una cerimonia, bensì contagiando le loro vite con l’entusiasmo che sentiamo per le Persone Divine.

Maria e Giuseppe consacrano il loro figlio a Dio, facendo tutto quello che la Legge esige ed orientando così Gesù verso Colui al quale realmente appartiene. Simeone ed Anna riconoscono la divinità nel bambino, lasciandosi benedire da lui e benedicendolo davanti agli altri. Così, consacrato a Dio e benedetto ed amato da quelli che l’amavano, Gesù cresce pieno di sapienza e grazia di Dio. In effetti, così finisce il testo evangelico di oggi: La grazia di Dio era sopra di lui.

La gioia di Simeone e la disposizione a partire da questo mondo “perché ha visto la salvezza” ricorda la soddisfazione di alcuni genitori che vedono i loro figli orientati e ben avviati nella vita. Nel nostro cammino di fede, ci succede qualcosa di simile, però ancora più grandioso, quando comproviamo che modestamente abbiamo collaborato ad avvicinare i più giovani a Dio. Sicuramente, siamo capaci di dar loro molte forme di bene approfittando della nostra esperienza e nostra generosità naturale, ma questa gioia di Anna e Simeone è quella di chi si sente grato per avere contribuito a presentare il Bambino a Dio; prenderlo tra  le sue braccia è un segno molto espressivo, che rappresenta come quel Bambino avrebbe vissuto un permanente incontro con suo Padre.

Per questo motivo, nelle chiese orientali, si conosce la festa di oggi come quella dell’Incontro, che si incastra perfettamente con la celebrazione del Giorno della Vita Consacrata, a cui il santo Papa Giovanni Paolo II volle assegnare il motto “Qui sto, Signore, si faccia la tua volontà” che raccoglie quel desiderio di attenzione permanente che brilla nelle persone di Simeone ed Anna.

Tutti i fondatori hanno saputo vivere ed adattarsi allo stupore dell’incontro con Gesù, non solo in un’occasione, bensì durante tutta la loro vita. Affinché quell’incontro fosse possibile, come ci ricorda la Seconda Lettura, Egli è passato per la prova del dolore, per questo può aiutare quelli che ora passano attraverso di essa. 

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Nei Sacri Cuori di Gesù, Maria e Giuseppe,

Luis Casasus

Presidente