Skip to main content
Vangelo e riflessione

Erano stanchi e abbandonati. | Vangelo del giorno, 18 giugno

By 14 Giugno, 2023No Comments
Print Friendly, PDF & Email

Vangelo secondo San Matteo 9,36-38.10,1-8.

Vedendo le folle ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore.
Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è molta, ma gli operai sono pochi!
Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!».
Chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d’infermità.
I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea, suo fratello; Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello, Filippo e Bartolomeo, Tommaso e Matteo il pubblicano, Giacomo di Alfeo e Taddeo,
Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, che poi lo tradì.
Questi dodici Gesù li inviò dopo averli così istruiti: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele.
E strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino.»
Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».

Erano stanchi e abbandonati.

Luis CASASUS – Presidente delle missionarie e missionari identes

Roma, 18 giugno 2023 – XI domenica del Tempo Ordinario

Esodo 19, 2-6; Romani 5, 6-11; Matteo 9, 36-38. 10, 1-8

Il Vangelo di oggi non lascia molto spazio ad interpretazioni sofisticate: Gli operai sono pochi. È un’affermazione, se si vuole, quantitativa, aritmetica, ma è dolorosa e costituisce una sfida. Nessuno discute il fatto che il numero delle vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa diminuisca in quasi tutto il mondo e, quello che è ancora più complicato, nei luoghi dove il numero di vocazioni non è caduto drammaticamente, non tutte sono autentiche e pure.

Già all’epoca di Cristo la situazione era difficile. Riuscì ad inviare solo 12 discepoli e più tardi riuscì a prepararne altri 72. Visitare tutte le città e popoli della Galilea per annunciare la Buona Notizia era già un compito straripante, dato il volume della popolazione. Ma questo è qualcosa di sorprendente. Non disse lo stesso Gesù che avrebbe potuto contare su dodici legioni di angeli per aiutarlo (Mt 26, 53)?

Qui sembra esserci qualcosa di strano. I regni non erano così, non lo sono stati mai. Un re non aveva mai scarsità di servi, collaboratori o soldati.

Questo dice il profeta Samuel rispetto al futuro re Saul:

«Queste saranno le pretese del re che regnerà su di voi: prenderà i vostri figli per destinarli ai suoi carri e ai suoi cavalli, li farà correre davanti al suo cocchio, li farà capi di migliaia e capi di cinquantine; li costringerà ad arare i suoi campi, a mietere le sue messi, ad apprestargli armi per le sue battaglie e attrezzature per i suoi carri. Prenderà anche le vostre figlie per farle sue profumiere e cuoche e fornaie» (1Sam 8, 11-13).

Se erano necessari più lavoratori, e Cristo avrebbe potuto ottenerli chiedendoli al Padre, perché si lamenta che gli operai non sono sufficienti? Poche persone, in primo luogo i Fondatori, hanno una comprensione più ricca (non opposta) di quelle parole di Gesù. Come il nostro padre Fondatore ci diceva qualche volta, basterebbe un autentico e impegnato missionario o missionaria in ogni continente, per iniziare un’intensa rivoluzione spirituale in un territorio. Questo ci indica già una strada per comprendere meglio quello che Gesù ci invita a portare a termine: Chiedere al padrone della messe che invii più operai. 

Questa richiesta non significa elevare gli occhi al cielo e dire: Padre, devi fare qualcosa, invia più aiuti, perché il lavoro è troppo per noi. La preghiera che fece Gesù non fu quella e certamente non è un’orazione fatta semplicemente di parole. Il dialogo che dobbiamo intavolare si può riassumere così:

Padre, il giorno finisce. Credo di averti dato tutto oggi; se non è così, ti prego fammelo sapere, ma mi sembra di non poter fare di più. Perdonami se mi sbaglio. Ora, credo di poterti chiedere di toccare il cuore di altre persone, migliori di me, per lottare per il tuo regno. Ti prometto che domani continuerò a fare tutto il possibile. 

Questa preghiera è un dialogo di fatti e di parole. Non presento a Dio Padre solo i miei buoni desideri, ma anche lo sforzo realizzato. È la confessione, audace ma sincera, che credo di aver fatto il massimo possibile.

Succede che Dio ha per il suo Regno una logica differente dalla nostra. Per muovere i cuori attende che i suoi operai arrivino fino al limite delle loro possibilità, com’è successo nel miracolo dei cinque pani e due pesci o nella vita di una bambina molti anni fa:

Una bambina stava piangendo davanti alla porta di una chiesa, il parroco la vide e le domandò perché piangesse. Ella disse: Oggi non posso assistere alla catechesi perché non ci sono più sedie. Il sacerdote vide che la bambina aveva un aspetto trasandato ed era vestita di stracci, e capì immediatamente. La prese per mano, la portò in classe e le cercò un posto. La sera, la bambina ricordò come aveva potuto assistere alla catechesi quella mattina e si sentì molto riconoscente. Ma pensò ai molti bambini che non potevano assistere e conoscere Gesù perché la chiesa era troppo piccola. Cosicché decise nel suo cuore di aiutare a costruire una chiesa più grande. Passati due anni, la bambina si ammalò e morì. La sua famiglia chiese al sacerdote di celebrare il funerale. Scoprirono che aveva un piccolo borsellino con una nota. In essa, la bambina aveva scritto: “Questo è per il Signore, per ampliare la nostra piccola chiesa, affinché più bambini possano venire alla chiesa e conoscere e adorare Gesù”. 

Dentro il borsellino c’erano 57 centesimi. La bambina li aveva raccolti in due anni. Leggendo la nota, il sacerdote pianse. Durante il funerale, raccontò la storia del borsellino della bambina ed il suo desiderio. Poi, incoraggiò i parrocchiani a fare realtà del desiderio dalla bambina. Un giornale venne a sapere della storia della bambina e la pubblicò. Un cittadino benestante lesse l’articolo, si commosse per la storia della bambina e vendette un terreno alla chiesa per 57 centesimi. In 5 anni, la gente della chiesa fece molte donazioni e tutti coloro che si commossero per la storia inviarono denaro. I suoi 57 centesimi si trasformarono in una grande quantità in quell’epoca. Oggi, a Filadelfia, si trova una chiesa, con capacità per 3.300 persone, con una foto di una bambina che sorride e mostra la sua offerta di 57 centesimi.

Gli operai che sono come questa bambina sono gli unici capaci di avvicinare a Dio qualunque essere umano, arrivando a commuovere anche il più indifferente o egoista. Certamente, già Gesù ci aveva avvertito che il suo regno non è di questo mondo

— ooOoo—

 

La difficoltà del raccolto abbondante non è legata solo al grande numero di persone, ma l’arrivare veramente ad ognuna di esse non è un tema banale. Cristo si lamentava che le persone che erano state guarite o alimentate dai suoi miracoli, non erano cambiate, poche volte avevano manifestato la loro gratitudine o non erano neanche state disposte ad ascoltarlo.

Questo non è solo un problema morale, bensì un’autentica e profonda limitazione. Per molti motivi, risulta a tutti noi difficile accogliere la Buona Notizia; questo non deve sorprenderci, e neppure scoraggiarci. Il testo evangelico ci dice che Cristo si commosse per due difficoltà della “moltitudine”: erano stanchi e abbandonati.

È da notare come già la Genesi descriva in modo simile la condizione umana dopo il peccato. Da una parte, l’esaurimento per il lavoro, per avere i figli con dolore, per il conflitto tra uomo e donna, tra fratelli… d’altra parte, l’allontanarsi da Dio, non essendo fedeli all’amicizia con Dio ed essendo stati espulsi dal Paradiso, il che porta ad un sentimento di solitudine, accentuato dalla morte e dall’allontanamento degli esseri cari. La nostra stanchezza ed abbandono, è ciò che commosse il cuore di Gesù ed è quello che muove il cuore del vero apostolo. 

Chi di noi non ha sentito una forma di stanchezza? Chi non ha sperimentato una qualche forma di solitudine? Se non vedo queste due forme, questi due segni permanenti di dolore nell’essere umano, non posso essere un vero apostolo. Meno male che lo Spirito Santo è capace di fare crescere la nostra sensibilità e per mezzo delle nostre esperienze di stanchezza e di solitudine, possiamo aiutare in questo abbondante raccolto, senza misurare il nostro sforzo, che deve essere soprattutto di rinnegamento, più che di attività. Così saremo come quella gente semplice della parabola degli operai dell’ultima ora (Mt 20, 1-16) che cercavano lavoro e fu sempre data loro l’opportunità di lavorare per il regno dei cieli.

Se la nostra vita, pur essendo peccatori, riflette l’immagine di Cristo, per la grazia che riceviamo per essere umili apostoli, si realizzerà quello che il Papa Francesco disse una volta (10 ABR 2016):

La presenza di Gesù risorto trasforma ogni cosa: il buio è vinto dalla luce, il lavoro inutile diventa nuovamente fruttuoso e promettente, il senso di stanchezza e di abbandono lascia il posto a un nuovo slancio e alla certezza che Lui è con noi.

Vorrei terminare questa meditazione ricordando un momento dell’Antico Testamento (Giudici 6-8), per insistere sul fatto che i veri apostoli non sono semplicemente coloro che lavorano molto, bensì coloro che si rinnegano totalmente. Yahveh dice al Giudice Gedeone, prima della battaglia coi madianiti, che ha troppi soldati e finisce facendogliene scegliere solo 300. Comprendiamo che tipo di lavoratori mancano nella Chiesa?

Nei Sacri Cuori di Gesù, Maria e Giuseppe,

Luis Casasus