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Santo

San Domenico de la Calzada, 12 maggio

By 11 Maggio, 2024No Comments
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“Ineludibile referente del Cammino di Santiago che dotò di numerose risorse. E’ il patrono degli ingegneri civili, un grande apostolo al quale sono attribuiti numerosi miracoli come quello di una gallina che cantò dopo essere stata fatta arrosto”.

Appartiene ad una delle epoche che hanno contribuito a rinvigorire il Cammino di Santiago. Egli stesso ne fa parte con la sua persona e la sua attività. Lasciò la sua impronta in una delle tappe di questo Cammino, instancabilmente percorso per secoli da numerosi pellegrini che accorrono a pregare davanti alla tomba dell’Apostolo Giacomo. Fu contemporaneo dei santi Domenico de Silos e Giovanni de Ortega, testimoni delle sue virtù. I suoi genitori, Ximeno García y Orodulce l’accolsero con gioia quando venne al mondo a Vitoria da Rioja, Burgos, Spagna, verso l’anno 1019. Non potevano neppure immaginare la trascendenza che il loro virgulto avrebbe avuto, ma l’impatto della sua esistenza benedetta con numerosi miracoli si è mantenuto vivo fino al giorno d’oggi. Erano padroni di diversi possedimenti che misero nelle mani degli altri. E sicuramente la rilevanza di quello che visse in una casa segnata dal distacco dovette infondere in Domenico una pronta aspirazione per la vita religiosa. Naturalmente, la sua tappa di formazione per quattro anni insieme ai monaci benedettini di Nostra Signora di Valvanera in Logroño, dove arrivò verso il 1031, suscitò un chiaro anelito di fare parte della comunità. Lì si era impregnato della ricchezza impastata da questi umili seguaci di Cristo, abituati all’orazione, al lavoro e allo studio, conoscitori della scienza, esperti miniaturisti, artefici di gioielli unici, incunaboli che continuano a mettere in rilievo la fecondità della vita monastica e lo splendore di un’epoca che perdura ancora.

Con questo grande cumulo patrimoniale Domenico dovette partire senza riuscire nel proposito di convivere insieme ai monaci il resto dei suoi giorni. Forse l’abate non volle oscurare il futuro dei suoi genitori che avevano depositato le loro speranze nell’erede e ancor meno, essendo suo padre già morto, aumentare il dispiacere di Orodulce. Ma Domenico ci provò di nuovo bussando al monastero di San Millán de la Cogolla, un altro dei bastioni spirituali e culturali attigui. Neanche lì ebbero successo le sue indagini. Si vede che Dio aveva scelto per lui la vita eremitica, la solitudine, e la feconda via purgante del silenzio, almeno per un certo tempo, poiché i suoi piani andavano più in là. E si ritirò all’Ayuela o Fayuela, un piccolo monte circondato di querce vicino all’enclave di quello che oggi si conosce come Domenico de la Calzada, per dare gloria all’Altissimo.

La sua dimora fu un eremo diroccato intorno al quale coltivò la fertile terra per rifornirsi di ciò che gli serviva senza dipendere dall’elemosina. Era degno erede della genuina tradizione eremitica e visse come tale fino all’anno 1039. Si pone quella data come quella dell’inizio della sua collaborazione col vescovo di Ostia, Gregorio, che si era trasferito nella località di Calahorra con un lascito papale allo scopo di aiutare la gente a disfarsi di un’insidiosa piaga di aragosta che invadeva i suoi campi. Egli fu colui che l’ordinò sacerdote. Ambedue costruirono un ponte di legno per attraversare il fiume Oja pensando, soprattutto, a ridurre le difficoltà di accesso che trovavano i pellegrini che si dirigevano a Santiago di Compostela.

Il prelato morì nel 1044 e Domenico continuò a lavorare in maniera instancabile in modo solitario. Quando il fiume cambiò il suo alveo ed il ponte primitivo smise di essere percorribile, iniziò il complesso compito di sostituirlo con uno di pietra. Destinò i suoi beni a questa importante costruzione, oltre a praticare l’elemosina per contribuire alle abbondanti spese che implicavano materiali e manodopera. Alla fine del 1046 terminò questa opera di ingegneria, uno splendido ponte con 24 arcate sul fiume Oja, che facilitava il costante passaggio di pellegrini. Esiste ancora attualmente. Ma il suo contributo al Cammino di Santiago era appena cominciato. Poi l’incrementò con nuove infrastrutture: alberghi, un eremo che mise sotto l’invocazione di Santa Maria, un ospedale per aiutare i pellegrini…. E la creazione di carreggiate. Insieme a Juan de Ortega variò il primitivo accesso romano spostandolo verso il sud a favore dei viandanti, e così consolidò il transito per Nájera e Redecilla del Camino. Per questa azione, la località si conosce come San Domenico “de la Calzada”.

Contò sull’appoggio di nobili e del monarca Alfonso VI di Castiglia. Questo seppe stimare l’importanza del Cammino di Santiago (Itinerario Culturale Europeo dal 1998), a tutti i livelli. Contribuiva al progresso e, inoltre, fu decisivo per impiantare il castigliano in quel privilegiato ambiente. Domenico attrasse lì il patrimonio culturale che accompagna questa via, perché l’impronta del Cammino si apprezza nello splendente romanico che lo circonda ed in altre arti che fiorirono al suo passaggio insieme all’architettura: musica, pittura, scultura, etc. come altri beni immateriali, costumi, lingue, pensiero…

Gli vengono attribuiti innumerevoli miracoli. Uno dei più popolari sembra sia quello accaduto nel secolo XIV in una locanda. Sarebbe stata preparata per una coppia che andava a Santiago di Compostela insieme al loro figlio. Invaghitasi di lui la figlia del locandiere, e vedendo che non era corrisposta, preparò la sua vendetta introducendo nella bisaccia del ragazzo un oggetto d’argento. Quindi lo denunciò, un delitto per il quale fu condannato a morire impiccato. Ma non perse la vita, come constatarono i suoi genitori il giorno dopo. Il giovane spiegò che lo doveva a Domenico che lo liberò dall’asfissiante corda. Il governatore fu informato dell’evento dai felici genitori del ragazzo. In quel momento aveva di fronte a sé un piatto con un gallo ed una gallina arrostiti e si disponeva a cibarsi delle vivande. Cosicché non gli venne un altro paragone che quello degli uccelli, rispondendo scettico alla coppia che il loro figlio era tanto vivo come quelle bestie. In quel momento cantarono attestando così l’autenticità del miracolo. Di lì il detto: «Santo Domingo de la Calzada donde cantó la gallina después de asada» (“San Domenico de la Calzada dove cantò la gallina anche se arrosto”). Domenico morì il 12 maggio 1109.

Benché non esista costanza della sua data di canonizzazione, nel Martirologio del 1584 appariva già iscritto come santo. È patrono degli ingegneri civili.

 

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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