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Santo

San Benedetto da Norcia, 11 luglio

By 10 Luglio, 2024No Comments
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“Abate, patriarca del monacato occidentale. Redattore della Regula monasteriorum, punto di riferimento ineludibile per la vita monacale che l’ha avuta come norma per più di 1500 anni. Proclamato Patrono d’Europa da Paolo VI”.

“Non anteponete assolutamente nulla a Cristo, il quale ci porterà tutti insieme alla vita eterna”, indicò al cap. 72 della sua regola questo grande santo. Il Libro Secondo dei Dialoghi che san Gregorio Magno redasse circa quaranta anni dopo la morte di Benedetto, è il testo del quale sogliono essere estratti i dati della sua vita. Ma questo racconto non è una biografia; si limita ad esporre fatti prodigiosi che questi due abati dovettero narrare a Gregorio mentre si trovava redigendo i Dialoghi: Costantino successore di Benedetto a Montecassino, e Onorato che presiedeva la comunità di Subiaco. A Gregorio interessava sottolineare la santità di questo patriarca del monacato occidentale, e non tanto lo scorrere cronologico dei fatti.

Benedetto nacque a Norcia (Umbria, Italia), verso l’anno 480 nel seno di una famiglia patrizia. Nella sua gioventù frequentò a Roma diritto, retorica e filosofia. In quell’epoca stava dando una rotta diversa alla sua esistenza, radicalmente opposta a quella che viveva: si era inquinato, in un certo modo, con la vita licenziosa di altri giovani coetanei. Sua sorella Scolastica lo precedette nella sua consacrazione. Egli cominciò ritirandosi ad Enfide (Affile attualmente), per iniziare un’esperienza eremitica segnata da orazione, studio, ascesi e penitenza, che non avrebbe più abbandonato. Dopo venti anni di solitudine, scelse il monte Subiaco per continuare a stare ritirato dal mondo. Per tre anni abitò in una grotta sotto la guida di Romano, un eremita che abitava in un’altra grotta vicina; questi gli avrebbe imposto l’abito monastico.

La tappa successiva lo portò a convivere coi monaci di Vicovaro che lo scelsero quale sostituto del priore deceduto. All’apparenza, le esigenze della regola imposta da Benedetto non furono di loro gradimento, e presero l’aspro cammino della vendetta. Si vollero sbarazzare di lui mediante un decotto velenoso che misero nel suo bicchiere, ma quando stava per berlo, il bicchiere si ruppe in molti pezzi.

Benedetto rimase costernato. Ritornò a Subiaco con l’idea di fondare nuovi monasteri e diede inizio al primo di essi col gruppo di giovani che si riuniva intorno a lui. A questo seguirono altri sparsi per la regione. Sapendosi oggetto di invidia da parte dei monaci vicini, abbandonò quel luogo per stabilirsi a Montecassino. Lì eresse un’altra abbazia nell’anno 529, e redasse verso il 540 la sua conosciuta “Regula monasteriorum” (Regola dei monasteri), frutto della sua consolidata esperienza monastica, punto di riferimento ineludibile per la vita monacale che l’ha avuta come norma per più di 1500 anni. La sua unanime accettazione è stata l’artefice del titolo concesso a Benedetto come “patriarca del monacato occidentale”. Il fatto di essere basata sulle Sacre Scritture e sulla tradizione della Chiesa ha contribuito a far sì che mantenesse la sua freschezza iniziale. In essa non si osserva l’induzione ad esagerate penitenze, bensì l’esortazione ad una vita fondata sui pilastri della consacrazione: umiltà, obbedienza e rinnegamento. Allo stesso tempo, riconferma l’ospitalità caratteristica del monacato e sottolinea il valore incalcolabile dello studio. L’obiettivo primordiale: la santità di vita guidata dal “ora et labora”. Il santo abate voleva condurre tutti “a Dio attraverso il lavoro dell’obbedienza, dalla quale erano usciti per la pigrizia dalla disubbidienza”. La vivenza della carità, e della povertà, sempre con uno spirito di fraterno e gioioso servizio per amore a Dio, esercitato in silenzio, sarebbe andata modellando lo scorrere della vita di tutti.

Benedetto fu premiato con doni diversi, tra gli altri, quello dei miracoli e quello della profezia; era un modello di virtù. Nella sua regola si apprezzano molte di esse attraverso il profilo che tracciò della figura dell’abate, sottolineando il rigore che deve caratterizzarlo e la responsabilità che incarna. Nel primo capitolo della stessa fece notare: “L’abate deve ricordarsi sempre di quello che è, deve ricordare il nome che porta, e sapere che a chi è affidato di più , più gli sarà richiesto. E sappia che difficile ed arduo è il compito che prende: dirigere anime e servire i temperamenti di molti, perché con alcuni deve usare lusinghe, rimproveri con altri, e con altri consigli. Dovrà accontentarsi ed adattarsi a tutti secondo la loro condizione ed intelligenza, in modo che non solo non soffra detrimento il gregge che gli è stato affidato, ma che egli possa rallegrarsi con la crescita del buon gregge”. Personalmente contribuì senza riposo a quell’incremento di vocazioni al quale alludeva. Da Montecassino diede impulso alla creazione di nuovi monasteri, autentici bastioni di fede e cultura nei quali si formarono innumerevoli monaci dando vita, in quei momenti, ad un’epoca caratterizzata da una profonda crisi spirituale.

Sua sorella, santa Scolastica che condivise con lui una vocazione simile per il monacato, abitava con la sua comunità nei monasteri di Montecassino. Abituati a condividere i loro alti ideali, ambedue si vedevano settimanalmente in modo puntuale. Alla fine del giorno, Benedetto ritornava al monastero coi monaci che l’accompagnavano. Ma in un’occasione, Scolastica lo pregò di rimanere fino al giorno dopo. Il compimento della richiesta non entrava nei piani di Benedetto, rigoroso osservante della sua regola. Si propose di partire disattendendo la supplica di sua sorella, quando una subitanea tempesta l’obbligò a rimanere insieme a lei. Vedendosi sorpreso da questa contingenza meteorologica che apparve all’improvviso, rimproverò Scolastica considerandola “colpevole” della stessa. Ella, paziente e coraggiosa, replicò con tenerezza che vedendo respinta la sua richiesta, elevò le sue suppliche a Dio e Lui l’ascoltò. Poco tempo dopo, la sua anima volava in cielo, e suo fratello, in un’estasi, contemplava la sua entrata nella gloria eterna. Benedetto non tardò molto a seguirla. Vaticinò la sua morte che avvenne il 21 marzo 547, pochi giorni dopo la sua santa sorella.

Fu canonizzato da Onorio III nel 1220. Paolo VI nel 1964 con la lettera apostolica “Pacis nuntius” lo proclamò “Patrono d’Europa”.

 

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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