“Questa beata passò dal lusso alla povertà. Nella storia della sua conversione si trova il tratto della bruttezza che percepì un giorno davanti ad uno specchio, vedendo disegnati in esso i suoi bei lineamenti. Nel resto della sua vita fu una grande penitente”.
La convinzione che nulla succede per caso, ma la volontà di Dio si trova in mezzo cercando sempre il meglio per i suoi figli, è un sentimento che non si stacca da coloro che lo seguono. Se non lo comprendono subito, lo vedranno plasmato poi nelle loro biografie. Che Egli permetta che altri si dedichino a distorcere cammini altrui non è altro che un segno della libertà nella quale ci ha creati. I suoi genitori indussero Villana a prendere una via che non si trovava nei suoi piani. Scelsero per lei fino a che ella decise per se stessa; quella è la diametrale differenza che segna la frontiera tra chi si lascia travolgere dalle circostanze o pressioni, e chi si sovrappone e, con la grazia di Dio, esercita una supremazia di fronte a queste. Unita alla sua conversione, l’Altissimo volle benedirla con quella di una parte della sua famiglia, e dispose la sua forza d’animo per accettare con fortezza la sofferenza prematura che l’aspettava. Prima, seppe strappare da sé un’altra dalle malattie dell’anima: la spessa vanità che tronca il progresso personale e spirituale.
Apparteneva ad una ricca famiglia fiorentina poiché suo padre, Andrea di Messer Lapo delle Botti, aveva fatto fortuna come commerciante. Villana nacque a Firenze (Italia) nel 1332, un’epoca storica piuttosto complessa per la città, segnata da un viavai di indole politica, ma che avrebbero avuto gravi ripercussioni a livello economico e spirituale. In questa trama, la sua famiglia, come il resto dei cittadini fiorentini, avrebbe visto seriamente condizionata la sua vita. Come se non bastasse, altre aggressioni imprevedibili di carattere atmosferico si manifestarono, facendo atto di presenza quando ella aveva approssimativamente un anno di vita. Così nel 1333 Firenze rimase devastata a causa di una grave inondazione.
La beata era contemporanea di santa Caterina da Siena. Non sentì la chiamata alla conversione e alla sequela di Cristo quando era bambina, come successe a Caterina, ma il fatto religioso non le risultava indifferente. Ed essendo adolescente, cercò perfino di vincolarsi alla vita conventuale, benché l’età, circa 13 anni, costituisse un veto per la sua ammissione. Inoltre, come avrebbe saputo più tardi, suo padre aveva altri piani per lei.
Nel frattempo, all’oppressione esercitata dal duca di Atene sulla popolazione, col conseguente sollevamento di questa, seguì nel 1348 l’epidemia di peste che distrusse l’Europa. La crisi finanziaria e gli effetti di questa catastrofe provocata da questo nuovo flagello che decimò la città, con decine di migliaia di fiorentini morti, diedero vita ad un caos di grandi proporzioni. Negli anni successivi si andò constatando fino a che punto arrivò ad avere influenza sulla condotta dei cittadini, sebbene non colpì tanto le case come quella di Villana.
Arrivata l’ora, la sua famiglia la spinse al matrimonio contro la sua volontà. Si sposò nel 1351 con Piero di Stefano Rosso Benintendi, e insieme a lui poté frequentare scelti circoli sociali. Molto presto lo gli influssi della vita religiosa furono dimenticati. Si inserì in pieno nell’ambiente del lusso e degli orpelli, senza maggiori preoccupazioni che lasciarsi portare da loro.
Un giorno, mentre si adornava per una delle feste fastose alle quali normalmente accorreva, lo specchio le restituì un’immagine spaventosa. Altri specchi ai quali ricorse per contemplarsi mostravano quella stessa faccia orrenda. Non poté sostenere il suo sguardo, e rimase tanto spaventata dalla visione, comprendendo che era la sua anima, che corse immediatamente a Santa Maria Novella, cercando il perdono che ardentemente germogliava dalla parte più recondita del suo essere. Questo istante segnò l’inizio della sua conversione.
Quando attraversò l’architrave del convento dei domenicani era una donna completamente diversa che voleva espiare la sua dissoluta condotta precedente. Continuò a vivere unita a suo marito, ma facendo vita austera, segnata da preghiera, penitenza e pietà. Oltre a ciò, piena di carità, includeva nelle sue azioni quotidiane l’assistenza ai poveri per i quali non dubitò di mendicare. Ottenne la conversione di suo padre, ed ebbe influenza in modo determinante su quella di suo marito che metteva in ridicolo la fede, conducendolo ad un’esistenza tranquilla, con speranza. Nel suo momento, d’accordo con lui e dopo essersi liberata dei suoi beni, prese l’abito come terziaria domenicana. Tra le sue letture si trovava il vangelo, con speciale attenzione alle lettere di san Paolo, e biografie di santi, tra gli altri testi spirituali.
Non era arrivata alla trentina quando la malattia cominciò a farsi spazio nella sua vita. L’accolse come un segno di personale espiazione, gioiosa di potersi offrire a Cristo che ella dolcemente chiamava: “Cristo Gesù, amore mio crocifisso”. Le sue esperienze mistiche andarono crescendo esponenzialmente, e fu benedetta da numerosi favori straordinari come, per esempio, visioni di Cristo crocifisso e della Vergine Maria. A volte, siccome la malattia continuava ad aumentare, chiedeva al suo confessore di non pregare per il suo recupero. Voleva offrirla, con pazienza e gioia mistica, per gli eccessi del suo passato. Ed in mezzo a consolazioni celestiali aspirava ad assumere la sofferenza per assomigliare sempre di più a Cristo.
Il maligno l’assediò in numerose occasioni, compreso l’istante nel quale si trovava sul suo letto di morte, quando paralizzata completamente nelle sue estremità, al momento di ricevere l’Unzione, il diavolo apparve vestito da anacoreta; voleva indurla a pensare che stava per essere abbandonata. Ma ella, sicura della presenza di Cristo, lo lanciò fuori da sé. Morì a Firenze il 29 gennaio 1361, a 29 anni, mentre leggevano il testo evangelico della Passione.
Il suo culto fu confermato da Leone XII il 27 marzo 1824.
TRADUZIONE ITALIANA
Isabel Orellana Vilches, Gesta d’amore (Epopeyas de Amor)
© Isabel Orellana Vilches, 2018
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