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Santo

Beata Maria Degli Angeli (Marianna Fontanella), 16 dicembre

By 15 Dicembre, 2023Aprile 17th, 2024No Comments
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“Questa carmelitana, edificata dalla lettura delle vite dei santi e commossa dall’immagine di un Crocifisso, si sentì chiamata a donare la sua vita a Cristo. E’ un esempio di fedeltà e perseveranza in mezzo alle sue notti dello spirito”.

Nacque a Torino (Italia) il 7 gennaio 1661. Era l’ultima di undici fratelli avuti nel matrimonio dei conti Giovanni Donato e Maria Tana che era imparentata con la madre di san Luigi Gonzaga. Fu educata come conveniva alla sua origine aristocratica e divenne una giovane sveglia ed intelligente, di trattamento squisito. Il suo grande temperamento e vivacità scorreva uguale all’equilibrio e temperanza che esibì in molti istanti della sua vita. La sua infanzia fu caratterizzata da una potente inclinazione verso lo spirituale; costruiva altari, e le piaceva ascoltare le vite di santi che le leggeva una domestica, abitudine che ebbe un potente influsso nella sua vocazione. Il suo modello era san Luigi Gonzaga. Come fece santa Teresa di Gesù, fuggì da casa con suo fratello alla ricerca del martirio. Questa sensibilità ebbe un altro momento di fulgore scoprendo un Crocifisso senza braccia nell’attico della sua casa che la lasciò profondamente commossa. Tanto è vero che, commossa da quella visione, allontanò la sua bambola dalla camera da letto e trasformò l’immagine in oggetto della sua tenerezza. Davanti a lei supplicava con lacrime il perdono dei suoi peccati. Umanamente, la sua passione era la danza, nella quale emergeva abbondantemente.     

A poco a poco si andava rendendo conto che la coinvolgevano certe debolezze, sperimentando vanità e gusto davanti alle lusinghe delle quali era oggetto. Una visione di Cristo insanguinato e coronato di spine che contemplò nello specchio, le fece odiare la vanità. Un altro istante di riflessione nella sua vita fu la prima comunione che ricevette nel 1672. Poi, inclinata a lottare contro le sue tendenze, cercava nella preghiera la forza precisa per far fronte ad esse, iniziando un cammino di mortificazione e penitenza che non avrebbe più abbandonato. Si dedicò a visitare malati e ad esercitare opere di carità. Il suo direttore, il parroco padre Malliano, abilmente la condusse per il sentiero della virtù. Nel 1673 entrò nel monastero cistercense di Santa Maria della Stella per ricevere formazione. Rimase lì un anno e mezzo perché sua madre, vedendo le sue molte qualità, e dato che il conte era morto nel 1668, non dubitò di metterla a capo dell’amministrazione della casa, e dovette lasciare la comunità.     

Due anni più tardi la beata sondò nuovamente l’opinione materna perché voleva essere religiosa, ma sua madre pensava ad un suo matrimonio. Non ci fu accordo, e cominciò un’infiammata lotta in difesa della sua vocazione che si dilatò nel tempo in mezzo a numerose vicissitudini e contrarietà. Finalmente, sua madre convinta di non poterla dissuadere, diede il suo consenso affinché entrasse nei cistercensi di Saluzzo. Ma nel 1675 o 1676, nel corso di un viaggio a Torino per vedere la Sacra Sindone, la giovane conobbe un padre carmelitano. Ebbero una conversazione tanto decisiva che determinò di entrare nel monastero dei carmelitani scalzi di Santa Cristina. Di nuovo sua madre si oppose a che consacrasse la sua vita in un Ordine con regola tanto austera, ma il 19 novembre di quell’anno Marianna riuscì nel suo proposito.    

La vita conventuale fu eccessivamente difficile per lei, come narrò nella sua autobiografia. Le prove spirituali che durarono quattordici anni inclusero secchezza nell’orazione, avversione verso le sue sorelle, così come alle penitenze e mortificazioni, agguati del demonio, un’ipersensibilità al suo intorno, percepito con un insopportabile fetore che la portava a respingere gli alimenti. Ella che aveva gustato i favori divini, improvvisamente non trovava consolazione nell’orazione e doveva camminare con fede perché non scorgeva Dio: “Mi hai ingannato, Dio mio! Quando ero libera mi davi consolazione e dolcezza; ed ora che sono legata a Te non mi dai altro che amarezza”. Le sue suppliche insistenti a Cristo lo immergevano in un precipizio più oscuro, e l’esperienza di odio di se stessa riempiva la sua esistenza di angoscia e ripugnanza per le sue molte offese. In quel deserto sorsero i dubbi circa la sua vocazione, attentati e tentazioni contro la carità, per l’abbandono del convento fino alla disperazione, oltre ad incitamenti contro la purezza. Di fronte a ciò, con la sua orazione insistente forgiata nella fede, offerta con spirito di riparazione e fedeltà nell’obbedienza, raggiunse la grazia della perseveranza.    

Di quello stato interiore di lotte che finirono nel 1691 nessuno ebbe notizia. Davanti agli altri la sua virtù brillava potentemente. Austera nella sua vita, si considerava la più indegna di tutte. “Datemi mortificazioni o fatemi morire”, pregava Dio. Nel 1682 le estasi avevano cominciato già ad essere frequenti e, in alcune occasioni, pubbliche. Era devota di Maria e di san Giuseppe, ed a lui dedicò il Carmelo di Moncalieri che fondò con gran zelo apostolico nel 1702 benché non potesse essere presente alla sua inaugurazione che si produsse l’anno seguente. Nel 1696 ottenne che la diocesi di Torino istituisse la festività del patrocinio del santo Patriarca. Fu un’eccellente maestra di novizie. Eletta priora quattro volte, si rifiutò di continuare la missione una quinta nel 1717, data già vicina alla sua morte: “Potete impegnarvi a farmi diventare priora; io mi impegnerò col mio Gesù a vedere chi può di più”. Morì il 16 di dicembre di quell’anno. 

Fu beatificata dal papa Pio IX il 25 aprile 1865.  Fu la prima carmelitana scalza italiana a salire agli altari.  San Giovanni Bosco redasse la sua biografia per questo momento. 

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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