di p. Luis Casasús, Superiore Generale dei Missionari Identes
Commento sul Vangelo del 14-1-2018, II Domenica Tempo Ordinario (1°Libro di Samuele 3, 3b-10.19; 1°Corinzi 6, 13c-15a.17-20; S. Giovanni 1, 35-42).
1. Nulla può frustrare l’atto apostolico. Samuele cresceva, ed il Signore era con lui, senza permettere che nessuna sua parola rimanesse senza effetto. Queste parole della prima lettura riassumono il miracolo quotidiano nella vita di un apostolo.
Questo è ciò che l’esperienza dei santi ha dimostrato durante i secoli. Prendiamo come esempio il caso dei due Patroni delle Missioni: da San Francesco Saverio che viaggiò per l’Asia proclamando la Buona Notizia, a Santa Teresa del Bambino Gesù, che fu missionaria benché non avesse mai abbandonato il suo convento carmelitano.
È qualcosa di più, San Francesco Saverio conosceva appena le lingue delle persone che stava evangelizzando e Santa Teresa non aveva precisamente la migliore comunità religiosa al suo fianco. Le loro rispettive missioni furono piagate dalle difficoltà dovute alla loro mancanza personale di certe abilità specifiche o dei difetti di coloro che li circondavano.
La chiamata di Dio non si riduce ad un invito, poiché tutti quelli che Dio chiama li giustifica anche e li glorifica. Egli non può sbagliarsi, anche se noi commettiamo molti errori e sperimentiamo inquietudine e delusione psicologica.
Il potere di Dio si vede chiaramente meglio nel contesto dell’insufficienza umana. La verità è che la nostra insufficienza può arrivare ad essere la nostra massima qualifica per servire Dio.
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Il piano eterno di Dio non può cambiare; Le promesse di Dio non possono sbagliare; la chiamata di Dio non può essere revocata; il merito della vita e della morte di Cristo non può essere distrutto; e l’impronta dello Spirito Santo non si può cancellare. Se una persona eletta da Dio è fedele, il suo esempio attrarrà anime verso Dio in un modo generalmente inaspettato; se egli o ella è tiepido o perfino scandaloso, lo Spirito Santo farà uso di ciò… per attrarre le anime a Dio in un modo generalmente inaspettato.
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Sempre ripetiamo che essere un apostolo significa “essere inviato”, ma significa anche essere “qualcuno che invia”. Non inviare verso noi stessi, per i nostri piani, per le nostre idee umane, bensì inviare verso Cristo. Se ci mettiamo a pensare: non sono sufficientemente preparato, non sono sufficientemente santo, ecc., ricordiamo, da una parte, che non siamo soli, Cristo è lì per aiutarci e, d’altra parte, che non si tratta di presentare me stesso, bensì Cristo. Se umilmente raddrizziamo i suoi sentieri, Egli farà il resto. Questa è la ragione per la quale l’azione apostolica non può essere frustrata, né può rimanere senza essere finita; deve essere completamente effettiva nonostante la nostra inutilità o incapacità. La sua chiamata non può essere frustrata, neanche dalla nostra disubbidienza.
Raddrizzare i suoi sentieri significa eliminare gli ostacoli che ci portano a spegnere i nostri “desideri assetati” con mezzi terreni. Questa è la ragione per la quale Gesù non si stancava mai di invitare i suoi discepoli a donare la Sua pace, prima di tutto, manifestare il segno unico, divino, poderoso e distintivo di coloro che hanno solo un’unica intenzione: mostrare Lui. La gloria di Dio brilla in noi quando la presenza di Cristo si riflette in come viviamo le nostre vite, in umile servizio ed in carità.
Quelli sono gli innocenti. Il loro potere spirituale e morale arriva a tutti: Una persona crudele, come il re Erode, temeva che il bambino che i saggi cercavano fosse un rivale e lo soppiantasse; ma anche l’innocenza dal Bambino Gesù cambiò le vite di coloro che aprirono i loro cuori, come i Re Magi.
La mia testimonianza personale, dopo avere conosciuto il nostro padre Fondatore, è che la sua innocenza fu lo strumento più potente che lo Spirito Santo utilizzò per ravvivare la mia vocazione alla vita missionaria. E non sono l’unico che può dare questa testimonianza …
Con la grazia di Dio, facendo cose piccole con amore e fede, c’è sempre un cambiamento positivo:
Capitò un incidente per un’orribile esplosione di una miniera, e molti minatori rimasero prigionieri nell’oscurità nelle viscere della Terra. L’esplosione li lasciò nell’oscurità totale. Uno dei terrorizzati membri della famiglia disse: Dobbiamo dar loro una luce, affinché non perdano la speranza! Uno dei volontari del salvataggio riuscì a collegare una luce all’estremo di un cavo e a lasciarlo cadere attraverso una piccola crepa nelle rocce per dare un minuscolo splendore ai minatori intrappolati. Dopo essere stati salvati, uno di essi disse quanto aveva significato quella luce per essi… una luce nell’oscurità…. sapere che qualcuno era lì, attento a dare una piccola luce.
Pietro che poi sarebbe diventato capo della Chiesa, non fu chiamato direttamente da Cristo, ma da suo fratello. Quante persone, che potrebbero fare grandi cose per Gesù e per il prossimo, stanno aspettando che io li porti a Gesù?
2. Dio ha bisogno di noi. Che gran mistero! Ma, come ripete Papa Francesco, dobbiamo entrare nel mistero, anche se non possiamo capirlo totalmente.
Nella seconda lettura di oggi sentiamo San Paolo dire: Il corpo non è per l’impudicizia. Un’interpretazione ben intenzionata, corretta, ma un po’ limitata di questo testo è: evitare la fornicazione, la masturbazione ed atti impuri simili. Ovviamente, questo è un requisito previo essenziale, ma non dobbiamo ignorare che San Paolo finisce con una nota molto positiva e davvero mistica:
O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo!.
La nostra salvezza non è solo per tirarci fuori dalle acque della morte, bensì per arrivare a essere un solo spirito con Lui, come Paolo ci spiega. Pertanto, spesso, Dio ha bisogno di noi per realizzare un altro miracolo come a Cana o nella moltiplicazione dei pani… per gli altri. Sì, noi possiamo fare qualcosa che Dio non può fare: pentirci. In questo senso, siamo complementari, indispensabili per il miracolo della conversione del nostro prossimo. Questo è contemporaneamente un mistero ed un miracolo. Di nuovo, come disse San Paolo: Nella nostra debolezza sta la nostra fortezza. Questa è la regola, non l’eccezione, nella nostra vita spirituale ed apostolica, anche se possiamo vedere questo stesso in alcuni momenti memorabili e significativi della vita quotidiana. Permettetemi di illustrare questo con una storia semplice (forse semplicistica):
Un bambino di 10 anni decise di imparare judo, nonostante avesse perso il braccio sinistro in un devastante incidente automobilistico. Il bambino cominciò le classi con un veterano maestro di judo. Al bambino andava bene e non poteva capire perché, dopo tre mesi di allenamento, il maestro gli aveva insegnato un solo movimento.
“Maestro”, disse infine il bambino, “non dovrei imparare più movimenti?” “Questo è l’unico movimento che sai, ma questo è l’unico movimento che dovrai sapere”, rispose il Maestro. Non comprendendo del tutto, ma avendo fiducia nel suo maestro, il ragazzo continuò ad allenarsi.
Vari mesi dopo, il Maestro portò il bambino al suo primo torneo. Sorprendentemente, il ragazzo vinse facilmente i suoi due primi combattimenti. Il terzo combattimento risultò essere più difficile, ma dopo un tempo, il suo avversario si spazientì ed attaccò; abilmente il ragazzo usò il suo unico movimento per vincere l’incontro.
Sorpreso dal successo, il ragazzo era ora in finale. Questa volta, il suo avversario era più grande, più forte e con più esperienza. Per un po’, il ragazzo sembrava essere vicino alla sconfitta. Preoccupato che il ragazzo potesse farsi male, l’arbitro chiese uno stop. Stava per fermare il combattimento quando il Maestro intervenne.
“No”, insistette il Maestro, “Lo lasci continuare”. Poco dopo aver ripreso l’incontro, il suo avversario commise un grave errore: abbassò la guardia. All’istante, il ragazzo usò il suo movimento per immobilizzarlo. Il ragazzo aveva vinto l’incontro e il torneo. Era il campione.
Durante il ritorno a casa, il bambino ed il Maestro rividero ogni movimento in ogni combattimento. Allora il bambino osò domandare quello che aveva nella testa. “Maestro, come ho fatto a vincere il torneo con un solo movimento?” “Hai vinto per due ragioni”, rispose il Maestro. “In primo luogo, sei arrivato a dominare quasi uno dei movimenti più difficili nel judo. E secondo, l’unica difesa conosciuta per quel movimento è che il tuo avversario afferri il tuo braccio sinistro”. La maggiore debolezza del ragazzo si era trasformata nella sua maggiore forza.
Una nota finale su questa seconda lettura. Quando Paolo parla del nostro corpo, si sta riferendo non solo alla parte materiale della nostra persona, bensì all’unità complessa del nostro essere materiale e psicologico (la carne, nel linguaggio biblico). È per questo motivo che non solo la Castità, ma anche la Povertà e l’Obbedienza sono prerequisiti per la santità, come dichiariamo nella nostra Professione religiosa: la santità non sarebbe possibile se amiamo le ricchezze, l’impurità e la ribellione, le tre concupiscenze che si riferiscono alle cose, alla carne e allo spirito. Queste sono le tre dimensioni dei nostri appetiti, della nostra avidità.
3. Ogni incontro personale con Cristo si manifesta in una trasformazione della persona.
Erano circa le quattro del pomeriggio. Il fatto di ricordare il momento esatto di quell’incontro, significa che i discepoli non poterono dimenticare quel giorno memorabile.
Quanti dei nostri amici, familiari e fratelli della nostra comunità ci hanno visto assistere alla Messa, o al nostro Esame di Perfezione, e poi ritornare alla nostra vita ordinaria come sempre, parlando allo stesso modo, lamentandoci degli stessi problemi, senza mettere uno sforzo maggiore nella vita spirituale? I nostri ritiri, l’osservanza giornaliera e la riflessione biblica arrivano a cambiare il nostro cuore o la nostra mente? Ogni volta che abbiamo un incontro profondo con Dio, questo si manifesta, non in quello che diciamo, bensì in un nuovo stile di vita, nel modo di vivere la nostra missione e nella nostra prospettiva rinnovata della vita. Per questo, Simone sperimentò un cambiamento totale, non solo nel nome, ma anche la sua vita e sua missione cambiarono totalmente. Tanto radicale è questa chiamata che Gesù ci dà perfino la convinzione per morire per quello che crediamo, così come Egli morì, perché Egli sa bene che, per vivere, dobbiamo morire per gli altri.
Questi sono alcuni dei segni che presentano quelli che sono stati scelti per essere apostoli:
* La carità autentica, che vive l’apostolo, non sorge da una mera empatia e dall’identificazione coi nostri simili, ma germoglia da una nuova coscienza della nostra identità come figli di Dio in Cristo. Il verbo che chiude il passaggio è bello: Gesù lo guardò. Guardare significa letteralmente guardare dentro, scoprire la natura di colui che è il nostro amore vero ed incondizionato.
* Un incontro genuino con Cristo ha come effetto un senso di missione. Venite e vedete significa anche vedere la realtà delle nostre vite e quella dei nostri vicini. È interessante che Santa Teresa di Gesù definì questa vita terrena come Una cattiva notte, in una brutta locanda. Ella non era precisamente una persona depressa, bensì una donna energica e decisa; pertanto, dobbiamo pensare che si tratta di una rivelazione, una nuova visione per capire che ogni essere umano è un viaggiatore, un pellegrino, qualcuno che non sta a casa sua. Il migliore regalo che possiamo fare a qualunque persona è la persona di Cristo, l’unico che può dirci che cosa fare in questo mondo.
* Che cosa stai cercando? La risposta a questa domanda dice molto sul mio atteggiamento verso Dio, verso le altre persone e verso me stesso. Questo dovrebbe essere un punto della mia meditazione giornaliera, per rendermi conto della distanza tra le mie intenzioni e la volontà di Dio in qualunque momento dato.
* Un profondo incontro con Dio si manifesta in una nuova tendenza a ringraziare, a pentirsi ed a ripetere gustosamente con Gesù che si faccia la sua volontà una ed un’altra volta. Quelli che non hanno mai sperimentato profondamente l’amore di Dio, tendono a fare le loro preghiere semplicemente come una serie di “richieste”
* Dopo che qualcuno è stato toccato da Dio per essere apostolo, non desidera altro che fare la sua volontà: Nel fare la tua volontà, Dio mio, mi diletto, e la tua legge sta dentro di me (Salmo 40). Questa è un’esperienza genuina di Quiete Mistica, la quale non è in assoluto statica o inattiva.
* Quelli che sono stati scelti da Cristo per aiutarlo nella sua missione, leggono la Bibbia come la Parola di Dio e non solo come un pensiero umano. Seguendo l’esempio di nostra Madre Maria, la meditano giorno e notte, non solo in alcuni momenti di curiosità intellettuale, bensì con uno stato permanente di fame e sete, cercando una risposta, una soluzione per le sfide apostoliche.
* Come ci dice il Papa Paolo VI nella Evangelii Nuntiandi, la fecondità apostolica e missionaria non si deve principalmente a programmi e metodi pastorali ingegnosamente elaborati ed “efficienti”, ma è il risultato dell’orazione costante della comunità. D’altra parte, una comunità religiosa che parla molto dell’amore e della misericordia di Dio, ma non la vive, rende difficile per chiunque credere che tale insegnamento è reale e vero.
* Cristo ci chiama trattandoci con onore: affermando la nostra bontà e dandoci speranza. In San Pietro, Gesù vide la sua sincerità, nonostante la sua precipitazione e impulsività. Di fatto, in tutti ed ognuno di noi, Gesù vede più di quello che noi o gli altri potrebbero vedere. Anche noi, come aspiranti ad apostoli, dobbiamo confermare il nostro prossimo nella sua bontà, fortificandolo nelle sue virtù, incoraggiandolo nei suoi sforzi, consolandolo nei suoi fallimenti e perdonandolo quando cade. Non è sufficiente suggerirgli di assistere alla Messa.