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Santo

Santa Maria Rosa Giulia Billiart, 8 aprile

By 7 Aprile, 2024Aprile 17th, 2024No Comments
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“La fondatrice della congregazione di Nostra Signora è un esempio di fede nelle tribolazioni. Non trovando locanda sulla terra, sperava di trovare un angolino in cielo e mai si stancò di lodare Dio di cui era innamorata”.

Nacque il 12 luglio 1751 a Cuvilly, Francia. Era figlia di agricoltori che possedevano anche un commercio, e godevano di una buona posizione economica. Ebbe sette fratelli; ella fu la penultima. Fece la sua prima comunione a 9 anni, età infrequente all’epoca per ricevere questo sacramento, ma il parroco M. Dangicourt prese la decisione di permetterglielo vedendo che sapeva a memoria il catechismo. In quel periodo consacrò la sua castità. A 16 anni cominciò a lavorare nei campi per aiutare la sua famiglia che si era impoverita. Si fortificava nella preghiera e faceva tutto il bene che era nelle sue possibilità, visitando i malati. Alcuni cominciarono a chiamarla “la santa di Cuvilly.”

Entrata nella ventina fu testimone di un fatto tragico che segnò la sua vita. Si trovava vicino a suo padre quando un disgraziato attentò contro di lui e morì per uno sparo. Non è chiaro se anch’ella fu ferita o semplicemente rimase preda di uno shock traumatico. La questione è che l’impatto fu tale che perse completamente la mobilità dei suoi arti inferiori. Affrontò la terribile perdita, e le conseguenze che portò annesse, con ammirevole forza. Continuò a fare il suo apostolato in condizioni di limitazione tanto penose e non si stancava di lodare Dio nelle sue difficoltà, dicendo: ” Qu’ il est bon le bon Dieu!” (Com’è buono il buon Dio). Intorno al suo letto si riunivano i bambini per ricevere il catechismo. Ricamava tovaglie per la parrocchia e, soprattutto, pregava. Lì ebbero luogo molte delle sue estasi. Tutti i giorni le portavano la comunione.

L’epoca del Terrore che portò con sé la Rivoluzione francese ed il regime di Napoleone fecero di lei una fuggiasca; doveva sportarsi da un posto ad un altro. Ed è che valorosamente aveva difeso il suo parroco, denunciato impunemente da un altro sacerdote empio, e cercò riparo per altri perseguitati. Un gruppo che ammirava la sua virtù, nel 1790 si occupò di metterla in salvo trasportandola in un carro di fieno a Compiègne. Un giorno manifestò: “Signore, sulla terra non c’è locanda per me. Vuoi prenotarmi un posticino in paradiso?”. Come conseguenza di tante difficoltà e spostamenti, per alcuni mesi ammutolì. Unicamente si poteva fare capire mediante gesti della mimica. Recuperò la parola ad Amiens al termine di quel tragico periodo, in casa del visconte Blin di Borbone, e lì fece stretta amicizia con Francesca Blin, viscontessa di Gézaincourt, un’anima caritatevole e in seguito una collaboratrice che le prestò il suo aiuto.

Le persone che si agglutinarono intorno a Giulia in quel tempo si impregnarono del suo spirito religioso, e guidate dalla sua testimonianza fecero un grande lavoro apostolico tra la gente del loro intorno. Nel 1793 ebbe una visione. Ai piedi di una croce c’era un gruppo di donne con paramenti a lei sconosciuti. In una locuzione divina successiva le fu fatto sapere che erano le figlie che sarebbero entrate in un Istituto che sarebbe stato segnato con la croce.

Siccome di nuovo esplose la persecuzione, per un certo tempo convisse con la famiglia Dorica a Bettencourt. Conobbe allora padre Varin. Col suo appoggio, Francesca e lei fondarono la congregazione di Nostra Signora (innanzitutto Istituto), orientata alla formazione spirituale di bambini e catechisti. Li voleva per Cristo. Non c’era distinzione tra le religiose e le laiche, il che costituì una novità all’epoca. Col primo gruppo di postulanti interessate aprirono l’orfanotrofio e cominciarono a formare le catechiste. Si sentiva dire a Giulia: “Figlie mie, pensate quanto pochi sacerdoti ci sono attualmente e quanti bambini poveri si dibattono nell’ignoranza. Dobbiamo lottare per guadagnarli per Cristo”. Nel 1804, quando era da ventidue anni paralitica, accorse ad una missione popolare. Il padre Enfantin le chiese di realizzare insieme a lui una novena che voleva effettuare per un’intenzione particolare. Al quinto giorno, coincidendo con la festività del Sacro Cuore, il sacerdote le disse: “Madre, se ha fede, faccia un passo in onore del Sacro Cuore di Gesù”. Lo fece e vide che poteva camminare.

Con altre condizioni di salute, poté dedicarsi a viaggiare ed estendere l’opera aprendo nuovi conventi a Namur, Gante e Tournai. Aiutò anche i “Padri della Fede” nel loro lavoro missionario in diverse località fino a che la sua azione fu vietata dal governo.

Le fondazioni fiorivano quando arrivò la discordia per mano del sacerdote sostituto del padre Varin, l’abate di Sambucy di St. Estève che innanzitutto pretese di riformulare le costituzioni, cosa a cui Julia si oppose, allontanò molte persone da lei e cominciò a seminare dubbi rispetto all’Ordine. Il vescovo di Amiens, monsignor Demandolx, influenzato dall’abate sollecitò la fondatrice ad abbandonare la diocesi, e si ritirarono al convento di Namur, dove il vescovo della città Pisani de la Gaude le accolse. Dopo, benché quello di Amiens reclamasse la sua presenza, e Giulia cercasse di ricostruire la fondazione, non trovando chi l’assecondasse ritornò a Namur per sempre. Gli ultimi anni della sua vita continuò a fondare nuove case e a formare le religiose. L’anno 1816 costituì la discesa della sua salute. L’ 8 aprile di quell’anno morì recitando il Magnificat. 

Pio X la beatificò il 13 maggio 1906. Paolo VI la canonizzò il 22 Luglio 1969.

 

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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