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Santo

San Salvatore de Horta, 18 marzo

By 17 Marzo, 2024Aprile 17th, 2024No Comments
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“Povertà, umiltà, e obbedienza altamente benedette da Dio furono i segni di questo francescano miracoloso, incompreso dai suoi superiori e trasferito da un luogo all’altro nel tentativo di evitare i prodigi”.

È assolutamente inutile che la mano dell’uomo pretenda di modificare il giro degli avvenimenti che Dio ha previsto per i suoi diletti figli. A questo santo lo “perseguitarono” le ripercussioni dei costanti miracoli che operò. I suoi superiori cercarono di evitarle (le ripercussioni) in diversi modi, ma non riuscirono a paralizzare l’incessante flusso di prodigi che si producevano per la sua mediazione semplicemente perché Dio non lo permise. Volle che brillasse nel mondo la moltitudine di virtù che l’adornarono.

Nacque a Santa Coloma de Farnés (Girona, Spagna) alla fine del 1520. I suoi genitori che avevano goduto di una larga posizione economica, andarono in rovina, e trovandosi anche malati accettarono la carità dell’ospizio della località. In quel posto venne al mondo Salvatore e lì fu educato nella fede. Quando i suoi genitori morirono era un adolescente e si guadagnò da vivere come apprendista di una calzoleria di Barcellona. Così poté aiutare anche Blasa, sua sorella più piccola. Ma Dio lo chiamava e, una volta che questa si sposò, si affrettò a bussare alle porte del convento benedettino di Montserrat. Tuttavia, le sue aspirazioni non si colmarono. Intimamente si sentiva incitato a vivere la povertà e l’umiltà radicali in consonanza col carisma francescano. E per dare spazio al suo anelito, entrò nel convento barcellonese di Santa Maria.

Una delle sue missioni fu aiutare il fratello cuoco. Ma realizzò molti altri compiti, sempre umili, quelle che vengono a far parte della vita quotidiana della maggioranza delle persone: accendere il fuoco, lavare, pulire, etc. Semplicemente che, in tutte, Salvatore fu davvero esemplare; le realizzava in uno stato di orazione e le faceva diventare soprannaturali. Il silenzio, rotto unicamente per invocare Gesù e Maria durante il suo lavoro, era la tonica del suo avvenimento. Il suo spirito di orazione, la docilità ed il gradimento coi quali realizzava qualunque lavoro, rendeva manifesta la sua pietà che non tardò ad essere benedetta con segni straordinari.

Si racconta che nel corso di alcuni festeggiamenti, nel convento invitarono grandi personalità presiedute dal cancelliere del regno. Questi, prevedendo le necessità che suppose avrebbe avuto una comunità come quella, segnata dallo spirito di povertà, fornì ai religiosi squisite vivande. Davanti all’imprevista malattia del cuoco, Salvatore doveva avvisare del fatto il fratello guardiano. Ma un’estasi di lunga durata glielo ostacolò. Quando arrivò il momento di offrire il pranzo, il guardiano constatò che non c’era niente di preparato. Ed al conoscere il “lapsus” di Salvatore che non lo aveva avvisato della situazione, lo rimproverò pubblicamente con grandi rimproveri dicendo che meritava di essere espulso dal convento. Dopo, penetrando nella cucina, si trovò con tutto il necessario per preparare un delizioso banchetto. Il santo, portato dall’affanno di crescere in umiltà ed in obbedienza, accolse la correzione con mansuetudine, senza difendersi né spiegare la natura della sua svista: niente meno che un rapimento di amore divino.

Già professo arrivò a Tortosa dove fu portinaio e mendicante. Il suo giorno per giorno era imbastito di austerità e penitenze. Era tanto caritatevole che la gente vedeva in lui un mediatore davanti a Dio e si raccomandavano alle sue preghiere. Le miracolose guarigioni di malati attrassero tante persone che, allo scopo di preservare la pace del convento, lo trasferirono a Bellpuig, e dopo a Horta nel 1559, luogo che rese celebre. Autentiche moltitudini arrivavano a cercarlo. Egli chiedeva loro di confessarsi e comunicarsi invocando Maria. In un’occasione, dopo averli benedetti, tutti i malati, meno un paralitico, furono guariti. Siccome costui si meravigliò di non essere stato premiato con il miracolo, Salvatore gli fece vedere che non si era confessato, il che rivelava una mancanza di fiducia. Il malato si mostrò molto pentito e disposto a riconoscere le sue colpe. Salvatore gli indicò che si alzasse, e quello constatò di essere guarito.

I superiori e i fratelli di comunità del santo giudicarono che in questi fatti c’erano elementi diabolici. Di conseguenza, fu separato dalla gente, essendo, inoltre, esorcizzato. Si considerava che era un cattivo religioso che attirava le persone, e con esse veniva il disordine e la confusione. Non concepivano che un fratello laico che doveva caratterizzarsi per la sua umiltà, facesse “cose tanto strane e tanto poco conformi”. Non comprendevano come tollerava che la gente lo chiamasse “il Santo di Horta”. Così glielo fecero sapere nel capitolo. Gli diedero il nome di Ambrogio, e dopo avere ricevuto la penitenza che gli imposero, lo trasferirono a Reus. Era certo che a volte la gente gli riduceva l’abito a brandelli. Perfino, in un’occasione, stette per rimanere quasi nudo. Sia come sia, egli non replicò alle accuse.

Le persone che sollecitavano la sua mediazione, ricevevano risposta da Dio che, per il dispiacere, continuava ad operare miracoli per la sua intercessione. A Reus avvennero gli stessi fatti miracolosi che lo precedevano. L’affluenza di pellegrini da tutta la Spagna fu incessante, e si vide obbligato a comparire davanti al tribunale dell’Inquisizione a Barcellona. Risultato: i giudici finirono raccomandandosi alle sue preghiere. L’inviarono a Cagliari, e lì morì il 18 marzo 1567, un anno e mezzo dopo essere arrivato. I miracoli continuarono a prodursi davanti al suo sepolcro. Il suo corpo fu trovato incorrotto.

Clemente XI confermò il suo culto il 29 gennaio 1711. Pio XI lo canonizzò il 17 aprile 1938.

 

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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