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Santo

Sant’Eugenio de Mazenod, 21 maggio

By 20 Maggio, 2024No Comments

“Convertirsi in servitore e sacerdote dei poveri fu il sogno realizzato da questo vescovo di Marsiglia, fondatore dei Missionari Oblati di Maria Immacolata. Non dimenticò che il progresso verso la santità esige una costante conversione”.

Carlo Giuseppe Eugenio nacque a Aix-in-Provence, Francia, il 1° agosto 1782 nel seno di una famiglia aristocratica con eccellente posizione economica; suo padre svolgeva un incarico politico rilevante. Da bambino mostrava tratti di autoritarismo ed era pronto all’ira, benché si notassero in lui anche evidenti scintillii di virtù che sottolineavano la sua nobiltà e gran cuore. Così, mosso dalla sua pietà, in quell’epoca non dubitò di scambiare i suoi vestiti con un bambino minatore, mettendosi i miseri vestiti che portava. Nel 1791 la sua famiglia sfuggì alla ghigliottina e vissero esiliati in diversi luoghi, tra gli altri: Nizza, Torino, Venezia…

Eugenio studiò nella scuola di Nobile Torinese e ricevette la prima comunione. A Venezia non poté coltivare amicizie né andare a scuola. Allora un sacerdote amico e vicino, il padre Bartolo Zinelli, l’educò nella fede; fu il germe della sua futura vocazione sacerdotale. Ma ci furono ancora vacillazioni. Il fatto è che con tanti viavai e conflitti creati dalla Rivoluzione francese, la famiglia, che era sull’orlo della miseria, partì per Napoli città che suscitò nel santo un vuoto ed una certa distanza rispetto alla fede. Sicilia e Palermo chiusero inizialmente quella tappa di nomadismo obbligato che aveva vissuto. A Palermo i duchi di Cannizzaro accolsero benevolente e generosamente lui ed i suoi.

Eugenio visse insieme alla nobiltà e prese il titolo di conte di Mazenod. Sembrava che si aprisse una strada per lui nella vita cortigiana. Ma la verità è che ritornando in Francia a 20 anni, era quello che si direbbe quasi un “Signor nessuno”. Inoltre, la sua famiglia si era smembrata completamente avendo i suoi genitori divorziato. Pensando di ottenere fortuna, intravide un matrimonio con una ricca ereditiera che corteggiò, ma la giovane morì prematuramente ed egli rimase profondamente costernato. L’intensità dei fatti che si producevano nel suo ambiente erano accompagnati da grandi punti interrogativi. Interrogarsi su sé stesso e sul mondo che lo circondava fu doloroso, ma conveniente. Quando un temperamento forte come quello suo si orienta nella buona direzione è una fonte di benedizioni. Eugenio si schierò per Cristo e la sua Chiesa spargendo su di essi la sua passione. Ebbero peso specifico due esperienze spirituali che lo segnarono. Una che lo lasciò commosso per la Passione di Cristo, sicuramente si produsse nel 1807. Un’altra successiva lo sollecitava a seguire il cammino verso il sacerdozio. La situazione ecclesiale del momento non era buona, ma in lui rinverdivano gli insegnamenti di padre Zinelli.

Nel 1808, anche senza contare sul beneplacito materno, entrò nel seminario di Saint Sulpice di Parigi. Tre anni più tardi fu ordinato sacerdote ad Amiens. I missionari Émery e Duclaux furono di grande aiuto per lui. Il suo ardente desiderio era essere “il servitore e sacerdote dei poveri”. L’afflizione per i suoi peccati e per le persone lontane dalla Chiesa infusero nel suo cuore l’anelito penitente. Questo sentimento di espiazione che univa a Cristo lo spinse ad un impegno con una congregazione mariana e con un gruppo missionario incoraggiato da Carlo de Forbin-Janson. Il vescovo gli offrì di essere il suo vicario generale, ma egli scelse di ritornare alla sua città natale per stimolare la fede tra i poveri che era caduta pericolosamente. Non accettò di essere parroco, ma iniziò il suo lavoro tra i prigionieri, le persone che lavoravano nel servizio domestico, i contadini ed i giovani. Parte del clero non era d’accordo con lui, e dovette cercare altri sacerdoti affini, con grande zelo apostolico, che l’assecondassero.

Imparò il provenzale e insieme a coloro che condividevano lo stesso suo ideale, uniti come “Missionari di Provenza”, spargeva il vangelo tra le genti semplici, istruendoli nella loro lingua. Vedendo tanta messe alla quale non poteva arrivare, ricorse al papa allo scopo che riconoscesse ufficialmente la comunità come una congregazione religiosa di diritto pontificio. Ottenne l’approvazione nel 1826 col nome di Missionari Oblati di Maria Immacolata. Il Santo Padre diede questo passo nonostante l’opposizione di vari vescovi galli, argomentando: “Mi piace questa società; so il bene che fa e farà e voglio favorirla.”

Eugenio volle compiere solamente la volontà divina: “Sarei disposto a partire domani stesso per luna, se quella fosse la volontà di Dio”. Ai suoi figli diede loro questa consegna: “Tra voi, la carità, la carità, la carità; e fuori lo zelo per la salvezza delle anime”. Quello zelo lo guidava al punto di essere considerato come “un secondo Paolo”. Era un uomo di orazione ed eccelsa devozione per l’Eucaristia, che considerò “il centro vivo che serve da comunicazione”, come del Sacro Cuore. Fu molto provato nella sua fede. Perse per un po’ la nazionalità francese, ci furono tra loro divisioni, abbandoni, perdite umane, ed incomprensioni perfino nella Santa Sede. Quando gli fu negato il cardinalato promesso, disse: “Quando tutto finisce, è uguale se seppelliscono uno con veste talare di colore rosso o purpureo; la cosa principale è che il vescovo riesca ad arrivare al cielo”. Passò momenti di grande oscurità, contrasse una malattia a causa di tutto ciò, ma si afferrò alla grazia di Cristo e ne uscì vittorioso. Non invano aveva constatato che “il progresso verso la santità esige una costante conversione”, apprezzamento fatto vita.

Fu superiore generale per trentacinque anni, vescovo di Marsiglia, direttore delle classi di religione e scrittore. Aprì le porte a richieste di diversi movimenti nelle quali vide una risposta alle necessità ecclesiali. Così contò sulla presenza nella sua diocesi di 31 congregazioni religiose. Mise in moto 22 parrocchie, edificò varie chiese, tra le altre, la cattedrale ed il santuario di Nostra Signora della Guardia. Desiderando finire coscientemente i suoi ultimi istanti, chiese: “Se mi addormento o mi aggravo, svegliatemi, ve ne prego, voglio morire sapendo che muoio”. Morì il 21 maggio 1861.

Paolo VI lo beatificò il 19 ottobre 1975. Giovanni Paolo II lo canonizzò il 3 dicembre 1995.

 

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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