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Santo

Santa Maddalena Di Canossa, 10 aprile

By 9 Aprile, 2024Aprile 17th, 2024No Comments

“Questa serva dei poveri, fondatrice delle Figlie e Figli della Carità, mise da parte il suo titolo nobiliare e la sua grande ricchezza. Diede impulso all’Istituto canossiano e mise in moto una fruttuosa catena di azioni caritativo-sociali”.

“Fare che Gesù sia conosciuto e amato”. Quale altra aspirazione ha mai guidato i santi che non sia questa! Maddalena l’espresse così. Ma, come lei, molti altri dimostrarono abbondantemente che quello era il loro unico obiettivo. La santa fa parte dello scelto gruppo di eletti che ebbero il mondo ai loro piedi e stando in possesso di abbondanti beni si staccarono da essi. Scelsero le austerità per imitare Cristo e mettersi all’altezza degli svantaggiati.

Una decisione che non è usuale, e meno ancora ad una certa età, poiché con gli anni è facile modellarsi ad una forma di vita benché sia routinaria, e risulta più costoso intraprendere nuove strade. Maddalena Gabriella aveva una fortuna ed un bramato titolo nobiliare: marchesa di Verona, che la rendeva creditrice di innumerevoli prebende. Si spogliò di tutte. Neanche avevano lo status di inezie davanti alla gloria che Cristo le offrì.

Nacque a Verona, Italia, il 1° marzo del 1774. Era la terza di sei fratelli. Si è detto in innumerevoli occasioni che il denaro non dà la felicità. Così è. In questa casa si realizzava l’asserzione che non è oro tutto quello che riluce. Maddalena conobbe in essa i luoghi impervi della sofferenza. Perse suo padre, soffrì l’abbandono della madre che contrasse nuove nozze, e si abbatterono su di lei malattia ed incomprensioni. Sono le misteriose strade di Dio che perfora il cuore dei suoi diletti figli. Adeguarsi alla volontà divina è un atto di fede. In generale, non si capiscono i sentieri e i fatti che conducono all’unione con Lui. Alla santa tutto ciò costò, ma non evitò l’impegno al quale fu chiamata. Ed a 17 anni in due occasioni cercò di essere carmelitana di clausura.

Forzata a ritornare alla sua casa per amministrare la fortuna della famiglia, quando sua zia si trovava in punto di morte si offrì ad adottare il suo piccolo. Le circostanze storico-politiche avevano accresciuto il dramma dei poveri. La Rivoluzione francese e l’egemonia di diversi governanti oppressori generò un importante cumulo di carenze che seppellivano i deboli. Maddalena, donna di orazione, vocazione e impulso, sperimentò un’indicibile pietà per loro. E siccome l’afflizione è un attivo che Dio infonde nel cuore umano, si mise all’opera. Nei quartieri periferici di Verona penetrò la luce portata dalla sua ardente carità. Calmò fame, mancanza di affetto, di formazione… La sua vita, vertebrata dall’Eucaristia, dall’amore a Cristo crocifisso e alla Vergine Addolorata, trasudava virtù. Alla sua rispettabile famiglia davano fastidio i suoi pubblici gesti in favore degli oppressi. Ma quando l’amore ha tale intensità come quello che l’animava i muri cadono abbattuti. E vinse ogni resistenza iniziando la sua opera nel 1808.

Si trovava alla metà della trentina quando lasciò la comodità di palazzo per stabilirsi in un quartiere, quello di S. Zeno, abitato dalla miseria. E con un gruppo di donne animate dallo stesso spirito mise i pilastri delle Figlie della Carità Serve dei Poveri, inaugurando con loro l’Istituto canossiano. Le ragazze più povere furono accolte nel monastero di san Giuseppe. Aprì vari fronti: scuole, residenze per la formazione delle docenti, catechesi, assistenza a poveri e malati ricoverati, come esercizi spirituali diretti a donne della nobiltà, con l’idea di impregnarle della fede coinvolgendole in azioni caritatevoli sociali. Ma era realistico. Scrisse ad una sua amica nel 1813 e le disse: “Venezia è la città dei progetti (…) sono le necessità che danno l’opportunità di progettare, senza potere poi conoscere il successo dei progetti stessi… “.   

Guidata dall’affanno di compiere la volontà di Dio era aperta ai suoi disegni. “Mi sembrò volontà di Dio che solo cercassi di vivere completamente abbandonata alla sua divina volontà”. Questa donna che portò la tenerezza e la speranza ai poveri fu, inoltre, un’eccezionale formatrice. Retta, chiara, misericordiosa, con tenacia e rigore sosteneva la vita spirituale delle sue figlie. Le lettere che diresse loro, come le sue Memorie ed il diario spirituale, rivelano il suo grado di santità. Preoccupata ed attenta alle necessità di tutti non impose mai niente. Facendo creditrici della sua fiducia le religiose, con palpabile umiltà e spirito di servizio, normalmente chiedeva il loro giudizio davanti alle necessità apostoliche che sorgevano, seguiva con minuziosa attenzione il loro divenire consigliando il riposo e la visita medica pertinente, se era il caso, la cura responsabile della salute, etc., lasciando chiaro che niente di ciò faceva parte della periferia della vita. Ma il midollo della stessa, e quello non lo dimenticò mai, sta nella santità personale. Se tutte erano sante, si sarebbero trasformate in grandi apostole ed il carisma non sarebbe stato sterile.

“Figlia mia amata – diceva in una delle sue numerose lettere -, il Signore ti vuole santa ed anche io lo desidero, ed il mio debito di madre, e di madre che ti ama, è quello di formare in te la santità, e questa non si potrà mai ottenere senza sottomissione, obbedienza ed umiltà […]. Per le opere del Signore, si ha bisogno di umiltà, abbandono in Dio, dimenticanza del mondo e spogliazione universale […]. Non ti preoccupare dei pettegolezzi del mondo, né degli auguri, né dei rimproveri e cerca solo di santificarti nell’esercizio dell’obbedienza, dell’umiltà e della ricerca di Dio… “. L’autentico amore per Dio ed il genere umano solo potevano germogliare dalla contemplazione del Crocifisso e di sua Madre.

Aveva anima missionaria e ottenne che l’Istituto, i cui membri si impegnavano con piena disponibilità a partire dove fosse necessario, si estendesse in altre città italiane. Dopo la sua morte le sue figlie ottennero una espansione in Oriente ed America Latina. Vicina alla sua fine, e dopo infruttuose gestioni effettuate davanti a Rosmini e Provolo, nel 1831 fondò l’Istituto dei Figli della Carità che aveva sognato nel 1799. Morì il 10 aprile 1835. La sua opera era stata approvata nel 1828.

Pio XII la beatificò il 7 dicembre 1941. Giovanni Paolo II la canonizzò il 2 ottobre 1988.

 

© Isabel Orellana Vilches, 2018
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